– di Corrado Speziale –
La città dello Stretto ha ospitato, al pari di Roma, la manifestazione nazionale organizzata per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Le cattive condizioni meteorologiche non hanno impedito la riuscita della manifestazione, fortemente voluta dal collettivo messinese di Non una di meno.
“Il meteo di oggi porta tempesta, la nostra! A Messina il vento è padrone dello Stretto…” si leggeva su Facebook, nella pagina dell’organizzazione. Ma il vento più forte che soffiava a Messina in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, era quello della protesta, che portava con sé un impetuoso grido volto al desiderio di libertà. Leitmotiv della manifestazione, le parole conclusive della poesia di Cristina Torres Cáceres sul femminicidio, divenuto un simbolo planetario della lotta: “Se domani torno, sorella brucia tutto”, passo della poesia, adesso ripreso nel suo post su Instagram da Elena Cecchettin, sorella di Giulia, la ragazza barbaramente assassinata dall’ex fidanzato, Filippo Turetta. La frase – simbolo è stata riportata sullo striscione che apriva il corteo.
È stata una manifestazione traboccante di motivazioni e contenuti, concretizzata in un corteo rumorosissimo che per un sabato pomeriggio ha reso Messina “città femminista e transfemminista”.
Il corteo, partito da Largo Seggiola a ritmo di flamenco, improvvisato da un gruppo di manifestanti, ha percorso via Cesare Battisti per poi svoltare sulla via Tommaso Cannizzaro, percorsa nelle due direzioni, fino al palazzo del Tribunale, dove attraverso un’azione collettiva a dir poco suggestiva, sono stati sollevati al cielo 107 cartelli fucsia, ciascuno riportante il nome di una vittima di femminicidio consumato quest’anno in Italia.
Alla fine del sit-in, il corteo ha ripreso la via cesare Battisti per concludersi in piazza Duomo. Perfetta l’organizzazione, con tanto di “servizio di cura”, notoriamente inteso come servizio d’ordine, con manifestanti munite di fazzoletto fucsia per farsi riconoscere.
Al microfono si sono alternate molte attiviste provenienti da comunità e movimenti differenti, dal mondo degli studenti a quello del lavoro, dalle comunità straniere ai movimenti in difesa del territorio, peraltro in vista del grande corteo No Ponte di sabato prossimo. La condizione sociale e politica della donna è stata oggetto di svariati interventi e per questo analizzata su tanti aspetti.
Rispetto ai comportamenti quotidiani in danno alla donna, è stata evidenziata altresì la violenza psicologica, talvolta non minore di quella fisica, ancorché poco considerata, lo stalking, comportamenti dispregiativi e denigratori. Il nodo caldo della protesta, espressa con giustificata rabbia, trova protagonisti i primi soggetti contro cui combattere: “Il maschio violento non è malato, è il figlio sano del patriarcato”. Con tutto quanto gira intorno ai commenti e alle azioni di questi ultimi giorni, alla luce del barbaro assassinio di Giulia.
Tra le proposte legate alla protesta, l’educazione sessuale a scuola, la promozione volta al rispetto della diversità, degli orientamenti sessuali, al fine di evitare comportamenti discriminatori a sfondo di genere.
Ha avuto parte integrante nel corteo, la difesa della causa palestinese, partendo dalla sua martoriata storia: altro argomento scottante e fortemente divisivo che sta segnando questo momento storico.
Dalla postazione che apriva il corteo, la prima attivista intervenuta per Non una di meno ha tracciato il terreno della protesta, tra storia e attualità: “È un lavoro lungo che non si esaurisce oggi e che dura tutto l’anno. Anche se nessuno ne parla è una marea che arriva da lontano, dalle sorelle argentine e messicane che al grido Ni una más hanno deciso di chiedere giustizia da sole.
Dopodiché, gli slogan: “Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce”. A seguire: “Insieme torneremo, non una, non una, non una di meno…”.
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