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Museo del Fango – Con la tragedia di Giampilieri l’arte diventa impegno civile.

Un dibattito al circolo Libreria Pickwick ed un seminario all’interno di un workshop internazionale organizzato dal C.E.S.V. di Messina, tenutosi al Genio civile, hanno caratterizzato due giorni intensi d’attività per l’associazione nata dopo la tragedia del 1° ottobre 2009.

F.A.N.G.O. è l’acronimo di Fondazione Artisti Nutrimento Grande Opera, ma tale appellativo apre, ovviamente, a significati ben più forti: “Non riguarda il fango materiale che ha distrutto villaggi e ucciso 37 persone, ma quel fango impalpabile che ormai sta distruggendo interamente il nostro Paese”.

A parlare è Michele Cannaò, artista di origini messinesi che vive ed opera a Milano, che di questo museo, dal nome singolare, ne è il direttore, oltre che l’ideatore, ed una delle anime principali.

Al circolo Libreria Pickwick, Cannaò, dentro una cornice di immagini fotografiche di Gianmarco Vetrano, ha tenuto un dibattito dal titolo “Techne”, intesa come “l’arte e la tecnica, ovvero le capacità intellettuali e manuali di fare qualcosa che si svolge secondo una regola”, nel corso del quale ha incontrato il pubblico anche per  aggiornare e discutere dell’operato del museo a distanza di due anni dall’alluvione, secondo il progetto che sta promuovendo ed attuando, finalizzato ad “elevare le zone alluvionate a simbolo di valori imprescindibili”.

L’idea progettuale consiste nel realizzare un museo, buona parte a cielo aperto, inteso come riferimento culturale volto anche al rilancio economico, che si articoli lungo le zone montane una volta messe in sicurezza, così da creare un tutt’uno tra il territorio e la gente che ci abita, nel segno di una coscienza collettiva fondata sull’identità e sulla memoria.

Cosa che potrebbe suonare come un’utopia, ma se così fosse sarebbe da intendere in senso positivo. Una sfida, insomma, che contiene in sé principi ed intenti che si strutturano fattivamente dentro un progetto condiviso da artisti e personalità della cultura, e che sta avendo un contributo pratico da parte di alcuni enti che, in via del tutto eccezionale, viste le consuetudini locali, si stanno impegnando in tal senso: primo fra tutti il Genio civile, guidato da Gaetano Sciacca, tra i più attivi nei lavori post – alluvione.

Ed è proprio l’Ufficio con sede in via Saffi, che ospita, da quasi due anni, le centinaia di opere del museo, donate da svariati artisti e da semplici cittadini, oltre agli eventi collegati al progetto, come “Lune d’agosto e… Ingegno civile” svoltosi negli ultimi mesi del 2010 e l’estemporanea realizzata per La notte della Cultura lo scorso febbraio.

Il museo del Fango ha, quindi, i connotati di quelle realtà itineranti che hanno trovato “casa” presso una “famiglia” che ne sta custodendo l’indubbio valore umano ed artistico.

E sull’assenza di una dimora fissa della propria “creatura” è così che la pensa il maestro Cannaò: “Il museo opera molto meglio senza una sede, perché agisce sul territorio”.

Attenendosi al tema dell’incontro parla della “sua” Milano in termini critici, riferiti all’architettura in relazione all’Expo: ”Sono stati realizzati dei grattacieli osceni”, dice, dissertando su questioni che attengono al rapporto tra la cultura ed il potere.

Ed è qui che Cannavò chiude il cerchio: “I percorsi che si son fatti in questo Paese fanno sì che chi contrasta qualsiasi forma di dominio culturale o politico venga sistematicamente isolato o combattuto a seconda delle tecniche o delle armi che si adoperano.

Ad esempio quella del fango”.

Al circolo Pickwick, al fianco di Michele Cannaò è intervenuto l’ingegnere Gaetano Sciacca. “Ci siamo incontrati con il maestro Cannaò, così come con la gente, non mossi da interessi, ma secondo un comune sentire” tiene a dire il capo del Genio civile, che parla poi dei cittadini: “Messina è fatta di tanta bella gente, ma ci sono persone che hanno bisogno di essere sollecitate e motivate per poter uscire allo scoperto”. E sul “rinnovato” ruolo del suo ufficio, riguardo il Museo del Fango, spiega: “Il nostro è un caso atipico nel panorama degli uffici pubblici. Per noi è il modo di dimostrare quanto sia giusto che i palazzi delle istituzioni siano aperti alla gente affinché si incontri e si ritrovi in quei luoghi”.

Hanno contribuito ad animare il dibattito anche il giornalista Vincenzo Bonaventura e l’onnipresente, combattivo eco- pacifista Renato Accorinti, “costretto” ad intervenire dopo che nel corso della discussione sul rapporto tra cittadinanza e territorio è stato tirato in ballo l’argomento Ponte sullo Stretto.  

L’indomani, al Genio civile, il museo del Fango ha tenuto un seminario illustrativo, inserito nel workshop di dimensione europea dal titolo “Le forme dell’impegno sociale: volontariato e cittadinanza attiva”, organizzato dal C.E.S.V. di Messina, presieduto da Nino Mantineo e diretto da Rosario Ceraolo, che ha avuto come coordinatrice Mariangela Filocamo.

Il progetto comunitario Lifelong Learning Program ha previsto che 25 giovani che operano nel volontariato, di cui 4 italiani e 21 provenienti da Romania, Polonia, Finlandia, Lettonia, Portogallo, Svezia, Lituania, Slovenia e Turchia, partecipassero ad una serie di incontri a Messina con varie associazioni con l’intento di creare scambi di esperienze nell’ambito dell’attività e della formazione.

Gabriella Raffa e Davide Mangiapane del museo del Fango, hanno, con impegno certosino, allestito filmati e slide in lingua inglese sulla storia del disastro avvenuto nella zona sud di Messina il 1° ottobre 2009, spiegando il fondamentale ruolo che le associazioni di volontariato hanno avuto in quella circostanza, rispondendo dettagliatamente a tante domande poste dai giovani volontari stranieri presenti in platea.

Hanno, quindi, esposto le finalità sociali e culturali della loro associazione: l’arte come fonte di arricchimento nella costruzione di una coscienza collettiva.

“Responsabilizzare la gente al rispetto dell’ambiente, del territorio e della legalità” è stata una delle risposte date a chi chiedeva quale fossero i principali obiettivi da raggiungere, affinché tale tragedia non si ripetesse più.

Ma sicuramente uno dei compiti più ardui dell’interprete è stato tradurre e contestualizzare più volte il concetto di “stupidità politica”.

Corrado Speziale

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