Sulla scena – il retro di un bar – due uomini, Nino e Petru, sono alle prese con un destino da perdenti, in attesa di una svolta che non arriverà mai. Per l’uno è il sogno di preparare gli aperitivi in un locale dove si suona musica americana, un posto di classe e non questo bar di periferia. Per l’altro quello di un lavoro stabile, che rimedi a quel suo vivere d’espedienti. Ma il barista Nino si ritrova, intanto, a fare i conti con la convivenza di una madre oppressiva, mentre il disoccupato Petru con un boss locale che lo taglieggia con pretese di doni e tangenti sullo stipendio futuro. Interpretazione eccezionale quella sfoggiata da Francesco Sframeli, al quale Spiro Scimone sembra aver cucito addosso un personaggio “universale”, che tutti abbiamo conosciuto o semplicemente incontrato almeno una volta nella vita.
Sorprendenti i dialoghi fra i due; eloquente l’ambientazione minimalista: una radio, una cassa e una scala appoggiata vicino ad una finestrella affacciata sul nulla. Il retro del bar diviene così il nascondiglio perfetto da cui pianificare un riscatto dal mondo che purtroppo non arriverà mai. Sullo sfondo di due vite fallimentari rimane, cementificata da un destino comune, la complicità tra Nino e Petru, che se non è propriamente amicizia ci piace pensare che possa diventarla.
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