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RIMMEL – 50 Anni di storia, contraddizioni e fascinazioni trasversali

Gennaio segna il cinquantesimo anniversario di Rimmel, l’album che ha riscritto le regole della musica italiana.

 il «cane di guerra che ossi non ha»

Pubblicato nel 1975, rimase in classifica per 60 settimane consecutive, un record ancora imbattuto per un cantautore italiano. Nove tracce, 29 minuti e qualche spicciolo di musica che continuano a parlare a generazioni diverse, attraversando ideologie e sensibilità apparentemente inconciliabili.

Un’alchimia di contrasti: tra arte e politica

Registrato negli studi della RCA di Roma, Rimmel nacque in un clima di fermento sociale e culturale.

Francesco De Gregori, con la sua barba lunga e l’aria schiva, portò in sala registrazione canzoni che mescolavano poesia e impegno civile. Tra queste, Signor Hood, dedicata a Marco Pannella, Pablo, scritta con Lucio Dalla per ricordare un emigrato morto sul lavoro, e Le storie di ieri, un manifesto antifascista originariamente pensato per Fabrizio De Andrè.

Eppure, nonostante le sue radici nella sinistra italiana e il forte contenuto politico di alcune canzoni, Rimmel riuscì a sedurre anche giovani della destra radicale, inclusi coloro che si riconoscevano nell’immaginario post-fascista. Un esempio emblematico che poi De Gregori toccò con il personaggio de Il cuoco di Salò, che riflette su chi era dalla parte sbagliata.

Questo paradosso si spiega con la forza evocativa dei testi di De Gregori: le sue metafore aperte, la profondità delle immagini poetiche e la malinconia universale trascendono la politica spicciola per toccare corde esistenziali comuni.

Rimmel come maschera e verità

Ma torniamo all’Album.

Il brano omonimo, Rimmel, nacque in una sera d’estate del 1974 in un albergo milanese. De Gregori spiegò che il titolo richiama il trucco per gli occhi, simbolo di qualcosa di artefatto che la canzone vuole smascherare. L’immagine dei tarocchi – un riferimento alla Puny, prima moglie di De Andrè, che leggeva le carte a De Gregori – aggiunge un ulteriore strato di ambiguità e mistero.

Le canzoni di Rimmel non offrono risposte facili, ma invitano a interrogarsi sul senso della perdita, del destino e delle illusioni. Questa ambiguità è proprio ciò che ha permesso all’album di attraversare decenni e ideologie: ognuno può trovarci il proprio significato, sia esso un inno alla libertà o una riflessione sul disincanto.

Il successo di Rimmel non risparmiò De Gregori dalle contraddizioni del suo tempo.

Il 2 aprile 1976, durante un concerto al Palalido di Milano, fu “processato” sul palco da attivisti che lo accusavano di aver tradito gli ideali di sinistra per il successo commerciale. L’episodio segnò profondamente il cantautore, che si ritirò temporaneamente dalle scene.

Nonostante (o forse grazie a) queste fratture, Rimmel continua a vivere.

Le sue canzoni sono state ascoltate, cantate, dedicate e reinterpretate da milioni di persone, ognuna con la propria chiave di lettura. De Gregori non ha mai smesso di scrivere, di interrogarsi e di dividere, ma proprio in questa polarizzazione risiede la sua grandezza.

A cinquant’anni dalla sua uscita, Rimmel è ancora un disco capace di parlare a chiunque. Perché la vera arte non si lascia imprigionare dalle etichette: è un trucco che smaschera.

Redazione Scomunicando.it

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