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MOSTRE A MESSINA – Oggi si conclude quella dedicata a Daniel Schmiedt

 

 

L’evento è stato promosso dall’ex assessore regionale al turismo, sport e spettacolo Daniele Tranchida in quanto entrava nella rassegna del Circuito del Mito.

Per l’organizzazione della manifestazione ci si è avvalsi dell’organizzazione di Francesco Rovella e della cura di Annamaria Ruta e Gioacchino Barbera mentre il catalogo riepilogativo delle opere è stato realizzato dalla casa editrice EDAS di Messina.

È tempo di primi bilanci quindi per una mostra che ha permesso ai messinesi di rivedere le opere di un’artista che ha fatto grande la città dello stretto nei primi del novecento, bilancio che non può che essere positivo viste le oltre 6 mila visite che hanno caratterizzato la mostra.

Il giusto omaggio per un’artista palermitano di nascita, nacque nel capoluogo il 16 gennaio 1888 da padre boemo e madre spagnola, ma messinese di adozione visto che fu proprio in riva allo stretto che entrò in contatto con le più importanti avanguardie artistiche del suo tempo.

Nei dipinti dei primi anni del novecento si capisce tutta l’influenza della pittura metafisica in Schmiedt, corpi tondeggianti che offuscano il mondo circostante usando tempere con colori scuri ma decisi. In quei quadri Schmiedt esprime tutto sé stesso e il suo carattere timido, introverso e un po’ malinconico, tratti che verranno se possibile anche accentuati nella maturità quando dovrà confrontarsi con il suicidio di uno dei suoi quattro figli dopo una lunga depressione.

Ma fu durante il periodo fascista che Schmiedt creò i suoi capolavori, quasi sempre su commissione, come ad esempio le pitture che, nel 1932, abbellirono la Pretura, il Tribunale  e la Corte D’Assise di Vibo Valentia a testimonianza che il nome di Schmiedt era famoso già oltre lo Stretto. Infatti un anno prima, nel ’31, partecipò a Tunisi alla mostra di pittura siciliana d’avanguardia, a cui partecipò anche Renato Guttuso, confermandosi un’artista maturo e consolidato non solo per l’età ma anche nello stile.

Nelle opere di quegli anni l’influenza del regime si vede tutta, la struttura dei corpi, ad esempio, spesso con la muscolatura in ben evidenza per raffigurare gli uomini nuovi forti e fieri. Le scene rappresentate sono dei veri e propri manifesti al regime con l’incontro tra il mondo militare che entrava nelle fabbriche a stringere le mani ai lavoratori divenuti spina dorsale dell’Italia autarchica. Sullo sfondo spesso le donne, anzi madri, isolate dal lavoro in quanto angeli del focolare impegnate ad educare i figli che rappresentano le generazioni future.

Notevole l’attenzione dell’artista palermitano per il mondo del lavoro che lo porterà ad essere uno degli esponenti di primordine del sindacato delle belle arti, l’unica struttura a non aver subito il cambiamento dicotomico  dopo l’avvento del corporativismo.

Notevole anche il suo apporto artistico  per la città come l’allegoria della storia di Messina presente nella sala consiliare di Palazzo Zanca e la ricostruzione del soffitto ligneo del Duomo di Messina distrutto dai bombardamenti del 1943. Gli ultimi dipinti di Schmiedt rappresentano scorci della Messina del dopoguerra pur mantenendo intatto il suo stile come ad esempio il “paesaggio urbano” del 1951, Schmiedt morì tre anni dopo, dove sullo sfondo si legge un timido “non votate” scritto su un muro quasi nel non voler morire da pompiere dopo una vita da incendiario.

Antonio Macauda

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