ACCORDO OSCAR MONDADORI E SETTECOLORI EDITORE PER UN’EDITORIA DI QUALITÀ
Robert Brasillach, Sei ore da perdere (Oscar Moderni) sarà nelle librerie nell’ottobre 2025. Romanzo (scritto nel 1944 ma pubblicato postumo) del controverso autore francese che narra la ricerca della donna di cui si è innamorato un commilitone tra la capitale e la provincia francese durante l’occupazione tedesca. Un romanzo durissimo e perfetto, dalle tinte noir, un po’ alla Simenon.
con Robert Brasillach pubblicate opere di Jean Giono, José Maria Eça de Queiroz e Jean-Jacques Langendorf
Da sempre leader di mercato nel tascabile, gli Oscar Mondadori – diretti da Luigi Belmonte – hanno stretto un nuovo accordo nell’ambito di una più ampia politica editoriale tesa a riproporre in edizione economica importanti titoli di marchi indipendenti, seguendo una virtuosa consuetudine del mondo editoriale anglosassone e francese.
Così gli Oscar ancora una volta hanno concentrato l’attenzione su un catalogo di qualità e, dopo gli accordi avviati con NN Editore e con Clichy, è la volta di Settecolori di Manuel Grillo, editore raffinato e attento a testi mai pubblicati
in Italia o da tempo fuori catalogo.
“Siamo lieti che in futuro le nostre edizioni usciranno anche nella collana degli Oscar Mondadori. Questa collaborazione – dichiara Manuel Grillo Amministratore unico di Settecolori – che prevede la presenza del nostro
marchio in copertina, è da un lato, per la scelta dei nostri titoli, un riconoscimento della qualità della nostra attività editoriale, e dall’altro un’ulteriore quanto felice opportunità per i lettori degli Oscar, collana e catalogo d’eccellenza del Novecento italiano e internazionale.”
Si tratta quindi di un ulteriore, rilevante risultato della nostra strategia di diventare partner editoriale di case editrici indipendenti che si dedicano alla ricerca e alla proposta di novità letterarie.
Luigi Belmonte, direttore degli Oscar Mondadori, fa eco alla soddisfazione: “Proseguono i nostri sforzi di allargare il sistema delle partnership con tutte quelle realtà editoriali che fanno della ricerca e della cura il marchio distintivo della loro proposta letteraria. Gli Oscar Mondadori possono diventare un valido supporto per mantenere vivi tanti libri che meritano di essere letti anche dopo anni dalla loro prima pubblicazione”.
Tra 2025 e 2026 si prevede la pubblicazione di questi 4 titoli dal catalogo Settecolori nell’universo Oscar Moderni e Oscar Classici:
Jean Giono, Il disastro di Pavia (Oscar Moderni) maggio 2025 Il romanzo (del 1963) racconta la grande battaglia del 1525 (il cui anniversario ricorre quindi nel 2025) tra l’esercito francese di Francesco I e quello imperiale di Carlo V d’Asburgo. La vittoria delle truppe dell’imperatore (lanzichenecchi e soldati spagnoli) segna un definitivo cambiamento nelle tecniche di combattimento (la cavalleria pesante tramonta, avanzano gli archibugieri) e rappresenta un momento di svolta per il predominio in Italia. Grande autore del Novecento francese, Jean Giono entra così nella proposta letteraria degli Oscar Moderni con un romanzo che scava a fondo nelle personalità tormentate dei due condottieri e in un’epoca controversa della storia.
José Maria Eça de Queiroz, I Maia (Oscar Classici) ottobre 2025 Il Balzac dell’Ottocento portoghese racconta il destino di Carlos e dell’intera famiglia dei Maia. Tra I Buddenbrook, la Saga dei Forsythe, Il gattopardo e I Viceré: un romanzo che mette a nudo un mondo e una società, oltre a far entrare nella letteratura la città di Lisbona.
Robert Brasillach, Sei ore da perdere (Oscar Moderni) ottobre 2025 Romanzo (scritto nel 1944 ma pubblicato postumo) di un controverso autore francese che narra la ricerca della donna di cui si è innamorato un commilitone tra la capitale e la provincia francese durante l’occupazione tedesca. Un romanzo durissimo e perfetto, dalle tinte noir, un po’ alla Simenon.
