Cerimonie sacre, a ritmi di strombazzamenti che intonano marcette sensa senso detatte da coreografie fatte da costumi appariscenti – la giubba rossa e gialla ricamata da mani sapienti – he iniziano dalla vestizione che si competa, in un autentico rituale, con la “calata” del cappuccio, che è dello stesso colore rosso della giubba e dei panataloni, sul quale sono state cucite delle folte sopracciglia nere e una linguaccia pendula, che danno un aspetto schernitore e mefistofelico completato dall’elmetto di ispirazione tardo-medievale, al quale è appesa una vera coda di cavallo.
Tratti distintivi del rito la tromba e le catene legate al polso della mano sinistra. Che danno ritmo, incutono timore, rendendo i Giudei veri e propri Monatti della Fede. Elementi che servono per creare frastuono e spezzare il raccoglimento dei Fedeli intorno alla passione e morte del Cristo.
Viene spontaneo chiedersi: ma che cosa rappresentano i Giudei visto che mentre la chiesa universale commemora la passione e morte di Gesù Cristo, a San Fratello si festeggia.
Forse il contraltare del triste transitorio periodo in cui la chiesa ricorda il sacrificio del Cristo?
Quindi il Giudeo di San Fratello non è semplicemente un personaggio folkloristico, come molti pensano, non è colui che con il suono della sua tromba dà un aspetto del tutto insolito alle celebrazioni. Egli piuttosto rappresenta il crocifissore, il flagellatore e il soldato che affondò la sua lancia nel costato di Gesù e quindi bisogna vedere in tale personaggio il volto dell’uomo con l’estro che coprendosi, interpreta un personaggio animato da una carica emotiva folle e ad un tempo grottesca.
Tant’è vero che il Pitrè scriveva: “Nuova del tutto, nel ciclo delle rappresentazioni mute, è la festa dei Giudei di San Fratello dove i giovani mandriani camuffati intenzionalmente da Giudei, corrono all’impazzata per le strade facendo un vero pandemonio ed assordando la gente. A codesto ciclo sono da riportare le scene dei disciplinanti, ora non più riconoscibili nelle processioni che sono tutte di raccoglimento e di pietà dei fedeli, per quanto poi in apparenza lontana, è molto vicina in sostanza a siffatto gruppo di spettacoli…”
Il Giudeo non sa di pagano, come qualcuno ebbe a dire, è invece l’espressione di un popolo religioso, è un atto di fede, un tripudio di amore al Cristo.
Ricordandoci sempre del massimo folklorista siciliano Giuseppe Pitrè, sembra inverosimile che abbia potuto definire tale manifestazione una ridda infernale, pazzesca costumanza, mascherata fuori tempo, vera e propria profanazione. Egli aggiunge concludendo: disgraziatamente, questo costume non è cessato ancora! Smentendosi rispetto al suo modo di interpretare la tradizione delle rappresentazioni mute, o perché avrà assistito magari frettolosamente a qualche rito o per la mistificazione di qualche suo corrispondente.
Forti di una tradizione che ci appassiona sempre più, tenteremo adesso di arricchire con considerazioni e spunti la conoscenza di questo fenomeno. Benedetto Rubino nella sua pubblicazione Folklore di San Fratello ha descritto minuziosamente i costumi ed i movimenti, lasciando l’impressione che il tutto fosse semplice rumore, frastuono e marce e che alla fine del tre giorni si tornasse alla calma, senza dare una personale interpretazione.
Quindi, secondo lo scrittore, il punto di vista si allarga al di là del dramma, per una interpretazione del fenomeno in termini più attuali ed in un certo senso più realistici.
Ed allora occorre necessariamente fare un tuffo nel passato ricordando che San Fratello è una colonia lombarda, che ha lingua e tradizioni proprie, consuetudini e costumi della patria d’origine. Infatti la filosofia che ha assimilato la parlata e la cultura per oltre novecento anni, è stata salvata per quanto possibile in maniera del tutto originaria.
La cittadina dei Nebrodi è stata fondata, integrando gli abitanti greco-latini con immigrati venuti al seguito dei lombardi provenienti da Casale Monferrato con Adelaide o Adelasia degli Aleramici, dall’Alto Novarese, dalla Francia e dalla Lombardia, nel XII secolo. E mentre nelle altre colonie lombarde di Sicilia alcuni elementi originari sono scomparsi, a San Fratello vige immutato ed intaccato l’originario dialetto gallo-italico. Si assiste quindi a un rituale folkloristico carnevalesco che affonda le sue radici in un tempo remotissimo. Lo stesso Italo Sordi vede nei Giudei di San Fratello un cerimoniale inserito nella festività religiosa ma avente forti connotazioni profane, sia pure con intenti rievocativi di un episodio, non vissuto personalmente, ma assunto come antecedente fondamentale alla propria storia.
Solitamente il Giudeo amico faceva solo qualche tintinnio con la disciplina cioè con lo strumento a maglia di monete o legamenti di catene che tuttora ogni partecipante alla storica tradizione suole portare alla mano sinistra.
Vorremmo tanto riconoscere i cugini dei Giudei, ma, quanto avviene nel paese di San Fratello, insieme a tutto ciò che gli sta a corredo, sa solo di curioso e nient’altro, anche se è sempre più sorprendente la somiglianza di questo costume con quelli tipici della Val d’Aosta. Una maschera comune è la componente demoniaca che acquista in ogni tempo un importante significato per i tradizionali riti che hanno come scopo la sconfitta dello spirito del male e la purificazione, sia dell’uomo che della natura.
Nessun accostamento intenzionale si faccia con il Carnevale (che pure, a San Fratello gode di una caratteristica celebrazione): mai alcun Sanfratellano ha violato la religiosità del costume sacro del Giudeo, indossato solo ed esclusivamente nei tre giorni della Settimana Santa.
Questa festa, sotto alcuni aspetti, trova delle similitudini anche in altre celebrazioni della Settimana Santa della Sicilia. Solo per citarne alcune: “A diavulata” nel comune catanese di Adrano, e “L’abballu di diavuli” a Prizzi, in provincia di Palermo. Feste accomunate tutte, in qualche modo, dalla presenza nel mondo dell’eterna lotta del bene e del male.
Dal sito dell’Ufficio Turistico di San Fratello
http://www.comunedisanfratello.it
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