Cultura

“MEMINISSE IUVAT” – Quannu i Pisci si Chiantavanu ‘nte Giardini

Ancora memorie, quelle di  Beppe Tovarish, da una spiaggia dei nebrodi, tra agrumeti he sapevano ancora del sapore della guerra.

Non vorrei annoiare chi avrà la titanica voglia di leggere fino in fondo quanto ho scritto, ma faccio riferimento ai miei ricordi di bambino – senza fare ricorso alla fantasia – e in qualche caso a quanto ci raccontavano gli allora grandi e anziani.

Il 1943, in piena Seconda Guerra Mondiale fu anche per la Sicilia e la nostra zona un periodo tragico.

Distruzioni, morte, sofferenze, fame.

Gli angloamericani dopo aver a lungo bombardato Sicilia, Calabria e Puglie, sbarcarono nella piana di Gela e in poco tempo occuparono l’intera nostra regione, mentre le truppe corazzate germaniche in ritirata distruggevano strade, ponti e infrastrutture.

A Brolo, nella piana costiera, vi era un fabbrica di botti in legno, nelle quali veniva conservato il succo degli agrumi.

Diverse centinaia di botti, depositate all’aperto tra la ferrovia e la battigia del mare furono scambiate dai piloti dei ricognitori della marina statunitense per un attendamento nemico (tedesco in particolare).

Iniziarono pertanto furiosi e prolungati cannoneggiamenti della flotta navale che incrociava a largo di Capo D’ Orlando per tenere sotto controllo la costa e la S.S. 116 Randazzo – Capo D’Orlando e la S.S. 113 ME – PA, attraverso la quale le truppe – anche  quelle corazzate – del Generale Patton giunsero rapidamente a Brolo.

I prolungati cannoneggiamenti e bombardamenti, la carneficina di militari angloamericani e germanici a Malpertuso e Ponte Naso e la conseguente paura, impedirono ai pescatori di svolgere il loro lavoro per parecchio tempo.

L’effetto fu il ripopolamento ittico del nostro mare, come mai più si è registrato.

Paura, assenza di inquinanti in mare, niente pesca del novellame (o nunnata). Tale terna irripetibile di condizioni produsse battute di pesca memorabili.

“Cantari” (quintali) di pesce azzurro (acciughe, sarde, alacce) riempivano le barche dei pescatori della zona, ma non trovavano sbocchi di mercato.

Chi aveva qualche soldo (dieci lire all’epoca) ne comprava un “piattu funnu” e con qualche lira in più “na suppera”!

Alcune donne riempivano cassette (spaselle) di acciughe o sarde, se le caricavano sulla testa, sulla quale veniva in precedenza appoggiata “a sparra” e si arrampicavano a piedi verso Iannello, Lacco, Sellica, Matini, Ficarra, S. Pietro, Petrazita.

Tale genere di rudimentale commercio ambulante avveniva con difficoltà e fatica.

Lo scambio col denaro infatti era spesso sostituito dal baratto; la gente aveva pochissimi soldi e scambiava con prodotti agricoli, in genere uova, bottiglie di vino e di olio, il pesce azzurro faticosamente trasportato sulla testa da quelle povere madri di famiglia.

Ma il grosso del pescato, quintali o spesso tonnellate, non trovava acquirenti, anche perché le tecniche di conservazione all’epoca erano praticamente inesistenti.

E allora?… Si presentavano pescecani su due gambe.

Il pescato veniva acquistato per quattro soldi dai signorotti locali, proprietari di agrumeti, tramite i “camperi” ed utilizzato come fertilizzante delle piante sotto le chiome delle quali veniva interrato.

Sembra Incredibile!

Mentre gran parte della popolazione soffriva la fame, il pesce azzurro pescato in grande quantità veniva interrato, per fertilizzare gli agrumeti.

Mentre la povera gente pativa la fame, signorotti e camperi facevano il bello ed il cattivo tempo in tutti i sensi.

Tali nefandezze vivono ancora nei ricordi dei più anziani che a quei tempi tiravano la cinghia – anziani il cui numero si assottiglia inesorabilmente per legge di natura –  con conseguente definitiva perdita della memoria storica.

La storia si ripete mai allo stesso modo!

Ma si ripete.

Opulenza, consumismo, fame e disperazione senza fine riempiono tutti i santi giorni, anche ai nostri tempi, estese zone del nostro pianeta.

La fame spinge la gente povera verso quelli che appaiono i paesi più ricchi; purtroppo anche cosiddetti ministri di Dio sproloquiano anche dalla nostre parti di invasioni “musulmane” senza considerare che l’ Italia è un grande paese che attrae ed esporta di tutto, compresi mafiosi, camorristi e ‘ndranghetisti.

Intanto il genere umano in meno di un secolo si è praticamente triplicato.

E Allora?

Meminisse Iuvat, semper !

Beppe Tovarish

da leggere

 

 

 

Redazione Scomunicando.it

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