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MESSINA – Domenica al Teatro Savio “Il mondo offeso” di Mana Chuma Teatro

Liberamente tratto da “Conversazione in Sicilia” di Elio Vittorini, lo spettacolo, che farà tappa alle ore 21.00 al Teatro Savio, è il settimo appuntamento di “Atto Unico. Scene di Vita, Vite di Scena” e sancisce il primo incontro tra la rassegna e le realtà artistiche dell’altra sponda dello Stretto di Messina. La pièce, infatti, è prodotta da Mana Chuma Teatro, compagnia reggina fondata da Salvatore Arena e Massimo Barilla, considerata dalla critica e dal pubblico, non solo nazionale, una delle realtà più vivaci del teatro di impegno civile italiano.
Inserito a pieno titolo nel solco della peculiare ricerca condotta da Mana Chuma Teatro sull’identità culturale e storica del territorio meridionale, “Il mondo offeso” declina il tema del viaggio in modo del tutto inatteso. Sotto la speciale lente offerta dalla conversazione, un attore solitario in scena, Salvatore Arena, immerso in una scenografia ridotta all’osso da Nicoletta Chiocca e Riccardo Sivelli, prende posto su una sedia e monologa. Tutt’intorno un paesaggio mutevole di immagini (video proiezioni di Mirto Baliani) e note (musiche originali Luigi Polimeni), scandisce le tappe di questo viaggio dell’anima, tra “visione astratta, colori d’emozioni, sagome di persone che scivolano nello spazio, che si vanno aggregando in paesaggi mentali, sospesi nel vuoto”, per dirla con il critico Valeria Ottolenghi.
L’uomo che cammina, che sbarca dal traghetto e si perde nel paesaggio siciliano compie un viaggio indietro nel tempo. Il mondo che ritrova, pur primigenio, non è puro né innocente, è aspro. È un mondo fisico di esseri e cose, di odori, che costringe il pensiero e la riflessione a denudarsi, ad ossificarsi, così che le sostanze dei problemi emergano potenti, evidenti. Al principio l’uomo cammina come protetto da una corteccia dura che è smarrimento e forse rinuncia, ma via via gli incontri, i personaggi, le figure, sempre in bilico tra realtà e simbolo, metafora e sostanza, ammorbidiscono l’involucro resistente, fino a far scaturire dai suoi occhi le necessarie lacrime. Così la conversazione di Silvestro, protagonista unico sul palco, è una conversazione, prima che col mondo, con se stesso, nutrita dall’avvenimento del viaggio. Ogni domanda, ogni risposta, ogni confronto si delinea come una ricerca del sé e una conseguente presa di coscienza dello stato in cui versa la realtà circostante, rivelando i tasselli di un più profondo “viaggio dell’anima”.

 

Il mondo offeso

liberamente tratto da Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini

regia e drammaturgia di Maria Maglietta

con Salvatore Arena

Musiche originali Luigi Polimeni
Immagini e proiezioni grafiche Mirto Baliani
Ideazione e coordinamento Massimo Barilla
Scenografie Nicoletta Chiocca e Riccardo Sivelli

Mana Chuma Teatro

Ogni conversazione può portare ad un conversione, ad un cambiamento, ad una necessaria trasformazione dell’essere, che proprio grazie a quelle parole dialoganti muta statuto d’esistenza. Liberamente tratto da “Conversazioni in Sicilia” di Elio Vittorini, lo spettacolo declina il tema del viaggio attraverso il mezzo della conversazione ma in modo del tutto inatteso. Un attore, una sedia e un paesaggio di suggestioni restituito da video proiezioni. Ogni domanda, ogni risposta, ogni confronto si delinea come una ricerca del sé e una conseguente presa di coscienza dello stato in cui versa la realtà circostante, rivelando i tasselli di un più profondo “viaggio dell’anima”.
L’uomo che cammina, che sbarca dal traghetto e si perde nel paesaggio siciliano compie un viaggio indietro nel tempo. Il mondo che ritrova, pur primigenio, non è puro, né innocente, è aspro. È un mondo fisico di esseri e cose, di odori, che costringe il pensiero e la riflessione a denudarsi, ad ossificarsi, così che le sostanze dei problemi emergono potenti, evidenti. Al principio l’uomo cammina come protetto da una corteccia dura che è smarrimento e forse rinuncia, ma via via gli incontri, i personaggi, le figure, sempre in bilico tra realtà e simbolo, metafora e sostanza, ammorbidiscono l’involucro resistente, fino a far scaturire dai suoi occhi le necessarie lacrime.

