Le realtà giovanili contro la gestione della commemorazione del 23 maggio. Nuova frattura con la Fondazione Falcone
‘La memoria non è un cronometro’
Non si placa la polemica seguita all’anticipo del minuto di silenzio durante la commemorazione del 33° anniversario della Strage di Capaci, tenutasi lo scorso 23 maggio in via Notarbartolo.
Dopo le scuse pubbliche di Pietro Grasso, ex presidente del Senato ed ex procuratore nazionale antimafia, a prendere la parola sono adesso i promotori del corteo indipendente che, ogni anno, attraversa le vie di Palermo con centinaia di giovani, cittadini, studenti, sindacati e associazioni.
“Prendiamo atto delle scuse di Grasso, ma non si parli di ‘papera’.
La Fondazione Falcone non banalizzi quanto accaduto”, scrivono in una nota congiunta le realtà organizzatrici: Our Voice, Collettivo Giovanile Attivamente, Giovani CGIL Palermo, UDU Palermo, Collettivo Rutelli, Sindacato Regina Margherita e Collettivo Sirio.
Il riferimento è al minuto di silenzio per ricordare Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti della scorta, osservato con oltre dieci minuti di anticipo rispetto all’orario ufficiale delle 17:58, mentre il corteo stava raggiungendo l’Albero Falcone. Una “dimenticanza” che, secondo i promotori, è stata liquidata troppo superficialmente, in particolare dalla Fondazione Falcone, che ha parlato di un errore temporale senza fornire spiegazioni più approfondite.
“Il corteo – si legge nel comunicato – era chiaramente visibile nei pressi dell’Albero, intonando lo slogan ‘Fuori la mafia dallo Stato’. Eppure, quando è arrivato, sul palco non c’era più nessuno. Autorità e organizzatori si erano già allontanati, saliti in auto e andati via, come testimoniato anche da Giovanni Paparcuri, storico collaboratore di Falcone”.
Le organizzazioni giovanili non accettano che si derubrichi quanto accaduto a una semplice “disattenzione logistica”. Per loro, si è trattato dell’ennesimo segnale di distanza tra la gestione istituzionale delle commemorazioni e il sentire autentico della piazza, della città, dei giovani e delle comunità.
“Come già accaduto nel 2023 con le manganellate – affermano – anche questa volta si è aperta una ferita profonda. Maria Falcone, presidente della Fondazione, non ha mai espresso solidarietà ai manifestanti feriti lo scorso anno e oggi si limita a un comunicato autoassolutorio. ‘La memoria non è un cronometro’, ha detto. Ma la memoria è rispetto, partecipazione, ascolto”.
Una critica diretta a un modello di commemorazione percepito come distante e autocelebrativo, che – secondo gli attivisti – continua a ignorare le istanze di chi ogni giorno cerca di portare avanti l’eredità di Falcone, Borsellino e di tutte le vittime delle mafie attraverso l’impegno civile e la mobilitazione popolare.
“La Fondazione da troppo tempo restituisce alla città l’immagine di un’istituzione chiusa, indifferente, incapace di accogliere il dissenso e la partecipazione dal basso. Serve un cambio di passo. Serve che chi ha fatto della memoria una bandiera, la onori davvero”.
Le sigle promotrici chiedono ora un incontro con Pietro Grasso e attendono una presa di posizione chiara e pubblica da parte di Maria Falcone, che – dicono – “non può più ignorare la voce della piazza”.
Il 23 maggio dovrebbe essere il giorno dell’unità, della memoria condivisa, del rinnovato impegno collettivo. Ma ciò che resta, a distanza di giorni, è invece l’amarezza di una commemorazione interrotta, anticipata, e, per molti, svilita.
il comunicato integrale
Prendiamo atto delle scuse di Pietro Grasso, rilasciate a Repubblica Palermo, in merito all’anticipazione di oltre dieci minuti del minuto di silenzio del 23 maggio scorso, durante la commemorazione del 33° anniversario della Strage di Capaci.
Prendiamo atto anche della sua disponibilità a incontrare le realtà promotrici del corteo.
