Le “Osservazioni critiche al progetto definitivo del Ponte sullo Stretto” sono state oggetto di convegno a Villa S.G., alla presenza di un buon numero di componenti dello staff tecnico – scientifico, di assoluta eccellenza, che ha redatto la super relazione di 245 pagine, prodotta dalle associazioni ambientaliste FAI, Italia Nostra, Legambiente, MAN e WWF Italia, nell’ambito della procedura di V.I.A. sulla mega opera.
Un impegno gravosissimo, portato a termine in appena sessanta giorni, a fronte degli anni avuti a disposizione dal General Contractor Eurolink per procedere alla stesura del progetto definitivo, in atto in mano ai responsabili del Ministero delle Infrastrutture per la raccolta degli ultimi pareri e ormai prossimo all’esame del C.I.P.E..
Si tratta, come si sa, di un progetto “definanziato” dagli ultimi due governi, tanto da far trasformare le speranze in semplici illusioni, annientando ogni certezza che si avviino i cantieri dopo le ultime misure dell’Esecutivo Monti in materia economico-finanziaria. Ma tutto ciò non è affatto sufficiente affinché sull’idea “Ponte” si possa mettere definitivamente una pietra sopra, poiché il progetto potrebbe comunque proseguire il suo iter, costi quel che costi, a danno delle finanze dello Stato e del contribuente. Ne è la riprova l’attività degli uffici, del C.d.A., e di tutto ciò che alimenta in modo disinvolto le speranze di sopravvivenza e le casse (soprattutto) della Società Stretto di Messina.
Ed ecco allora che urge porre fine a tutto ciò, andando velocemente e diligentemente per gradi, contando sul prossimo, imprescindibile, passo da compiere: far considerare dal C.I.P.E. “irricevibile” il progetto definitivo, in quanto carente, ed in modo anche fin troppo chiaro, in tantissimi punti, molti dei quali lo rendono tutt’altro che “definitivo”.
In estrema sintesi: nel progetto manca il quadro di dettaglio di opere connesse “essenziali”, come la stazione di Messina ed i raccordi ferroviari sulla sponda calabra; non vi è traccia del Piano Economico Finanziario; non viene prodotta un’analisi costi-benefici che giustifichi l’utilità dell’intervento; non è svolta una corretta Valutazione di Impatto Ambientale; non viene aggiornata la Valutazione di Incidenza, richiesta dall’Unione Europea alla luce delle modifiche compiute, sia riguardo le opere connesse, che sulla stessa struttura dell’opera, tra il progetto preliminare e quello definitivo; non si prendono in considerazione, in modo corretto, i vincoli paesaggistici e quelli idrogeologici.
Se questi elementi non fossero sufficienti per la bocciatura del progetto, alla luce, peraltro, della crisi economica in atto e del lungo e duro piano di rientro dal debito pubblico (considerando ovvia la “fuga” dei privati dall’operazione), previsto dal Governo, non si sa cosa ci riservi il futuro.
Tutte le carenze e le criticità progettuali inserite nel dossier contenente le osservazioni critiche, datato 27 novembre 2011, gli esperti le avevano portate a conoscenza in una conferenza stampa tenutasi a Roma il 20 dicembre scorso, presso una sede del Senato, alla presenza, tra l’altro, di numerosi politici.
Gli stessi argomenti, Anna Giordano del WWF Italia, l’economista Guido Signorino dell’Università di Messina ed il geologo Ferdinando Giovine, dopo Roma, li hanno ribaditi al convegno di Villa S.G.. Assieme a loro sono intervenuti, nel salone del centro sociale Baden Powel, l’economista Domenico Marino e l’ingegnere trasportista Domenico Gattuso, entrambi dell’Università di Reggio Calabria; Beatrice Barillaro, geologo, presidente della sezione calabrese del WWF; Alberto Ziparo, urbanista dell’Università di Firenze e Giuseppe Toscano di Legambiente.
