Categories: Cronaca Regionale

“SIGNORA” PREFETTO – Dopo la polemica Don Patriciello le scrive.

Il FATTO.
La scena si è svolta il 18 ottobre scorso. Ospite in prefettura a Napoli è il prete di Caivano don Maurizio Patriciello, noto come il sacerdote anti-roghi tossici.
Il parroco esplicita la condizione di assoluto allarme delle terre dell’hinterland partenopeo e casertano infestate da roghi tossici.
E lo fa rivolgendosi al prefetto di Napoli De Martino e all’omologo di Caserta, Carmela Pagano.
Commette però un errore, giudicato gravissimo: chiama “signora” la dottoressa Pagano e non “prefetto” come vorrebbe un certo bon ton istituzionale.
De Martino vede rosso e redarguisce, in modo palesemente alterato, il reverendo.
LA SCENA “IN SCENA”- LA FARSA NEL DRAMMA DI UNA POPOLAZIONE.
Da una parte un prete anticamorra, don Maurizio Patriciello. Dall’altra ben due prefetti: quello di Napoli, Andrea De Martino (che il 30 ottobre lascerà la sua poltrona), e quello di Caserta, Carmela Pagano.
Si tratta in tutta evidenza di una signora.
Ed è infatti in questi termini che don Patriciello si rivolge a lei, durante un incontro in Prefettura, a Napoli.
Don Patriciello è in piedi, atteggiamento mite e rispettoso, ma aria combattiva.
Dall’altra parte del tavolo, seduti, i due prefetti e altre autorità.
Il tema dell’incontro è l’allarme rifiuti in Campania.

“Non può chiamarci signori”

“Una mattina sono andato dalla signora – esordisce il prete – la signora è stata così gentile da ricevermi …”.

Veramente troppo per il prefetto De Martino, che sbotta, interrompendo il prete:
“Ma quale signora, è un prefetto della Repubblica Italiana.
Abbia più rispetto per le istituzioni”.
Stupore del sacerdote, che quasi balbetta: “Ma non era mia intenzione offendere, se vuole posso anche andarmene”.
De Martino alza ulteriormente i toni.
“Può anche andarsene, ma prima cerchi di capire cosa sto dicendo. Chiamandola signora l’ha offesa e ha offeso anche me”.

“Il parroco mi ha mancato di rispetto”

Mentre il prefetto inveisce contro il prete, insistendo nei suoi argomenti (grosso modo: non si può chiamare “signore” o “signora” chi rappresenta le istituzioni, è un modo per sminuirle) monta l’indignazione tra il pubblico e tra gli accompagnatori del sempre più sconcertato Patriciello.
“Signori si nasce”, esclama una donna, anzi una signora, citando inevitabilmente l’antica saggezza di Totò.
E ancora, rivolgendosi direttamente a De Martino: “Lei è prima di tutto un cittadino, abbiate voi piuttosto rispetto per i cittadini”.
Ma il prefetto, sentito da Repubblica.it, rimane fermo sulle sue posizioni: “Stimo don Maurizio, ma la sua era una mancanza di rispetto”

«In mezzo a tanti problemi, mentre nei nostri paesi tanta gente scoraggiata non crede più a niente e a nessuno, mentre la camorra ancora ci fa sentire il suo fiato puzzolente sul collo, mentre i roghi tossici continuano a bruciare come se niente fosse, il signor Prefetto di  Napoli mette alla berlina un prete perché anziché dire “signora prefetto” ha detto semplicemente “signora”»; è la conclusione della lettera che don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, ha inviato al prefetto di Napoli Andrea De Martino poche ore dopo l’audizione di mercoledì scorso in prefettura a Napoli aveva rimproverato aspramente il sacerdote, e che sotto è pubblicata integralmente).. 

Una vicenda che è stata filmata da un partecipante alla riunione, e che ha fatto rapidamente il giro del web.

Nella lettera don Patriciello ammette di essere “mortificato” di fronte alla parole di De Martino, “gridate senza motivo”. “Se a me, prete di periferia, è concesso ignorare che chiamare semplicemente “signora”, la signora Prefetto di Caserta fosse un’ offesa tanto grave, non penso che fosse concesso a lei, arrogarsi il diritto di umiliare un cittadino italiano colpevole di niente, presente in prefettura come volontario per dare il suo contributo alla lotta contro lo scempio dei rifiuti industriali interrati e bruciati nelle nostre campagne”, continua il sacerdote nella sua lettera.

Oltrettutto la “signora Prefetto di Caserta” non era per nulla sentita offesa.

fonte : la repubblica.it

LA LETTERA

“Se una cosa mi addolora è constatare che tante volte è proprio la miopia delle istituzioni, lapigrizia di tanti amministratori, il cattivo esempio di tanti politici che fanno man bassa di denaro pubblico a incrementare la sfiducia in tanti cittadini”.

“Io alla mortificazioni sono avvezzo – scrive don Maurizio -.

Spendo la mia vita di prete nella terra del Clan dei Casalesi. La mia diocesi, Aversa, è quella di Don Peppino Diana.

Quante mortificazioni, signor Prefetto. Quante intimidazioni. Quanti soprusi. Quante minacce da parte dei nemici dello Stato o di semplici delinquenti. Ma io dei camorristi non ho paura. Lo so, potrebbero uccidermi e forse lo faranno. Io l’ho messo in conto dal primo momento che sono stato ordinato prete”.

Poi si rivolge direttamente al Prefetto:

“Ha voluto mortificare il prete o il volontario impegnato sul dramma dei roghi tossici? Ha voluto insegnarmi l’educazione – a 57 anni! – o mettermi a tacere perché già immaginava ciò avrei denunciato? Le nostre campagne languono, signor Prefetto. I giovani sono scoraggiati. I tumori sono aumentati a dismisura. La gente muore. Le amministrazioni locali non riescono a tutelare il loro territorio e la salute dei loro cittadini.

E sarebbe proprio a costoro che viene ricordato il dovere di farlo. È una serpe che si morde la coda. Siamo prigionieri in questo “ Triangolo della morte”, in questa “ Terra dei veleni” dalla quale desideriamo uscire quanto prima, pur sapendo che per tanti di noi i danni alla salute sono ormai irreparabili.

Ci ripensi adesso”.

admin

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