Alcuni termini, quali pazzia, malato di mente, follia, li troviamo costantemente nel linguaggio comune, nelle poesie, nei racconti, ecc, ma in realtà non sono contemplati nei manuali psichiatrici.
I termini che più si avvicinano a questi significati e che vengono utilizzati nella psichiatria ufficiale, sono quelli di psicosi e schizofrenia, certo più scientifici ed eleganti, ma cosa cambia?
Direi proprio niente o quasi.
Anzi, forse potrebbe indicare un bisogno di negare il significato di questa manifestazione dell’animo umano, visto che esiste da sempre!
Dall’avvento del positivismo ad oggi, dove l’uomo è alla ricerca di verità scientifiche (nuova religione), una sorta di finzione condivisa, si tende a classificare, al più a trovare una causa che possa dare spiegazioni plausibili (eziologia) di questa malattia.
Io ritengo che con questo approccio si perda di vista il significato della malattia stessa, ciò che il malato vuole esprimere, seppur inconsapevolmente. Inoltre, nel lavorare anche con persone che soffrono di disturbi di somatizzazione, mi sono reso conto dell’analogia che c’è tra questi ultimi e la follia.
Negli psicotici o schizofrenici siamo in presenza di deliri e/o allucinazioni e questo è reso evidente dal loro eloquio, dai loro gesti e dal loro comportamento, mentre nelle persone che soffrono di disturbi di somatizzazione, è il loro corpo a delirare, cioè esprimono i loro deliri con i più disparati sintomi, una follia espressa a livello somatico.
Ma cercare le cause può essere si, utile, ma riduttivo e insufficiente. Sappiamo che hanno un “Io” debole, frantumato, un senso della realtà alterato, un conflitto tra l’”Es” cioè l’inconscio e il piano di realtà, per cui un eventuale intervento psicoterapeutico dovrebbe avere come obiettivo principale quello di rinforzare l’”Io” del paziente, oltre agli psicofarmaci.
Ma allora perché mi trovo ad incontrare persone che nonostante una bella diagnosi, una cura farmacologica, continuano a soffrire? Allora penso sia utile un approccio diverso, per esempio, cercare di capire cosa vogliano esprimere con la loro malattia!
Al riguardo, un paziente di circa 40 anni , disoccupato, senza una relazione sentimentale, con una madre svalutante, con alle spalle otto ricoveri ospedalieri per schizofrenia tipo paranoide, abuso di eroina fumata, mi ha detto:
“ …dottore, lei è il primo che esprime curiosità in ciò che le dico, che mi parla interessato a me e non alla mia malattia”, “mi da spiegazioni non scientifiche”, “non mi giudica come hanno fatto gli altri..”.
Lui mi parlava spesso di Gesù perché era il suo mito, come molti schizofrenici d’altronde, così mi sono imbattuto in questo argomento dicendogli ciò che pensavo riguardo la sua fantasia su Gesù.
Per esempio che Gesù poteva essere un eroe, un mito che rappresenta tutt’oggi l’archetipo del Sé, il sacrificio da compiere per la salvezza dell’umanità.
Portato al suo livello soggettivo, forse esprimeva il suo desiderio, di cui è stato incapace di realizzare fino a quel momento, cioè di sacrificare il suo legame simbiotico con la madre, sacrificio che gli avrebbe permesso di prendere la sua strada, la sua resurrezione.
Forse il sacrificio di Gesù rappresentava ciò che lui, su un piano personale non si poteva permettere. Ma non se lo poteva permettere perché era come un bambino bisognoso di essere riconosciuto e amato per ciò che era, e siccome tutto ciò non è stato accolto, è rimasto fissato lì, quindi non poteva progredire, non ce la faceva a prendere la sua croce.
Raggiunta questa consapevolezza, si è reso conto che l’unica via d’uscita poteva essere il riconoscere il suo senso di inferiorità compensato a livello fantasmatico dalla figura di Gesù.
Ritengo che la pazzia, espressa sotto forma di psicosi o di somatizzazioni, voglia esprimere il bisogno umano di essere riconosciuti, ma nello stesso tempo esprime l’incapacità di affrontare le difficoltà che la vita ci impone di affrontare (la croce) e quando non ci si riesce, allora la pazzia diventa l’ultima spiaggia per far sapere a qualcuno che esistiamo, l’unico modo per contrastare i giudizi degli altri, le pretese e la razionalità con cui ci sentiamo rispondere!
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