I lavori sono stati coordinati da Angelo Raso, di Legambiente, che nell’introduzione, dopo aver, ovviamente, auspicato la chiusura della Società Stretto di Messina, parla subito di passaggio da “protesta” a “proposta”, rappresentando un’idea dall’indubbia valenza pratica: “Vorremmo che si riciclassero tutti gli studi finora effettuati e che fossero messi a nostra disposizione”.
Ha quindi parlato delle variazioni sostanziali delle dimensioni dell’opera, in rapporto al progetto preliminare, come, ad esempio, l’altezza delle torri, passate da 382,60 a 399 metri; dei tempi di realizzazione, confutando l’ipotesi dei 6 anni, portando ad esempio altre opere di minore entità, la cui durata dei cantieri è stata di gran lunga maggiore; ha citato i dati inerenti i flussi degli uccelli migratori, dimostrando quanto quelli riportati nel piano di incidenza (600 mila in un mese e mezzo, testati in periodo autunnale) siano qualcosa come 4 milioni e 300 mila in meno di quelli registrati dal radar nello stesso lasso di tempo in primavera. L’incredibile estensione dei cantieri (quanto 3015 campi di calcio solo quello messinese); le incongruenze sulle fonti dell’approvvigionamento idrico, di cui non v’è traccia del fabbisogno, in termini quantitativi, in nessun elaborato, sono stati alcuni degli altri punti trattati dall’ambientalista messinese.
Le cifre che descrivono l’impatto sul territorio sono enormi, e per certi versi allarmanti. Ed è stata la diffusione dei numeri sul movimento di materiale a far inorridire, più di ogni altra cosa, la platea del centro sociale villese che ospitava l’incontro: quasi 3 milioni e 700 mila metri cubi in Calabria e oltre 9 milioni e 700 mila in Sicilia, di cui oltre 8 milioni vanno in discarica, con circa 5 milioni e 300 mila di questi destinati negli impluvi. “Basti pensare – dice la Giordano – che ne bastarono appena 80 mila ad uccidere, il 1° ottobre 2009, 37 persone”. Ed erano colate di fango staccatosi dai versanti collinari, aggiungiamo noi, e non certo materiale di riporto giacente negli impluvi, le cui potenzialità in termini di pericolo, assumono valori davvero spaventosi.
Domenico Marino, docente di Politica economica, fa qualche inciso sugli argomenti già trattati dai colleghi precedenti, facendo ricorso a semplici sillogismi sulla scorta dei dati degli advisor del 2001 (progetto preliminare, gli unici forniti): “Nello scenario più ottimistico di allora, con 7 milioni di attraversamenti l’anno e crescita del PIL di 4 punti percentuali annui, con costo dell’opera di 4,4 miliardi, si raggiungerebbe il punto di pareggio in 14 anni”. A questo punto possiamo aggiornare i dati e capire il perché non è stato presentato il Piano finanziario: importo dell’opera raddoppiato, PIL prossimo allo zero, costo dei carburanti alle stelle, tempi di realizzazione lasciati all’immaginazione di ciascuno e via dicendo. Non occorre aggiungere altro. “Per anni il Ponte ha precluso ogni possibilità di far realizzare opere che servivano al territorio”, ha affermato Marino a conclusione del suo intervento.
Giuseppe Toscano, esponente di Legambiente, parla di occasioni perdute, facendo riferimento al tempo perso dietro la mega opera: “E’ necessario un cambio di passo nella riprogrammazione delle infrastrutture”, e aggiunge che sarebbe opportuno in tal senso “trasferire le competenze della Stretto di Messina S.p.A. al Ministero delle Infrastrutture”.
Sul finire dell’intervento, lancia poi un giudizio che fa comprendere chiaramente la valenza “continentale” della mega opera: “Il Ponte, con quella enorme paratia di 1milione e 350 mila metri quadri, che fa da sbarramento in mezzo al mare, disegna un suo scenario di grande periferia europea”.
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