La personale “Skené” di Giovanni Fiamingo, in mostra al Teatro Vittorio Emanuele dal 18 al 29 maggio, all’interno della rassegna “R-esistenza d’artista” a cura di Saverio Pugliatti, si apre come un vero e proprio spettacolo, con le parole di Paolo Poli: “…noi, sulla scena, siamo creature di cartone…” e sollevando il sipario ci si trova davvero dinnanzi il suo caleidoscopico universo scenico. Come scrive la storica Mariateresa Zagone, <<i personaggi di questa mostra sono ballerine, musicisti, illusionisti che si accampano su palcoscenici bidimensionali fatti di tarsie policrome, vuoti o abitati da pochi oggetti>>. Fin da subito si avverte un’inspiegabile coesistenza fra l’artificio del palco e la naturalezza del viverlo, fra la funzionalità degli espedienti visivi e l’intimistica solitudine dell’attore impegnato nel proprio monologo, del cabarettista a fine serata, rimasto solo con sé stesso. La scena, sgargiante protagonista, è così come appare, tavolozza multicolore su cui i corpi stilizzati, superando l’identità, mimano drammi più cupi e paradossalmente personali. La maschera si racconta. Il taglio netto delle pennellate, spezzate e profonde, gli spazi geometrici densi di colore e l’impenetrabilità dei volti volutamente anonimi, suggeriscono la sospensione del tempo della rappresentazione, l’indugio in ciò che umanamente e tecnicamente precede e segue lo spettacolo e che, a sorpresa, è esso stesso spettacolo. La confessione involontaria dell’artista seduto sul palco, il suo modo di maneggiare un oggetto, di accendere una lampada, di suonare uno strumento: tutto è egualmente arte, interpretazione, vita della e sulla scena. Il privato diventa inscindibile dal pubblico e per ribadirlo, Fiamingo crea una serie di opere ambientate in altri luoghi, oltre alla classica collocazione teatrale, ma che evidentemente sono e rimangono indubbiamente “scena”: il camerino, l’atelier, il circo, il cabaret, la passerella della moda. Posando lo sguardo, infine, sui suoi musicisti anni ’50, sinuose e fumettistiche “macchiette” che emergono dal fondo, non si può non pensare alle parole di Victor Hugo, quando descrivendo il teatro affermava: <<non è il paese della realtà : ci sono alberi di cartone, palazzi di tela, un cielo di cartapesta, diamanti di vetro, oro di carta stagnola, il rosso sulla guancia, un sole che esce da sotto terra. Ma è il paese del vero: ci sono cuori umani dietro le quinte, cuori umani nella sala, cuori umani sul palco>>.
di Sefora Adamovic
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