Nella sua più recente serie fotografica, “Mossi”, realizzata in occasione dell’edizione 2025 della Festa del Mandorlo in Fiore ad Agrigento, Lorenzo Cassarà – autore di respiro internazionale, già vincitore di numerosi premi per la fotografia di paesaggio e di ricerca – ci consegna una visione nuova e profondamente poetica del Mediterraneo e della sua ritualità.
I tre scatti realizzati nella Valle dei Templi si presentano come istantanee sospese tra realtà e sogno
Qui il paesaggio diviene scena e l’uomo attore fluido, indistinto, evanescente, parte di un tempo che non è più solo quello dell’istante fotografico, ma un flusso continuo.
Cassarà ripropone e potenzia la sua cifra stilistica con il progetto “Mossi”, in continua evoluzione, sublimando il movimento come forma di narrazione e memoria.
Nel primo scatto, il Tempio della Concordia emerge dorato e solenne, immobile testimone della storia, mentre i visitatori si dissolvono in una moltitudine di sagome sfocate, come ombre di passaggi umani nella polvere del mito. Il contrasto tra la stabilità architettonica e la fluidità dei corpi evoca il romanticismo ruinoso di Hubert Robert, ma si tinge della modernità inquieta di un Bill Viola, dove il tempo è tensione visiva e spirituale.
Nel secondo scatto, la fioritura del mandorlo diventa un’ode cromatica: il rosa intenso dei petali e la leggerezza del cielo contrastano con i volti mossi, chinati, pensierosi dei ragazzi in primo piano. Cassarà sembra qui citare la delicatezza lirica degli acquerelli di Odilon Redon o le atmosfere rarefatte di un Monet in controluce, ma la sua è una poetica del frammento in movimento, in cui la bellezza naturale e l’identità umana si fondono.
Il terzo scatto è forse il più potente: attorno a un grande ulivo secolare, bambini in abiti folkloristici danzano o si raccolgono in cerchio.
L’albero – radicato, centrale, simbolico – si oppone al turbinio dei corpi, che Cassarà trasforma in una spirale quasi rituale, di memoria, gioco e comunità. La scena ha qualcosa di primitivo e sacro, una liturgia pagana che potrebbe rimandare ai tableaux vivants di Spencer Tunick, ma anche alle fotografie poetiche di Josef Koudelka o agli sguardi fuggenti di Alex Webb.
Lorenzo Cassarà non usa il mosso come semplice effetto, ma come linguaggio.
La sua tecnica è quella della lunga esposizione controllata, dove luce e movimento diventano strumenti pittorici. Ogni immagine sembra così dipinta, con tratti lievi e trasparenti, come se lo scatto fosse il risultato di un tempo dilatato, un tempo vissuto e non catturato.
Ciò che colpisce è il profondo rispetto per il paesaggio:
Agrigento non è solo sfondo, ma presenza viva, capace di contenere storia, mito, natura e cultura. Il paesaggio dialoga con i corpi, li assorbe e li restituisce in forma nuova, mutevole, inafferrabile.
“Mossi” in questo caso, quindi, diventa un atto poetico e politico insieme, in cui la memoria collettiva del Sud – con i suoi riti, i suoi simboli, la sua luce – viene riflessa e reinterpretata in chiave contemporanea, senza retorica né nostalgia.
Con questa nuova serie, Cassarà si conferma come uno degli interpreti più originali del paesaggio mediterraneo contemporaneo, capace di fondere fotografia, pittura e antropologia visiva. I suoi scatti non sono solo immagini: sono visioni stratificate, evocazioni di ciò che siamo stati e di ciò che possiamo ancora essere, se impariamo a guardare il tempo non come sequenza, ma come eco.
In un mondo che corre, Lorenzo Cassarà ci invita – con il suo “mosso” – a fermarsi nel fluire.
Ed è in quel fermo-immagine instabile che troviamo forse la più autentica definizione di bellezza.
Un grazie va anche alla Direzione del Parco Archeologico di Agrigento che ha autorizzato, credendo nel progetto del fotografo-artista, la sua “sosta” durante l’evento affinchè si potesse dar vita agli scatti.
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