Categories: Cronaca Regionale

Messina – Con Italia Nostra al Forte San Salvatore

 

 

 

Con la visita guidata al Forte San Salvatore, è stata condotta a termine la serie di iniziative di Italia Nostra – Messina, finalizzata a riportare l’attenzione sulla storia ed il destino della zona falcata, importante tema cittadino troppe volte trascurato, se non addirittura dimenticato.

La rassegna culturale, organizzata in tutti i dettagli dalla presidente Antonietta Modello Signorino, era iniziata il 7 Maggio con una visita all’Arsenale Militare e proseguita, tre giorni dopo, raggiungendo l’apice di interesse e partecipazione, con il convegno dal titolo “La città nuova inizia – Messina e il suo porto: prove tecniche di riunificazione”, tenutosi dentro un gremito Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca.

Domenica mattina, infine, la visita al Forte: un nutrito gruppo di persone interessate alla storia ed alla bellezza della mitica “falce” e delle storiche strutture in essa ubicate, si è radunata all’ingresso dell’area della Marina Militare per partecipare alla “gita d’istruzione”, che si è avvalsa dell’eccellente guida della prof.ssa Anna Maria Prestianni, ordinario di Storia greca all’Università di Messina.

Un apporto determinante è stato fornito anche dalla Lega Navale di Messina che ha messo a disposizione il pulmino che ha fatto da navetta all’interno dell’area verso la storica struttura, posta all’estremità della “falce”, che ha come terminale la  Madonnina.

Tutta l’area, a seguito della dismissione del Comando della Marina, si trova adesso in stato di semi-abbandono  e soltanto pochi vetusti manufatti miliari trovano ancora utilità.

Le orecchie dei visitatori sono tutte rivolte alle spiegazioni dettagliate ed appassionate fornite dalla prof.ssa Prestianni, mentre agli occhi si svela pian piano l’imponente architettura di quella fortezza storica voluta dall’imperatore Carlo V, che fece realizzare intorno al 1540, su progetto dell’ingegnere Antonio Ferramolino, coadiuvato dal matematico messinese Francesco Maurolico.

Il contesto del tempo era quello della completa fortificazione della città, porta del Mediterraneo, nella quale la penisola di San Raineri, suo porto naturale, assumeva un ruolo chiave nella difesa contro i temuti attacchi turchi da terra e da mare.

I visitatori apprezzano ciò che è visibile e percorribile dentro la fortezza, dalla forma semicircolare, sia negli spazi interni che esterni. Ma è altrettanto importante immaginare ciò di cui rimane molto poco, come la Torre S. Anna, struttura militare della primissima ora, o nulla, come il monastero basiliano, antecedente al 1121, fatto edificare da Ruggero II d’Altavilla.

Nello spazio aperto della fortificazione fanno bella mostra di sé delle ancore gigantesche ben curate, mentre non si può dire altrettanto di una gran quantità di cumuli di reti da pesca, sequestrate dalla Guardia Costiera, e di altre cianfrusaglie lasciate lì, a pochi passi dalle acque del porto.

Lungo il percorso coperto, dentro il Forte, si attraversano sale che furono depositi e polveriere, adesso pronte ad ospitare mostre e convegni, mentre altre sono adibite ad esposizioni temporanee o permanenti di cimeli della Marina e a cartellonistica esplicativa della storia e dell’architettura del luogo.

Lassù, in cima, a sovrastare le antiche postazioni da fuoco, svetta la statua della Madonna della Lettera che osserva e benedice Messina, realizzata nel 1934 dallo scultore Tore Calabrò ed inaugurata, a suo tempo, da Papa Pio XII.

Il luogo è bellissimo: la sua posizione strategica e la storia che l’ha attraversato regalano emozioni. Tuttavia è umano, naturale, e quindi inevitabile, chiedersi come sia possibile che resti chiuso alla pubblica fruizione, a meno che per tempo, attraverso carta, penna e protocolli, per poterlo visitare non si ottenga il benestare dei militari.

Il colpo d’occhio verso la città, considerato l’inusuale punto d’osservazione, riempie di curiosità, ma al tempo stesso regala tristezza e rimpianti per un territorio dominato oltremodo dal cemento e fortemente carente di verde urbano.

Ruotando l’osservazione di 180 gradi è ancora peggio, perché la Falce soffre una condizione di evidente degrado, ma in compenso lascia aperta la porta alla speranza di vederla quanto prima rinascere a nuova vita, “restituita” alla città ed ai suoi abitanti.

 

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