PUNTO DI VISTA – Buona, scuola, assunzioni, precari… la parola chiave è “deportazione”

Il commercialista Carmelo Gentile rilancia, approvandolo in pieno, un pezzo apparso su Repubblica. Lo posta su facebook e ne diventa testimonial ed invita tutti a firmare contro “la buona scuola”. All’anagrafe del comune di Brolo sono disponibili i moduli per la raccolta firme contro la buona scuola. Un referendum contro la riforma.

 

Amplificare la notizia, diffonderla, farne partecipi tanti. Così Carmelo Gentile rilancia – sul suo profilo facebook – un pezzo pubblicato su Repubblica a firma di Marco Lodoli. Lo fa utilizzando la piattaforma di un social. E dice: “E’ un modo per aprire il dibattito, il dialogo, far discutere più gente possibile su un problema che coinvolge tanti, anzi tutti”. E diventa, mettendoci la faccia, testimonial della protesta.

Il sistema di assunzioni della Buona Scuola sta scatenando un vespaio di polemiche: la parola chiave è “deportazione”, perché parecchi insegnanti potranno avere la tanto sospirata cattedra solo lontano da casa, dovranno fare la valigia e spostarsi dal Sud al Nord, perché è nelle regioni settentrionali che ci sono più cattedre disponibili.

“Come vorrei essere un albero che sa dove è nato e dove morirà”, cantava Sergio Endrigo tanti anni fa, e la frase è bella e commovente, ma forse il cantante non avrebbe avuto la stessa carriera se fosse rimasto con le radici piantate nel giardino di casa sua.

Tutti quanti conosciamo ragazzi che vivono con la valigia in mano, pronti a spostarsi dove c’è lavoro, dove la vita pulsa e le occasioni si moltiplicano. Londra, Berlino, Parigi, Barcellona sono piene di giovani italiani che, senza pensarci troppo, hanno abbandonato lo sterile campetto domestico per avventurarsi verso l’ignoto. Forse hanno un po’ di nostalgia, ma nessun rimpianto.

Per loro muoversi significa conoscere il mondo, incontrare gente nuova, imparare lingue diverse, allargare gli orizzonti, guadagnare meglio.

Quando si è ragazzi, la vita chiama altrove e l’altrove è sempre più interessante e seducente del tinello di casa. Ma quando si è arrivati a quaranta, a cinquanta anni, le cose cambiano.

Non sono solo le abitudini a legarci al luogo dove si vive da sempre, sono gli impegni a pesare come ancore incastrate nel fondo dell’esistenza.

A cinquant’anni si hanno figli da seguire, matrimoni da proteggere, vecchi genitori da accudire: è una lunga e implacabile serie di doveri che impedisce di mettere tre magliette e due libri in uno zaino e alzare le vele.

La mobilità è sorella della giovinezza ed è nemica della vecchiaia.

In tutto il mondo si cambia città facilmente, pare che negli Stati Uniti ciò accada sei volte almeno nella vita, ma l’Italia è un Paese anziano, acciaccato, stanco.

Troppi professori sono arrivati al posto fisso con i capelli grigi, e ora è naturale che non abbiamo più voglia di sbattersi qua e là, di affittare stanzette, di mangiare da soli in rosticceria.

La sera li aspettano a casa.

Bisogna dare lavoro e occasioni ai giovani, loro salgono volentieri sui treni che partono verso i sogni.

http://www.repubblica.it/scuola/2015/08/19/

 

 

Redazione Scomunicando.it

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