Dall’inizio della rivolta dei gilet gialli, infatti, il bilancio di morti e feriti assomiglia più a un bollettino di guerra che non a un resoconto di normali incidenti di piazza.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha mostrato molto bene quale sia il suo concetto di risposta «democratica» al dissenso.
E cioè dura repressione. Dall’inizio della rivolta dei gilet gialli, infatti, il bilancio di morti e feriti assomiglia più a un bollettino di guerra che non a un resoconto di normali incidenti di piazza.
Stando ai calcoli più recenti, in due mesi si contano ben 98 feriti gravi: 17 di loro hanno perso un occhio, mentre a 4 è stata addirittura mozzata una mano.
Questi, almeno, sono i numeri della repressione delle forze dell’ordine, che non hanno avuto remore a sparare lacrimogeni e Flash-Ball ad alzo zero.
Si tratta, ovviamente, di una lista non esaustiva, ma che comunque rende bene l’idea di che cosa è capace Macron pur di mantenere il suo posto all’Eliseo. Nella lista sono stati considerati «feriti gravi» tutti coloro che «hanno riportato fratture delle ossa, perdita totale o parziale degli arti oppure l’infezione della carne dovuta a schegge di granata».
Oltre ai numeri di cui sopra, un manifestante ha anche perso completamente l’udito, mentre ha fatto molto scalpore la morte di un’anziana signora di 80 anni, Zineb Redouane, gravemente ferita al volto da un lacrimogeno lanciato dalla polizia nel suo appartamento di Marsiglia.
La donna è poi morta in ospedale il 2 dicembre scorso.
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Elena Sempione (il Primato Nazionale)
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