ATTESE DI OLTRE CINQUE ORE.
Se non vuole aspettare firmi e se ne vada.
Che la sanità sia al collasso non è certo una novità e non è neanche una novità che arrivano continuamente nuove emergenze con codici di “tutti i colori” che rendono quei corridoi simili ai gironi danteschi.
E lo è anche durante queste feste di fine anno.
Ma quello che non va giù. con tutta la comprensione del mondo, è l’insofferenza, mai giustificata, di chi si rivolge al paziente, dopo ben 5 ore di attesa, dal primo e veloce elettrocardiogramma, scrollandosi quasi le spalle, annunciando nè una cura nè una prescrizione, ma un assunto che suona come una soluzione immediata, e non certo ottimale, che è quella che non resta di mettere la firma ed andarsene, magari verso un altro pronto soccorso o presidio medico.
Un’indicazione che non rientra certo nei canonici insegnati di Ippocrate.
Eppure sembra succedere anche questo nella bailamme dei pronti soccorsi italiani, anche quelli della porta accanto.
Certo il lavoro è tanto, e le emergenze sono stressanti per tutti medici e per le attese dei pazienti.
Ma ci si chiede: I vertici hanno contezza di come “Si vive nei pronti soccorsi?”.
Delle tante emergenze, degli stress, della mancanza di tempi e di luoghi, e poi la domanda è d’obbligo: Cosa di fa in concreto, non per risolvere i problemi alla radice, ma almeno per potenziare un tantino queste strutture?
È dire che Patti ha un bacino e un nome di tutto rispetto.
Enzo Caputo
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