69 anni, quasi venti vissuti in regime di protezione, tanti in galera, il resto, in una gioventù difficile tra pesca e bella vita a Brolo e poi a Bologna e Roma. Così è vissuto Pippo Cipriano che è morto ieri, in località sconosciuta, ma presumibilmente a Roma. Un pensionato dello Stato in un mondo malavitoso, lesto di coltello, sguardo tagliente, fondamentalmente una canaglia… una simpatica canaglia.
———————
Per tanti è rimasto un amico, anzi un buon amico.. e sono quelli che ne hanno condiviso gli anni della gioventù quando andava a pescare, a calare il “conso” a prendere i giovani pescispada a largo delle Eolie.
Poi scelte sbagliate, difficili, contrabbando, arresti, le evasioni a nove colonne volando dalle finestre, vivere ai margini di una società della quale amava lo champagne, la buona tavola, i regali ed i quadri e nella quale non gli era difficile entrare e condividerne i favori.
Per altri era semplicemente un’nfame prima, e pentito dopo.
Giudizi controversi, opposti… ma con grandi verità da entrambi i lati.
Un soggetto controverso …. con la “125” bianca faceva il guardiano notturno, negli anni ottanta, in una ditta di costruzioni, che poi, forse, di giorno, taglieggiava.
Erano anni, quelli che a Brolo, si sparava, si mettevano bombe, le macchine andavano facilmente a fuoco, i grandi latitanti soggiornavamo in casolari abbandonati o mangiavano nelle trattorie di un costruendo lungomare, sbarcavano sigarette e divise compiacenti mantenevano un pax artefatta per permettere, facendo carriera, di avere e concedere una zona franca per far accordi, negoziati, condurre trattative mentre crescevano i colossi dell’edilizia privata ed i tortoriciani allargano zone di potere e influenze e dalle cave provenivano dinamite e micce che servivano sia per la pesca di frodo ma anche per confezionare i botti atti a dirimere le diatribe dai posti al mercato fino al trasporto carni.
Pippo Cipriano era sempre lì, anche quando non c’era, di fatto sapeva, gli raccontavano, ne cercavano i consigli, l’aiuto, il permesso a fare.
Con i suoi sistemi di sicurezza, fatti di cani e canarini, i “fratelli” a guardargli le spalle, era sempre attento, osservava, controllava, muoveva i fili e passava indenne nei vortici che regolarizzano i clan del tempo.
Erano gli anni in cui si moriva sui nebrodi, giorno dopo giorno, da Fabio a Maurizio da Calogero a Giuseppe; si moriva a Montalbano Elicona, Sant’Angelo di Brolo, Piraino, sul lungomare orlandino, si sparava nelle feste patronali, nelle serate di carnevale, lungo gli argini dei fiumi, sottocasa, si giocava a bacarà in circoli e case – e bisognava dar protezione e sicurezza – , ed a quel tempo la “croma” era la macchina che identificata e firmava gli attentanti dei clan di Tortorici.
Pippo sapeva tanto, o almeno sembrava questo, forse segreti incredibili e inconfessabili, che portavano agli anni settanta con la connivenza tra “i neri”, e la malavita, ma allora ci furono le condanne, qualcuno aveva detto troppo ed a un posto di blocco i militari fermarono e arrestarono chi trasportava tritolo e candelotti.
Il “Padrino” di Brolo, sapeva tanto di quegli anni, e sapeva certamente anche della politica sommersa di Brolo, dei suoi nuovi poteri economici, di chi voleva bombe e incendi – poi messi in un unico teorema con l’ordine di azzoppare il potere politico emergente dei Germanà, ma che avevano profili diversi, divisi, a volte lontani dove si costruivano verginità compiacentemente violate – e nell’immaginario collettivo il suo potere era grande, lo gestiva ed era vicino ai Bontempo Scavo.
Uomo controverso, che aveva sul cuore tatuata la mamma, quella che viveva nei bassi del castello, che lo aspettava sempre, e che lui andava a trovare anche quando lo cercavano gli “sbirri”.
Controverso il suo rapporto con i barcellonesi, con i catanesi, meno con i tortoriciani, ma saldi quelli con le famiglie di Palermo e San Mauro.
Così Pippo Cipriano all’improvviso divenne pentito, forse con perfetto tempismo, entrando nelle inchieste più complesse, Icaro, Romanza, Mare Nostrum.
Forse scelse il tempo giusto per farsi proteggere… il suo tempo, ed all’improvviso sparì da Brolo, da tutti, dalla grande famiglia da cui proveniva.
Parlò tanto, ma sempre poco si seppe di quanto disse.
Anche se nelle motivazioni della sentenza del max processo “Icaro Romanza” c’è per esempio chi scrive che la «primazia mafiosa di Gullotti, uno dei pochi appartenenti alla mafia della provincia di Messina al quale è stata riconosciuto il lignaggio di membro della Cosa Nostra palermitana», oppure è richiamato il ruolo processuale giocato dai pentiti Santo Lenzo, Giuseppe Cipriano, Pino Chiofalo e Mario Bontempo Scavo, o ancora emerge «l’esistenza di un’associazione mafiosa barcellonese, capeggiata da Gullotti Giuseppe che, dopo il declino del clan Chiofalo, sperimentò la ricerca di intese criminali con l’egemone gruppo tortoriciano volte ad un controllo capillare del territorio che consentisse a tutti i gruppi di trarre fonti illecite di sostentamento dalle attività economiche che venivano svolte, evitando inutili quanto dannose interferenze tra gli interessi dei singoli clan».
