Dopo il l dibattito sulla Zona Falcata. In calce una nota del comitato Il Mare Negato che chiarisce e definisce alcune situazioni.
Grazie alle iniziative del comitato Il Mare Negato, l’Amministrazione comunale, per formulare la proposta all’Autorità Portuale sul Patto per la Falce, ha coinvolto i cittadini nella decisione sul futuro dell’area destinata al Polo terziario – turistico alberghiero Fal 3. In ballo ci sono grossi interessi derivanti da una previsione di 126.000 metri cubi di cemento con insediamenti che Accorinti e la sua giunta intendono ridurre drasticamente e soluzioni di porto turistico da cancellare. Fuori discussione, invece, il Parco archeologico Fal 2 da preservare in quanto sede della Real Cittadella. La “chiave” dell’Amministrazione per far sentire il peso della proposta al tavolo con l’Autorità Portuale e la Regione consiste nel ritiro condizionato del ricorso per la titolarità delle aree. Ben accolta l’intenzione del Comune di condividere la scelta con la città, ma il comitato che ha lanciato questa proposta “dal basso” resta molto cauto sul ricorso e chiede garanzie, anche in virtù del breve tempo a disposizione. Molto chiari, in tal senso, gli interventi, tra gli altri, di Barresi e Massaro (Orsa), Longo (Grilli dello Stretto) e Risitano (CMdB).
Stamani, i promotori della piattaforma Il Mare Negato hanno diramato una nota che pubblichiamo integralmente, in calce all’articolo.
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“Chiediamo un Piano Regolatore Portuale che sia realmente discusso dalla città e che sostituisca alla cementificazione un modello di riqualificazione sostenibile, fondato sull’idea di un parco integrato capace di fondere i percorsi naturali e culturali con le attività economiche storicamente ospitate nella Zona Falcata”. Tanto recitava un appello del comitato Il Mare Negato, costituitosi un mese fa a Messina in difesa dell’affaccio a mare totalmente “occupato” dall’Autorità Portuale e della Zona Falcata, fiore all’occhiello e area strategica della città lasciata totalmente nell’abbandono, in attesa che lo “speculatore” di turno ci mettesse le mani. Tutto questo, dentro un iter procedurale che dovrà partorire il tanto atteso PRP – Piano Regolatore Portuale, in atto al vaglio della Regione, da riempire, emendare, attuare, in ordine di tempo, innanzitutto attraverso il Piano d’Inquadramento Operativo delle aree funzionali Fal 2 – Parco archeologico e Fal 3 – Polo terziario turistico alberghiero. In altre parole, occorre immediatamente bonificare le aree esterne: quella dell’ex inceneritore (lavori di demolizione già aggiudicati), della Real Cittadella (l’Autorità portuale ha già iniziato i sondaggi per le caratterizzazioni), dell’ex Degassifica Smeb ed Eurobunker. Già in corso, invece, ad opera di privati, quella dell’ex Campo Rom. Insomma, demolizioni e bonifiche che devono poi condurre necessariamente a qualcosa di concreto. Sulla destinazione dell’area dell’ex Cittadella non ci sono margini: Fal 2 – Parco archeologico. Il Comune intende poi mettere i dovuti “paletti” sulla salvaguardia della cantieristica navale (Pom 5), fino a pochi anni fa volano dell’economia, fattore fortemente caldeggiato dalle forze sindacali come Cub e Orsa che hanno preso parte attiva nel comitato. Per cui resta, come priorità, la parte più sensibile in termini di “visione” e programmi sulla Falce: l’area destinata al Polo terziario – turistico alberghiero Fal 3.
Sullo sfondo, a destare preoccupazioni non da poco, oltre le previsioni di Piano, c’è uno studio di fattibilità commissionato dall’Autorità Portuale relativo alla “Realizzazione di un nuovo porto turistico” proprio in area Fal 3. Ma il titolo non tragga in inganno, facendo immaginare questo o quel molo, perché è ciò che sta “a terra” a fare la differenza in quello che appare come un gigantesco “Cavallo di Troja”: due soluzioni di cinque edifici, rispettivamente a “torre” e a “cortina”, a scelta, dell’altezza rispettivamente di 51 o 55 metri che si stagliano sullo Stretto. Le strutture, che come altezza superano la preziosa Lanterna del Montorsoli (41 metri) e tengono testa alla Madonnina del porto (60 metri), si affacciano in modo dirompente su tre “soluzioni” portuali, anch’esse da scegliere a secondo della combinazione: porto “a secco” di 7.000 mq, con capannone e ricovero multipiano per barche; “grande”, su 26.000 mq, 420 metri di banchina e 5 pontili galleggianti; “piccolo”, su 21.000 mq e banchina di 340 metri. Tutto ciò, collocato sul fronte esterno della Falce, quello maggiormente soggetto a correnti e marosi, nonché particolarmente sensibile sotto l’aspetto eco-ambientale.
