– di Corrado Speziale –
Dall’audizione del presidente dell’ANAC, Giuseppe Busia, presso la commissione Ambiente e Trasporti della Camera nell’ambito della conversione in legge del decreto del 31 marzo, sono emerse notevoli carenze e incongruenze a vantaggio del soggetto privato rispetto a quello pubblico.
Ponte sospeso, a una campata… Fosse stato galleggiante sarebbe già affondato al momento del varo, anche a causa di un carico di contenuti non sempre dibattuti. Dall’audizione, in presenza, del presidente dell’ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione, Giuseppe Busia, presso le commissioni riunite Ambiente e Trasporti alla Camera dei deputati, sono emerse carenze e incongruenze sul piano dell’applicazione delle norme sugli appalti riguardo alla ripresa del progetto con nuovo affidamento al contraente generale Webuild, ex Salini Impregilo, al tempo Eurolink. Al centro della situazione spicca l’evidenza denunciata da Busia: ci sono troppi vantaggi a favore del contraente generale e dunque del “privato” rispetto all’interesse pubblico, il soggetto, la società concessionaria che rappresenta lo Stato. Al centro della critica sta il decreto n. 35 del 31 marzo, in atto all’esame per la conversione in legge, destinato in sede parlamentare a subire vari emendamenti.
“Non è chiara la disciplina contrattuale – rileva il presidente dell’ANAC. La procedura di gara è del 2004. L’importante è definire il codice che si applica, individuare responsabilità e obblighi del contraente generale. Evitare che la disciplina sia sbilanciata troppo a favore del privato”. Dunque, la norma basilare da rispettare quando non si vuole rifare una gara d’appalto: “L’art. 72 della Direttiva UE prevede che non si superi un aumento dell’importo del 50 per cento dal progetto originario”. Con non pochi accorgimenti: “Il vincolo impone una verifica sulla scelta di non effettuare la gara anche a distanza di tempo”, ha detto Busia.
Il caso del ponte sullo Stretto. Originariamente il progetto prevedeva un importo di circa 4,3 miliardi, lievitati nel 2012, data di caducazione del contratto, ad 8 miliardi circa. Nel DEF il governo stima il costo in 13,5 miliardi: siamo molto al di là del 50 per cento. Alla luce di ciò, il caso imporrebbe di rifare il bando per la gara d’appalto, lasciando le penali al loro destino, ossia quello della giustizia civile. Ma quale destino? Si apprende che il contraente generale ne sia uscito perdente al primo grado di giudizio e adesso attende l’appello. A tal proposito, secondo quanto previsto dall’art. 4 del decreto in questione, il contraente generale dovrà rinunciare alle penali, ma soltanto a progetto definitivo approvato dal CIPESS. “Si costituisce un elemento di valorizzazione del progetto senza subordinarlo sin dall’inizio alla conclusione del contenzioso”, rileva Busia. Così facendo, il contraente avrebbe la massima garanzia anche in caso di sconfitta in tribunale. Il presidente dell’ANAC: “Nel momento in cui il contraente generale abbia risolto il contenzioso e accettato di svolgere l’attività progettuale, deve assumersi il rischio sulla costruzione e di ogni eventuale altro elemento con penali, nel caso in cui il tempo venga sforato”. Le raccomandazioni di Busia: “Rafforzare le disposizioni dell’art. 4, in modo tale che l’eventuale mancata accettazione dalla parte privata, non comporti oneri ulteriori”. Secondo quanto si desume, il contraente integrerà il progetto e metterà lo Stato dinnanzi a nuove, proprie, responsabilità. Il rischio: nuove penali in danno allo Stato potrebbero ripresentarsi per il futuro. Stavolta a torto. E in questo campo, i rischi sarebbero elevatissimi. Volendo concedere un’ipotesi: allo stato delle cose, al fine di mantenere il precedente contratto per non bandire una nuova gara d’appalto, e dunque mantenere l’importo maggiorato entro un incremento del 50 per cento, all’orizzonte si prospetterebbe il fantasma dell’ennesima incompiuta. Un caso che collima perfettamente con la storia dello svincolo di Giostra e col “percorso” intrapreso dal porto di Tremestieri.
Busia dinnanzi ai deputati ha parlato di vincoli europei che prevedono la volontà di non svolgere una gara, unitamente a quelli finanziari: “Riteniamo che il decreto debba essere rafforzato per evitare che la parte privata abbia molti vantaggi a discapito di quella pubblica”, ha detto il presidente dell’ANAC. Sull’integrazione al progetto: “Si stabilisce che sia lo stesso progettista a fare una relazione di conformità. È utile che questa relazione sia svolta dalla concessionaria. Occorre un vaglio della parte pubblica”. Carenze e ambiguità sui costi: “Non sono definiti dal decreto. Mentre nel 2012 si subordinava la realizzazione dell’opera alla sostenibilità economica garantita anche in termini finanziari, questa nel decreto non c’è. Quindi occorrerà valutare, alla luce della relazione, quale sarà l’impatto economico dell’opera. Oggi non abbiamo una cifra ufficiale. C’è una stima nel DEF, però questo vincolo andrà guardato con molta attenzione per verificare se sulla base della Direttiva si faccia riferimento al contratto originario, al momento della gara, o a quello dell’approvazione del progetto (da parte della società concessionaria, nel 2011, ndr). Occorrerà valutare la compatibilità finanziaria rispetto al vincolo comunitario”.
Incongruenze sulle approvazioni: “Si prevede che il progetto esecutivo venga approvato con una disposizione del 1971. Ciò contrasterebbe con l’intento del decreto di aggiornare alla normativa vigente”. Le considerazioni: “Dovrebbe essere approvato da un soggetto qualificato, come previsto nel nuovo codice, esterno alla società”.
Un’altra anomalia riscontrata da Busia: “Si prevede la nomina di un cda e pure la possibilità di ri-commissariarlo. Vanno chiariti i poteri e gli elementi che il commissario dovrebbe garantire”.
Norme da modellare ad hoc, se non addirittura bypassare anche attraverso passaggi parlamentari; soggetto pubblico messo alle strette; l’ombra di un commissario, come fu Pietro Ciucci, che già avanza per decreto. Quella del ponte sullo Stretto è l’infinita storia che non smette mai di inquietare. Lo testimonia anche la principale Autorità nazionale di controllo sui lavori pubblici.
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