A 61 anni di distanza certamente è l’uomo ad essere cambiato: Colò, nato nel 1920, fu un soldato, campione a tempo perso. Innerhofer, classe 1984, ha perso tempo a fare il muratore per capire che era meglio tornare a studiare da campione. Ma l’uomo, quando è di pasta buona, non ha un tempo, sono semmai i tempi che cambiano: dopo la guerra che già ne accorciò la carriera, dopo le medaglie del 1950 e l’oro olimpico in libera del 1952 ad Oslo, Colò, poco più che trentenne, fu costretto a porre fine alla sua carriera, accusato nel 1954, di professionismo per aver prestato l’immagine ad alcune aziende tecniche.
Il dream team azzurro ricorderà a lungo questa supercombinata mondiale di San Valentino in terra tedesca ma con temperature mediterranee: due medaglie in un colpo solo, argento a Christof Innerhofer e bronzo a Peter Fill. Così, a metà Mondiali, Inner si ritrova a celebrare uno storico tris e festeggiare più di un record, perché è l’atleta sinora più medagliato di tutta la manifestazione: tre gare e tre medaglie con oro in supergigante, bronzo in discesa e argento in supercombinata. E se poi si va a sfogliare gli annali, l’altoatesino è l’azzurro più medagliato a un mondiale di sci eguagliando, come detto, le tre medaglie che il leggendario Zeno Colò vinse ad Aspen nel 1950. Allora la combinata era la sommatoria dei risultati delle singole gare discesa gigante e slalom, senza una prova specifica, per premiare l’atleta più completo.
L’eroe sulle piste di Garmisch, dunque, è l’altoatedsino Christof Innerhofer ma con lui altro grande campione è stato Peter Fill da Castelrotto, classe 1982, gran talento e gran carattere. Due anni fa, ai Mondiali di Val d’Isere, vinse l’argento in supercombinata. Pochi mesi dopo in allenamento si procurò uno strappo dei legamenti dell’inguine che pareva dovergli far chiudere la carriera. Lui – una vittoria ed otto podi in cdm – tenne duro. Fill ha avuto un inizio di stagione al rallentatore, turbato anche per una malattia di papà che lo teneva in ansia. Da un paio di settimane invece questo fronte si è schiarito ed ora Peter è a Gap 2011, medaglia di bronzo. I due compagni di stanza, gli amiconi che in ogni trasferta azzurra sono insieme a condividere la loro gran passione per lo sci, stavolta hanno superato le loro migliori ambizioni: salire insieme sul podio iridato.
Per l’Italia è una sorpresa che in qualche modo si ripete, in una disciplina mai adeguatamente coltivata. Alle Olimpiadi Albertville 1990, con gli avversari che improvvisamente annaspavano, l’Italia vinse l’oro con Josef Polig e l’argento con Gianfranco Martin. Ma se si guarda in coppa del mondo, l’ultimo successo è del mitico Gustav Thoeni nel lontano 1977 a Kitzbuehel, anche allora secondo la vecchia formula. A questi mondiali, l’assenza del croato Ivica Kostelic e dello svizzero Carlo Janka, ha così indirettamente portato agli azzurri un pizzico di fortuna che proprio ci voleva.
E pensare che stamani la prima parte della gara – la discesa – era stata nel segno del giallo. In testa il norvegese Aksel Svindal (poi oro) davanti allo svizzero dell’Emmental Beat Feuz e terzo Inner ma con il sapore amaro di vedere un cronometraggio ballerino. Con fondo durissimo come piace a lui per le temperature fredde notturne, Inner era stato infatti il più veloce ai primi intermedi, pareva stracciare tutti come nel supergigante che gli aveva portato l’oro. Poi, senza apparenti errori, ad un intermedio centrale il cronometro lo ha dato misteriosamente in ritardo. E’ così partito un ricorso – ci sono state varie lamentele per i cronometraggi intermedi e la gestione dei tabelloni elettronici in questi Mondiali – che però è stato inevitabilmente respinto: i tempi finali sono stati comunque corretti. Così alla prova di slalom Inner ha tenuto la sua terza posizione, Fill la quarta, più indietro Dominik Paris e il trentino Paolo Pangrazzi. Proprio quest’ultimo – classe 1988, casa a Campiglio – ha stupito tutti scendendo leggero e preciso nel ripido slalom del Gudiberg con un fondo sempre piu’ tenero e buchette che si formavano nelle curve, passaggio dopo passaggio. Tanto da chiudere ottimo 6° mentre Paris finiva fuori.
Poi è arrivata la fase decisiva di una gara difficile. Il temutissimo austriaco Benjamin Raich si è portato in testa, ma senza un margine eccessivo. Sono andati in tilt gli americani Ted Ligety e Bode Miller, si sono impantanati gli svizzeri Silvan Zurbriggen e Beat Feuz. Peter e Inner, invece, hanno sciato leggeri come mai, un vero stato di grazia, trascinati a valle dalla loro amicizia e dalla grande fame di nuova gloria. Solo Svindal ha tenuto il passo riconfermando il titolo che aveva vinto due anni fa in Val d’Isere. Ma per l’Italia è stato il giorno delle due medaglie in un colpo solo: indimenticabile.
Tre podi in tre gare: oro, argento e bronzo. L’altoaetesino Christof Innerhofer è attualmente l’atleta più medagliato ai Mondiali di Garmisch, in Germania. “Qui mi vogliono adottare, non vogliono che vada più vià” dice l’azzurro che poi riserva la battuta più fulminante a Peter Fill, bronzo e con lui sul podio per la doppietta italiana nella supercombinata. “Peter e io siamo in camera insieme e andiamo molto d’accordo – dice Innerhofer–. Parliamo di sci, di linee da seguire, di tattica. Lui ha molta esperienza ed è un grande. Sono felicissimo per questa sua medaglia e che siamo insieme sul podio, perché se la merita e ha avuto un periodo difficile perché aveva pensieri per la malattia, una pancreatite, di suo padre. Siamo diversi. Io sono più estroverso. Lui è più serio e preciso. Tiene anche più in ordine la camera. Insomma, Peter è la moglie ideale. Oggi dopo la discesa mi sono dato un 15, anzi facciamo 17 per cento perché mi porta fortuna– prosegue Innerhofer, l’eroe azzurro di Garmisch – di possibilità di salire sul podio. Ho saputo del ricorso contro il cronometraggio, ma non ci ho pensato. Mi sono accorto che nella parte finale della discesa ero stanco. Poi, con lo slalom, ho pensato: Inner vai giù al meglio, hai una grande occasione e non devi non buttarla via. Stringi i denti e vai giù bene. Un minuto passa in fretta”.
Ed è così che il campione di Gais è finito sul podio per la terza volta in tre gare, vice–campione del mondo di supercombinata. A Gais per lui, sabato sera, stanno preparando una grande festa. Inner non sa ancora quando tornerà a casa, forse domani.
Quelli del suo fans club hanno come simbolo la testa di una capra barbuta, con corna e denti aguzzi, molto aggressiva. I Mondiali di Inner sono comunque finiti. Il suo nome, infatti, da tempo non era inserito nell’elenco di chi parteciperà al team event di mercoledì.
“No, va bene così. Adesso sono stanco ed ho bisogno di riposare. Anche se però –aggiunge ridendo e scherzando ma, forse non del tutto perchè anche in fatto di medaglie l’appetito vien mangiando – una chance in più per una quarto podio non sarebbe stata male”
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