Bisogna avere il coraggio di citare i fatti, i nomi, le azioni. Raccontare la storia. Un atto che è un dovere nei confronti di quegli italiani massacrti, dei profughi, di una comunità strappata dalla sue radici.
Avere “l’onesto coraggio” di dire quello che quel massacro fu davvero, senza agitare i fanatismi nazionalistici, un’azione strategica… senza condanne per i sicari.
Il Giorno del Ricordo “è l’ultima commemorazione dedicata all’amor patrio istituita nel nostro Paese”, e va preservata dal “calendario dell’oblio” e dalla “indecorosa semiclandestinità”. Le foibe finirono nell’omertà sin da quando furono perpetrate. Perché incrinavano il rapporto con la vicina Yugoslavia di Tito; c’era il tabù della cortina di ferro e non si dovevano creare problemi agli assetti stabiliti”. Furono per decenni, ma anche oggi, fonte di omissioni sulle spalle di una minoranza di profughi italiani. La Repubblica italiana riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.
Legge 30 marzo 2004, n. 92