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MESSINA – Vladimir e Vovka Ashkenazy incantano la città

 

Straordinaria esibizione al Teatro V.E. del duo pianistico di levatura mondiale. Alla sua “prima” il direttore artistico Matteo Pappalardo, fuori cartellone, sotto gestione commissariale, ha “calato l’asso” con un’operazione in contrapposizione alla precedente direzione artistica: lasciata fuori l’orchestra del Teatro. Sul palco un duo dal nome altisonante che ha riempito i settori del Vittorio Emanuele. Concerto in due atti che ha conquistato il pubblico con un repertorio intenso e suggestivo dentro un crescendo d’emozioni: Schubert, Smetana, Ravel, Rachmaninov.

Per Pappalardo è stato un sogno che si è avverato: “Mi auguro sia il primo evento di una serie che riesca a riportare i messinesi nel loro, meglio, nel ‘nostro’ Teatro”. Si tratta di una scommessa ambiziosa in un ambito che presenta non poche incertezze: commissariamento fuori tempo massimo, nuovo cda che fa fatica ad insediarsi ed elezioni regionali ormai alle porte.

 

 

Performance musicale straordinaria, senza precedenti a Messina, dove Vladimir e Vovka  Ashkenazy, padre e figlio, legati da un pianoforte a due tastiere che emana note da antologia, approdavano per la prima volta. Il primo, classe 1937, russo naturalizzato islandese, è tra i più grandi pianisti viventi; il secondo, degno figlio d’arte, segue le orme del padre come meglio non potrebbe. E stato il primo atto di Matteo Pappalardo direttore artistico della sezione musicale del Teatro Vittorio Emanuele. Operazione “coi botti” che infrange le “regole” che negli ultimi anni avevano condizionato la gestione dei cartelloni musicali, invero portati avanti da Giovanni Renzo con grande senso di responsabilità verso gli orchestrali, impegnati in tutte le produzioni artistiche che nel primo biennio avevano riempito il teatro. Stavolta, niente orchestra. Al suo posto, due pianisti di fama mondiale. Così tutti i settori del “Vittorio” hanno restituito quel colpo d’occhio che sembrava ormai lontano dall’attualità: teatro pieno.

Un investimento, cospicuo, venuto fuori da economie dall’attuale stagione. Dalla prosa: “Senza glutine”, non andato in scena ad aprile; dalla musica: “Concerto grosso”, scivolato via con rispiarmi sugli orchestrali. L’evento Ashkenazy era fuori da quel cartellone programmato dalla precedente direzione e approvato da un cda poi azzerato. Adesso c’è un commissario che resterà ancora per poco come guida unica del Teatro, in coesistenza con il sovrintendente Egidio Bernava. Un nuovo cda dovrà insediarsi. Intanto l’attuale amministrazione, seppur provvisoria, sotto l’input del nuovo direttore artistico ha “giocato d’azzardo” e “calato l’asso”, anzi gli assi della musica. Ne conviene che offrendo le stesse possibilità economiche e di strategia a Giovanni Renzo, quest’ultimo avrebbe sicuramente fatto altrettanto. Certamente non avrebbe potuto ospitare il suo prediletto Keith Jarrett, ma ci sarebbe andato vicino…Ipotesi e battute a parte, quella degli Ashkenazy, è stata una performance classica senza precedenti che resterà nella storia della città. “Potremo dire, io c’ero!”, aveva scritto Pappalardo nelle premesse, e così in effetti è stato. Oltre alla indiscutibile levatura musicale si è apprezzato un impianto scenografico eccellente, con proiezione video sullo sfondo del palco di quelle mani da leggenda che scorrevano su e giù magicamente dalle tastiere.

Il programma del concerto per due pianoforti è stato strutturato secondo un sillogismo musicale creato su un percorso artistico molto apprezzato, intriso di virtuosismi e suggestioni.   “Un programma oltremodo raffinato, che va dal primo Romanticismo alla prima decade del Novecento e che ci invita a riflettere sul rapporto tra musica popolare e repertorio colto, comprendendo al suo interno significative pagine di Schubert, Smetana, Ravel e Rachmaninov”, commentava Matteo Pappalardo nella presentazione dell’evento.

Si inizia con Schubert, “Divertissement à la hongroise”, op. 54 in sol minore. E’ piacevole il crescendo, la progressione e la varietà che si apprezza nei tempi e nel virtuosismo dei due pianisti. I movimenti si differenziano per intensità. Durerà ventisei minuti il primo approccio con i due fuoriclasse del piano in teatro a Messina per la prima volta. Si fa subito notare l’immenso carisma di Ashkenazy padre, che concentra in sé oltre mezzo secolo di storia tra i grandi protagonisti della musica internazionale. “La Moldava” di Smetana, brano tratto da “Má vlast – La mia patria”, con trascrizione dell’autore per due pianoforti, essendo sicuramente il più noto dei passaggi in programma, fa trattenere il respiro al pubblico in un’atmosfera straordinaria, come poche se ne ricordano. Dopo la pausa, il duo farà rientro con “Rapsodie espagnole” di Ravel, anch’essa trascritta per due pianoforti. “Prélude à la nuit”, “Malagueña”, “Habanera” e “Feria” saranno i quattro movimenti della prima sessione della seconda parte del concerto, maggiormente concentrata per introspezioni e tecnica espressiva. Padre e figlio dialogano magnificamente, incantando il teatro con alleggerimenti, variazioni, pause e aperture sensazionali. Percezioni che si confermano e si addensano nella “Suite n. 1 op. 5, Fantasie – Tableaux”, di  Rachmaninov: “Barcarolle”, “La Nuit… L’Amour”, “Les Larmes”, “Pâques”. I tocchi puliti, talvolta veloci e decisi, talvolta lenti e allungati sui tasti e la corale, perfetta costruzione della struttura musicale, attraverseranno la platea e gli spalti del Vittorio Emanuele. L’omaggio alla città attraverso il suo Teatro che per una sera ha accolto la leggenda Ashkenazy, è così compiuto.

Il programma per il prossimo anno sarà il capitolo successivo di questa nuova storia appena iniziata.

 

Corrado Speziale

 

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Redazione Scomunicando.it

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