Una serata, quella vissuta a Brolo dedicata alla “bellezza”, quella che, attraverso la ricerca della parola, viene letta e vista dall’anima, non quindi solo quella estetica;
una serata dedicata al segno e al disegno, elementi che guardano dentro, che vanno “oltre” che guardano “altro”.
E che con Vittoria, pittrice ed attenta osservatrice dell’anima, e Pierluigi, architetto di poesie, si sono uniti in un afflato perfetto.
Dove alla fine tutti sono stati e si sono sentiti protagonisti, anche semplicemente ascoltando.
Dicevamo un luogo simbolo.
La “loggia dei poeti”, uno spazio conquistato, al centro del lungomare di Brolo.
Così, lì, Pierluigi ha voluto presentare il suo libro. Il secondo nella sezione spazio-tempo.
Un libro unico, speciale, numerato, diverso a se stesso, sempre.
E non solo perché ogni volta che si legge un libro questo diventa una nuova esperienza parchè si somma a nuove esperienze e si unisce a stati d’animo inediti, ma “unico” anche nel suo contesto grafico-editoriale, e non solo.
Un libro che diventa pezzo raro, da conservare, leggere e rileggere, arricchito da poesie che diventano un filo conduttore evocativo di passaggi e paesaggi di vita.
Consapevole delle tante svolte che il paese attraverso i giovani sta vivendo.
Poi l’intervento, in più riprese, di Marinella Lo Iacono, professoressa al liceo di Pierluigi, che ha scritto la prefazione del volume, una vera lirica tra le poesie di Gammeri.
“Una delle cose più difficili da fare, oggigiorno, è parlare di bellezza. -scrive la Marino – Forse perché è così difficile parlarne che spesso neanche gli innamorati ci riescono. Allora si rimane in silenzio e a volte, dal silenzio, dalla solitudine, dalla sensibilità rara di chi sa ancora fermarsi ad osservare, nasce la poesia”.
Ed ancora c’è l’intervento dell’autrice dei disegni Vittoria Cafarella che tratteggia l’essenziale dell’estetica, del culto del bello, di come ci si sofferma e si “parli” di fronte alla bellezza, anche quella che viene ispirata da un disegno che guarda a forme desuete, morbide, diverse, fuori dai luoghi comuni.
Anche per questo il libro è “diverso” a se stesso e non solo nella sua veste grafica. E’ un inno alla non catalogazione.
Una lettura ricca di spunti – ed è lo stesso autore a leggere una serie di brevi liriche – che parlano della “solitudine bianca”, rimandano alla “ compagnia di un sorso di vino”, tratteggiando quel “desiderio di allontanarsi da un mondo soggiogato da “profeti del nulla”, e che ci mette alla ricerca del “nettare dell’abbandono” “dentro una stanza di cristallo spalancata sul vuoto delle costellazioni”.
Dunque come scrive Sara: “Non si tratta di una resa. Tra i versi, s’intravede la speranza, che è diversità e possibilità di cambiamento”.
Un “giardino” quello di Pierluigi che non è quello degli “ulivi” o la spianata del “golgota”, ma quello zeppo di melograni, simbolo di prosperità che conterrebbe, secondo le antiche simbologie, 613 semi, che come altrettante perle sono le 613 prescrizioni scritte nella Torah, osservando le quali si ha certezza di tenere un comportamento saggio ed equo.
Il Melograno, appunto, simbolo di produttività, ricchezza e fertilità. che è il frutto dell’Albero della Vita del “Giardino dell’Eden”.
Rammentando la serata, condotta da Massimo Scaffidi, non si può non citare quanto detto ancora da Marinella Lo Iacono che parlando di Pierluigi “giovane poeta, garbato e sensibile” aggiunge che è legata all’autore da “un’antica complice, indimenticata abitudine di “naufragare” e annegare “dolcemente” nel mare della creazione poetica”.
Parlando delle poesie, la professoressa, aggiunge “sono “le memorie di un ragazzo perbene”.
Un luogo dove l’autore fa l’inventario dei segni e scandaglia con pudico tremore le emozioni concludendo il suo percorso con un compiaciuto corteggiamento ortisiano alla morte che “l’ultima ora sarà un silenzio che non mi appartiene l’ultimo istante sarà la più amara delle risate”.
Il libro viaggia su quattro momenti, “respiri di un animo romantico decadente, con i testi fortemente interiorizzati, che fluiscono nitidi attraverso immagini e memorie “leggere e vaganti” regalando al lettore un distillato dolceamaro della vita di un ragazzo che soffre e ama con intensità.”
E continuando afferma Marinella: “Pierluigi ci conduce attraverso un percorso semionirico in un mondo che annoda il filo degli avvenimenti tra passato, presente e futuro in modo schivo e verecondo”.
La citazione è quella celebre “L’uomo è una corda tesa fra l’animale e il superuomo, una corda sopra un abisso”.
In questo passo dello Zarathustra Nietzsche ci presenta la figura del superuomo che egli definisce “il vero senso della terra”, il “nuovo Dioniso”. E aggiungeremmo “sono un annunciatore del fulmine, sono una di quelle gocce che cadono dalla nube: quel fulmine si chiama Superuomo” che qui ben veste i panni della Poesia.
MSM
Nella fotogallery di scomunicando tutte le foto.
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