– di Corrado Speziale –
Il talentuoso pianista toscano, con un programma dedicato ai compositori russi, ha entusiasmato il pubblico della Filarmonica
In due turni, pomeriggio e sera, Bonfilio ha proposto Šostakovič, Čajkovskij e Musorgskij, concedendo due bis nel secondo concerto con Grieg e Schumann.
“Questo è il mio primo concerto dopo il periodo infinito che abbiamo trascorso… Per me è come un nuovo battesimo. Sono felice di condividerlo con voi”. Carico e motivato sia al pianoforte che con le parole, Pietro Bonfilio domenica scorsa ha segnato il punto di svolta nella centesima stagione della Filarmonica Laudamo di Messina.
Giovane talento, classe 1990, pianista apprezzato, raffinatissimo interprete e cultore degli autori russi, Bonfilio ha regalato al pubblico un’ora d’emozioni in entrambi i concerti, rispettivamente alle 17 e alle 20 di domenica. Il suo biglietto da visita lasciava già presagire eccellenze, poiché si era fatto apprezzare nel 2017 avendo inciso un progetto sul compositore Dimitri Kabalevsky. A seguire, nel 2019 aveva dedicato un album all’800 russo per l’etichetta Suonare Records. Da Scansano, in Maremma, deliziosa terra del Morellino, dove da dieci anni dirige un bellissimo festival al quale due anni fa ha partecipato il fagottista messinese Antonino Cicero, Pietro Bonfilio ha calcato i palcoscenici di tutti i continenti, esibendosi dinnanzi a platee prestigiose, competenti ed esigenti.
La particolarità del concerto di domenica l’aveva annunciata direttamente il protagonista: “Ogni brano ha una diretta connessione con un’altra forma artistica”. Qui sta la bellezza dell’incontro delle arti, delle percezioni che scaturiscono da visioni che si incrociano, da descrizioni tradotte in note musicali. Il tutto si avvertiva dalla differenziazione del taglio e dalla varietà dei caratteri che contrassegnavano i brani.
Il repertorio, variegato nei movimenti e nei “colori”, partiva da un percorso inverso rispetto al tempo degli autori, dal più moderno al più antico.
In avvio, le Tre danze fantastiche op. 5 di un giovanissimo Dmitrij Šostakovič: Marcia, Valzer, Polka. Siamo nel 1922, periodo di grandi fermenti e trasformazioni, in cui il compositore abbraccia l’epoca post-rivoluzionaria. Le danze, tuttavia, hanno perso nel tempo le loro originarie prerogative: “Il loro pianismo raffinato e leggero, del tutto smaterializzato, rivela l’influenza di Debussy a cui si ispirano anche nella libertà tonale su un condiviso do magg. di base”, analizza nella nota Alba Crea.
Con la Dumka, Scena rustica russa in op. 59 di Pëtr Il’ič Čajkovskij, siamo al primo “quadro di genere”, come lo descrive lo stesso pianista. All’origine, il brano declama un percorso da scene popolari che vanno dalla malinconia all’allegrezza. La proposta di Bonfilio ha tuttavia forma differente: “È un pezzo virtuosistico da concerto in do min. con una struttura formale in più sezioni, che le danno un carattere rapsodico”, spiega sempre Alba Crea nella guida all’ascolto.
Alla fine, applausi sinceri e meritati con due omaggi. Non solo Russia. Rispetto al bis in programma, il pianista rientra due volte: il delicatissimo Notturno di Grieg e un assaggio sottile e introspettivo delle Confessioni, che riportano al mondo spirituale di Schumann, hanno dato i segnali appropriati per affezionarsi, su varie latitudini musicali, al bravo pianista della terra del Morellino, che porta il messaggio dei grandi compositori in giro per il mondo e che sa emozionare come pochi.
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