“A Giufà – ricorda il regista dello spettacolo Carmelo R. Cannavò – è significativamente ricorso Italo Calvino, che ha inserito sette sue storie nelle Fiabe italiane, così annotando: ‘Il gran ciclo dello sciocco, anche se non è fiaba, è troppo importante nella narrativa popolare anche italiana perché lo si lasci fuori. Viene dal mondo arabo ed è giusto che scelga a rappresentarlo la Sicilia, che dagli Arabi direttamente deve averlo appreso’. Quando sentiamo il nome di Giufà pensiamo subito allo stupido, allo sciocco da prendere in giro. Nel nostro adattamento Giufà è il semplice, l’ingenuo, l’esente da ogni malizia. D’altronde, ritengo che ognuno di noi anche solo una volta nella vita si sia sentito Giufà. Lo scopo è quello di mettere a confronto un mondo più antico, quello di Giufà, con il mondo ‘digitale’ moderno, dei furbi, dei social network, dell’insoddisfazione, del bisognafaretutto”.
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