Ed ecco come hanno valutato tutto giudici e giurati considerando «precedenti giudiziari menzionati», «propalazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia» e «intercettazioni ambientali»: è stata ritenuta «ampiamente dimostrata… la sussistenza di un’associazione criminale facente capo alla famiglia Bontempo Scavo di Tortorici, caratterizzata da una struttura e da un’organizzazione di carattere mafioso oltre che dal perseguimento delle finalità tipiche delle congreghe tipizzate dall’art. 416 bis c.p., articolata in sottogruppi ciascuno dei quali era caratterizzato da una certa autonomia nella gestione delle attività criminali nell’ambito di un limitato contesto territoriale ma operava secondo le direttive generali imposte da Bontempo Scavo Cesare, ovvero, nei periodi di detenzione carceraria di questi, dal germano Vincenzo».
Cipriano entrava ed usciva da processi importanti, e vi rientrava anche attraverso sviste giudiziare come recentemente nel caso dell’uccisione dell’operaio Calogero Franco, residente nel centro paladino dove per un errore procedurale era stata richiesta la riapertura del processo che lo vedeva basista del gruppo di fuoco.
Entrava e usciva con un profilo basso dalle aule del tribunale, ma non abbassava mai lo sguardo, sorrideva sicuro delle sue protezioni, quelle di sempre, e si sapeva che stava a Roma perché qualcuno lo incontrava, era tranquillo… come la sua famiglia; i ragazzi che crescevano e che allora dovettero allontanarsi dagli amici di sempre, dagli amori giovanili e dagli affetti … il pallone, il bar, le macchine.
Poi con estrema ratio, loro tornarono, e stanno qui.
Sereni e rispettati… da tutti, non come figli di un “boss”, ma come gente comune, che lavora, sorride, gioca e pensa al futuro… bravissima gente.
Pippo Cipriano era uomo di rispetto per un vasto ambiente…ovviamente il suo ambiente. Metteva pace, anzi imponeva la sua pace, senza alzare la voce, come un vecchio boss.
Ora è andato via, relativamente giovane, con i suoi segreti ed i suoi “contrasti”, e certamente qualcuno sarà contento, rasserenato, altri dovranno rimodulare strategie e teoremi.
Lui se ne andato in silenzio, restano i regali fatti agli amici, i quadri di Romano Mussolini, le “verette dell’oro alla patria”, il suo senso dell’onore e dell’amicizia, i suoi ricordi verso un vecchio maestro, o i rampolli ora cresciuti, anzi già anziani, di uno dei notabili del paese, il suo saper star fuori, anzi dire no, dai giri sporchi della droga … alla fine aveva un suo codice – quello mafioso – e piaceva alle donne…
E si porta via i segreti di un pezzo della storia di Brolo.
E’ morto lontano dal suo paese, in un posto che neanche i manifesti di morte che stamani sui muri di Brolo ne annunciavano la scomparsa hanno omesso di citare
Quasi dentro un film.
msm
Le polemiche seguite a quest’articolo, che non vuol essere la santificazione, ma semplicemente il “racconto” di un personaggio malavitoso che viveva a Brolo e di quello che ha rappresentato, puntando il dito sulle coperture che godeva tra politica e altri in un clima, a Brolo, che in quegli anni ha coinvolto tanti, afferma la necessità di aprire, a distanza di tempo un sereno dibattito di studio e confronto su quel periodo coinvolgendo quella gente che ritiene di conoscere a sufficienza la storia di Brolo e che ha vissuto quel “clima”.
Per vedere a chi servito tutto questo, chi ne ha tratto profitti economici e di potere, chi ha dato coperture politiche, chi ha giocato utilizzando il potere di stato per compiere regolamenti di conti, ed è proprio da qui che bisogna partire per conoscere la storia di Brolo, quella di oggi.
Troppo facile dire che è un articolo che parla solo di Pippo Cipriano.
E’ un articolo che trova spunto nella morte di un “pentito” per riparlare di un pezzo della storia di Brolo fatta anche da interrogatori “pesanti”, intimidazioni e pressioni familiari, confessioni estorte, dove il fumo di tanti attentati serviva a confondere le piste di altri atti criminosi… un brutto clima che tanti hanno voluto facilmente cancellare, nascondere, dimenticare…
Troppo facile liquidare la morte di un “pentito”… con un semplice “condoglianze” o con i riti di cordoglio cristiani e le frasi “La morte rende tutti uguali” o peggio “pace all’anima sua”
Questo vale per l’essere umano, per i familiari che restano… non per trovare verità nascoste da trent’anni.
Ed è questo, anche questo, che le giovani generazioni dovrebbero sapere.
Parliamone e apriamo un dibattito.
E’ stato ristretto agli arresti domiciliari l’autore del furto perpetrato ai danni della nostra emittente…
TRA CLOUD E MOBILE BANKING - L’importanza di scegliere siti sicuri
Punti morbidi e strade di pietra, 2025. Filati di cotone e sassi, dimensioni variabili. (altro…)
Amunì, il Festival Agroalimentare a Torrenova, parte alla grande. (altro…)
Si è svolta ieri, venerdì 5 settembre, nella suggestiva cornice di Villa Piccolo a Capo…
Una magia senza confini ha avvolto piazza XX Settembre a Canicattini Bagni durante il Canicattini…