Jean-Jacques Langendorf, Scende la notte, Dio guarda (La crociera dell’Emden) (Oscar Moderni) prima metà del 2026. Di un autore francese ben presente nel catalogo Adelphi, questo romanzo del 2000 si fonda su un fatto vero e racconta dell’incrociatore tedesco Emden che nell’estate del 1914 solca i mari orientali. Tra gli ufficiali a bordo, il barone Hohber, suddito dell’impero austro-ungarico e studioso del mondo arabo, ricorda la sua vita. Il presente bellico e il passato si intrecciano nel raccontare il declino e la fine, simili, dell’impero austroungarico e di quello ottomano.
Robert Brasillach, scrittore francese nato nel 1909, rimane una figura complessa e controversa del Novecento. La sua vicenda personale e intellettuale si intreccia inesorabilmente con le ombre della storia, rendendolo un simbolo delle contraddizioni e delle tragedie dell’epurazione che seguì la Seconda guerra mondiale. Fucilato il 9 febbraio 1945 a soli 36 anni per il suo ruolo nella propaganda collaborazionista e per i suoi scritti antisemiti, Brasillach è al centro di un dibattito che ancora oggi solleva interrogativi sul rapporto tra colpa, espiazione e giustizia.
Brasillach nacque in una famiglia borghese e mostrò presto una spiccata inclinazione per la letteratura e la polemica. Frequentò il prestigioso liceo “Louis-le-Grand” e successivamente si guadagnò l’ammissione all’École Normale Supérieure, il vertice del sistema educativo francese. Giovanissimo, si avvicinò all’Action Française e all’ideologia di Charles Maurras, il teorico del nazionalismo integrale. Questi influssi lo portarono a collaborare con la rivista Je suis partout, noto organo dell’antisemitismo francese, che negli anni Trenta e Quaranta divenne un punto di riferimento per l’estrema destra collaborazionista.
Il collaborazionismo e il processo
Durante l’occupazione nazista della Francia, Brasillach non si limitò a scrivere: abbracciò la causa collaborazionista e, attraverso articoli intrisi di antisemitismo e propaganda filo-tedesca, divenne una voce di spicco tra gli intellettuali al servizio del regime di Vichy. Tuttavia, durante un viaggio nell’Europa orientale, Brasillach rimase sconvolto dalle atrocità commesse contro gli ebrei e dichiarò di non voler più trattare il tema.
Nel 1944, con la liberazione di Parigi, lo scrittore si consegnò volontariamente alle autorità dopo che sua madre fu arrestata. Il suo processo, svoltosi nel gennaio 1945, durò poche ore. La giuria, composta anche da persone che avevano subito direttamente la brutalità dell’occupazione nazista, lo condannò rapidamente a morte. La supplica per la grazia, firmata da illustri intellettuali come François Mauriac e Jean Cocteau, venne respinta dal generale Charles de Gaulle, che ritenne necessario un esempio pubblico per il tradimento rappresentato da Brasillach.
L’epurazione e il dibattito postumo
La figura di Brasillach è una delle più emblematiche della cosiddetta épuration, il processo di purificazione politica e morale avviato in Francia dopo la guerra. Mentre molti collaborazionisti furono puniti con pene detentive o subirono umiliazioni pubbliche, Brasillach fu uno dei pochi intellettuali a essere condannato a morte. La sua esecuzione sollevò dubbi e polemiche: fu punito per i suoi crimini o per le sue idee? La pena di morte per uno scrittore – per quanto coinvolto nella propaganda – era proporzionata o esemplare?
Nel dopoguerra, Claude Jamet, uno scrittore suo contemporaneo, rifletté amaramente sul destino di Brasillach. Pur non condividendone le idee, ne lodò il coraggio nell’affrontare la morte. Jamet ricordò l’amico con parole struggenti, sottolineando la loro giovinezza condivisa e la complessità dell’uomo dietro l’ideologo. “Non so, non voglio sapere se è stato colpevole o a che punto. So soltanto che è stato coraggioso alla fine, che è restato in Francia laddove avrebbe potuto fuggirsene altrove”, scrisse nel suo libro Fifi Roi.
Oggi, il nome di Robert Brasillach divide ancora. Da un lato c’è chi vede in lui il simbolo della giustizia severa, ma necessaria, contro i traditori della patria. Dall’altro, c’è chi lo considera una vittima sacrificale, punita più per le sue idee che per i suoi atti. Resta però incontestabile che, nell’ora più buia, Brasillach scelse di affrontare il suo destino con dignità, rifiutando di fuggire e accettando la condanna con fermezza.
Il suo caso rimane una lezione per riflettere sulla fragilità dell’intelletto umano di fronte al potere e sull’importanza di distinguere tra colpa morale e giuridica. Al di là delle sue idee, ciò che rimane di Robert Brasillach è il coraggio nell’ora fatale, un epilogo che continua a interrogare le coscienze.
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