A terra, assunto come “diritto” dall’Autorità Portuale il riutilizzo dei volumi in atto costituiti dagli stabilimenti e dai giganteschi serbatoi ex Smeb ed Eurobunker, in ballo c’è una previsione di 126.000 metri cubi di cemento. Si tratta di una vera e propria “zona B” urbana, con indice superiore ad 1,4 mc/mq, praticamente a mare. Il Piano prevede un polo turistico – alberghiero da 1000 posti letto e una destinazione di 28.000 mc per attività didattiche (verrebbe trasferito lì il “Nautico” Caio Duilio”).
Dinnanzi a tali scelte, il sindaco Renato Accorinti, l’assessore alle Politiche del Mare Sebastiano Pino e quello all’Urbanistica Sergio De Cola, mercoledì pomeriggio hanno convocato i cittadini interessati alla questione nel Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca.
Ma al di là dei tempi, ciò che più conta è il parere di tutti gli intervenuti, con le proposte formulate, riguardo soprattutto alla questione del contenzioso sulle aree contese della Falce, grazie al quale il Comune ha retto le sorti della vicenda, schiarendosi le idee e raccogliendo le forze per giungere ad una decisione quanto più possibile condivisa con la città. In altre parole: questa è partecipazione. Ed il merito va al comitato Il Mare Negato che “dal basso” ha saputo fronteggiare gli attori in tutta la vicenda.
“Siamo intenzionati a togliere il contenzioso con l’Autorità Portuale – ha detto il sindaco Renato Accorinti – ma vogliamo un’idea di Falce finalizzata al rilancio cantieristico, alla realizzazione di un polo turistico che abbia vocazione culturale – archeologica e naturalistica in zona Fal 2. Penso, ad esempio, ad un museo della mitologia. Siamo invece del tutto contrari a qualsiasi soluzione di albergo, con quelle cubature così previste, con porticciolo in zona Fal 3. Niente speculazioni, solo cose utili”.
La voce è unanime: niente passi falsi. Prima di tutto incardinare le condizioni per ottenere i risultati prefissati.
Corrado Speziale
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A conclusione del dibattito, i promotori della Piattaforma “Il Mare Negato”, attraverso una nota diramata stamani, hanno definito la propria posizione sull’argomento, indicando all’Amministrazione comunale tre ulteriori condizioni da inserire nell’accordo transattivo.
Questa la nota, che pubblichiamo integralmente.
Gli aderenti alla piattaforma “Mare Negato”, a margine della loro partecipazione al dibattito pubblico di ieri promosso dall’amministrazione comunale sul tema “Il Futuro Della Zona Falcata” in vista della sottoscrizione di un accordo transattivo che porrà fine al contenzioso che da decenni la vede impegnata in un giudizio con l’Autorità Portuale di Messina, desiderano evidenziare e chiedere quanto segue.
E’ cosa nota che il prezzo pagato dalla Città, in termini di mancato sviluppo, in questi decenni è stato molto alto ed è altrettanto evidente che la rinuncia al contenzioso comporterà definitivamente l’impossibilità di reclamare la titolarità delle aree oggetto del gravame.
Dall’odierno dibattito è emerso che è opinione comune della piattaforma, ma anche delle sigle e dei cittadini oggi intervenuti numerosi, che la rinuncia al contenzioso deve essere subordinata all’ottenimento di ulteriori tre condizioni che devono essere inserite nell’accordo transattivo:
– Il forte ridimensionamento delle cubature sviluppabili e i vincoli di destinazione pubblica delle stesse devono essere estese anche ad altre aree oltre a quelle denominate FAL 2 e FAL 3. In particolare l’amministrazione comunale deve garantirsi che le cubature dell’area fieristica, indipendentemente da un suo eventuale trasferimento, dovranno mantenere una destinazione d’uso pubblica;
– Il ritiro del ricorso non dovrà essere subordinato alla semplice presentazione del P.R.P. per l’ottenimento della V.A.S., ma deve essere subordinato all’ottenimento della V.A.S. positiva da parte del P.R.P. che recepirà il contenuto della transazione;
– L’A.P. deve rinunciare a porre in esecuzione la sentenza di primo grado. Diversamente operando, qualora il Comune rinunciasse al ricorso e il P.R.P. non dovesse ottenere la V.A.S., si verrebbe a creare l’assurda condizione per cui, dopo 60 anni di immobilismo, il Comune avrebbe rinunciato al contenzioso e perso le aree in cambio di nulla!
I promotori della Piattaforma “Mare Negato”
la fotogallery, tra foto “fresche” e ricavate dall’archivio del giornale in riferimento a quanto accaduto.
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