Mana Chuma Teatro

Mana Chuma Teatro è considerata dalla critica e dal pubblico, non solo nazionale, una delle realtà più vivaci del teatro di impegno civile italiano. Nata a Reggio Calabria nella seconda metà degli anni Novanta, Mana Chuma Teatro sceglie fin dal principio di confrontarsi soprattutto con l’identità culturale e storica del territorio meridionale, provando a far convergere il recupero di storie, figure, moduli e stili attinti dalla tradizione culturale locale e mediterranea, con l’utilizzo di forme artistiche innovative, sviluppando un proprio approccio alla drammaturgia legato alla contaminazione tra linguaggi differenti e curando in particolar modo la ricerca sullo spazio e la sperimentazione di luoghi “altri” per il teatro.
I lavori di Mana Chuma nascono da un percorso di creazione artistica, da una necessità espressiva. Del 1998 è “Vita e morte di Ruggeri di Risa” di Massimo Barilla, liberamente ispirato a “La canzone d’Aspromonte” (poema epico del XV secolo). Del 2001 “Terribilio di mare – Suggestioni teatrali da Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo”, spettacolo corale realizzato sulle spiagge dello Stretto con la regia di Maria Maglietta. Del 2002 “Il mondo offeso), capitolo 1 del progetto “A Sud della Memoria” che dopo il debutto a Primavera dei Teatro è stato ospitato, con oltre 100 repliche, in numerosi festival e programmazioni su tutto il territorio nazionale. Nel 2003 “Historia du surdatu” di Masimo Barilla, con la regia di Luciano Nattino, in co-produzione con Casa degli Alfieri, Astiteatro 25, e “Spine” di Massimo Barilla e Salvatore Arena, storia originale legata all’Otello. Nel 2004 portano in scena la “Lunga notte di Medea” di Corrado Alvaro, con Lucia Sardo e Savatore Arena, co-prodotto con il Parco Nazionale d’Aspromonte e la Fondazione Corrado Alvaro. Nel 2005 “Di terra e di sangue”, secondo capitolo del progetto “A Sud della Memoria”, di Massimo Barilla e Salvatore Arena, per la regia di Maria Maglietta. Nel 2007 il progetto si completa con il terzo capitolo, “’70voltesud”, testo e regia di Massimo Barilla e Salvatore Arena, co-prodotto con l’Horcynus Festival. Nel 2012 “L’ultimo inganno”, selezionato tra le più importanti drammaturgie italiane dell’anno e tradotto in francese dalla stesso Favier (traduttore anche di Celestini e Baliani). L’anteprima della versione francese è stata presentata nel febbraio 2012 a Bruxelles.
Mana Chuma è tra i soci fondatori del Parco Horcynus Orca all’interno del quale si occupa di produzione teatrale e della programmazione artistica. Ha ottenuto il patrocinio morale dell’ETI.

Massimo Barilla

Drammaturgo e regista teatrale nato a Reggio Calabria nel 1972. Dal 1998 dirige Mana Chuma Teatro (dal 2002 insieme a Salvatore Arena), per cui ha scritto tra gli altri: Spine (2003) finalista premio Ustica per il teatro ’03, Historia du surdatu (2003, coprod. ManaChuma/CasadegliAlfieri/AstiTeatro), Di terra e di sangue (2005, Centenario CGIL). Al cinema è stato voce narrante de Il canto dei nuovi emigranti, miglior documentario Torino Film Festival ’05 e Bellaria Film Festival ’06. Dirige inoltre il Teatro Siracusa di Reggio Calabria ed è responsabile degli eventi culturali della Fondazione Horcynus Orca di Messina.

Salvatore Arena

Attore tra i più versatili della nuova generazione ha collaborato con artisti importanti quali Marco Baliani (Giufà, San Francesco di Saramago, Bertoldo), Letizia Quintavalla (Fango), Scimone e Sframeli (La busta, Pali, Giù). Dal 2002 codirige Mana Chuma Teatro, sviluppando con Massimo Barilla, un percorso di ricerca tra forme altre di narrazione e nuova drammaturgia (Trilogia “A sud della memoria”: Il mondo offeso, Di terra e di sangue, ’70voltesud; Terribìlio di mare; Historia du surdatu; Spine; Lunga notte di Medea)

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