Il bilancio degli ultimi due naufragi avvenuti nel tratto di mare che separa le nostre coste dalla Libia sembra aver raggiunto le 240 vittime.
L’ennesima strage la cui responsabilità non è del mare o esclusivamente dei trafficanti di esseri umani ma delle immonde leggi che oggi si impongono in Italia e in Europa e che parlano solo la lingua del contrasto e del respingimento.
Si muore per l’impossibilità a salvarsi regolarmente dalle guerre, dalle catastrofi ambientali, dagli effetti delle crisi che i nostri modelli di sviluppo hanno prodotto. si muore in nome della scelta scellerata di violare tanto il dettato costituzionale quanto le convenzioni internazionali in nome di miseri egoismi alimentando una guerra fra ultimi e penultimi e lasciando che chi continua a veder crescere i propri profitti, governi indisturbato.
Qualche voce continua a levarsi, spesso fuori dal circuito istituzionale anche se le stragi perpetrate in mare vengono ormai considerate degne di poche righe anche sui grandi giornali.
E quando una organizzazione indipendente come Amnesty International, sulla base di attente testimonianze raccolte, denuncia gli abusi, le privazioni e le sofferenze a cui sono sottoposti molti di coloro che riescono a mettere piede sulla terraferma, si scatenano le reazioni isteriche di un governo e di apparati dello Stato che negano l’evidenza.
Vilolenze che avvengono in Sicilia, violazioni che avvengono anche nel porto di Catania, ormai totalmente militarizzato per impedire ad occhi indiscreti di assistere all’arrivo di chi spera di essere ormai in salvo.
Rifondazione Comunista si schiera dalla parte di chi cerca accoglienza, di coloro che provano ad offrirla non per trarne business ma perché la Siclia è da sempre terra di solidarietà, di coloro che provano ad opporsi a questo imbarbarimento che conduce sempre più nel baratro di una guerra silenziosa.
Dolore per chi è morto, alleanza con chi, ci aiuterà a migliorare questo paese.
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