Tuttavia, quanto accaduto non può essere liquidato come una semplice “papera”, come invece ha banalizzato la Fondazione Falcone con un comunicato stampa a dir poco deplorevole e offensivo, che auspichiamo venga rettificato. Alle parole di Grasso ci saremmo aspettati scuse e spiegazioni credibili e dettagliate da parte di Maria Falcone, presidentessa della Fondazione.
È troppo comodo scaricare tutta la responsabilità sull’ex senatore Pietro Grasso, quando l’organizzazione dell’evento era nelle mani della Fondazione Falcone. Era quindi anche loro responsabilità rispettare l’orario esatto del minuto di silenzio e attendere un corteo che si trovava ormai visibilmente nei pressi dell’Albero Falcone, al grido: “Fuori la mafia dallo Stato”. E invece, alle 17:58, sul palco non c’era più nessuno, e la Fondazione, insieme alle autorità, si era già allontanata a bordo delle berline, quasi di corsa, come testimoniato da molti presenti, tra cui Giovanni Paparcuri, già collaboratore di Falcone e autista di Rocco Chinnici.
Come già accaduto nel 2023, con le manganellate delle forze dell’ordine, anche stavolta si è aperta una ferita profonda, che impone una risposta da parte di Maria Falcone. All’epoca non espresse alcuna solidarietà verso il corteo colpito. E venerdì scorso si è ripetuto lo stesso copione: un comunicato stampa sterile, in cui ha cercato autoassoluzioni, affermando che “la memoria non è un cronometro”. Una frase offensiva per un’intera città, ancora sconvolta dalla strage.
È un’immagine positiva quella di centinaia di bambini provenienti da tutta Italia. Terribile, invece, è l’immagine che da troppo tempo la Fondazione restituisce alla città: quella di isolamento e indifferenza verso le istanze popolari espresse da chi, da anni, anima il corteo di antimafia sociale ed intersezionale di Palermo.
Prendiamo atto della proposta di Grasso di salire sul palco per leggere i nomi. Ma ora più che mai – dopo il recente comunicato della Fondazione – ribadiamo con forza che non saliremo mai sul palco organizzato dalla Fondazione Falcone, finché essa continuerà a invitare, alle giornate commemorative, esponenti politici sostenuti da condannati per mafia e membri del Governo che ogni giorno tradiscono la memoria di Falcone; finché non verranno denunciate – soprattutto il 23 maggio – le verità ancora taciute sulla strage; e finché la voce e le richieste delle realtà sociali che animano il corteo dell’antimafia sociale del 23 maggio non verranno accolte.
A Maria Falcone, a Grasso e alla Fondazione Falcone tutta – riprendendo le parole di unità espresse dal senatore su Repubblica – diciamo che l’unione nasce dalla coerenza. E che il rispetto delle istituzioni non significa inginocchiarsi davanti a chi quelle istituzioni le ha infangate, svuotate, piegate a interessi che danneggiano la collettività. Al contrario: significa denunciarle.
Inoltre, alle accuse della Fondazione Falcone “di trasformare un momento di memoria collettiva in un pretesto per polemiche di parte ideologica, facendo politica con l’antimafia”, rispondiamo che le nostre contestazioni e istanze si basano su fatti, anche processualmente accertati, e non su teoremi o opinioni di parte. In questo modo evitiamo la retorica e attualizziamo la memoria di Giovanni Falcone e delle altre vittime innocenti di mafia. Pensiamo che tenere viva la memoria sia chiedere per questo Paese una classe dirigente pulita e onesta, in prima linea nella lotta alla mafia, come evidentemente oggi non è.
Concludiamo ribadendo con forza che non sono solo le realtà promotrici del corteo a esigere spiegazioni vere, ma l’intera città di Palermo.
Nonostante gli attacchi ricevuti e i tentativi di ridimensionare quello che è successo, siamo sempre aperti per un confronto pubblico per costruire un’antimafia sociale e condivisa in questa città. Ci promettiamo anche di continuare a resistere e a lottare, facendo camminare nelle nostre gambe le battaglie di Falcone, Morvillo, Dicillo, Montinaro, Schifani e di tutte le altre vittime innocenti delle mafie.
Firmatari:
-OurVoice
-Collettivo giovanile Attivamente
-Giovani CGIL Palermo
-Udu Palermo
-Sindacato Regina Margherita
-Collettivo Rutelli
-Collettivo Sirio – Benedetto Croce
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