Le origini di Saracena, nel parco del pollino, in calabria, si perdono nella foschia del passato ed acquistano sapore di leggenda.
Si vuole che discenda dall’Antica Sestio, fondata dagli Enotrii, come riferiscono Stradone, Stefano di Bisanzio e Padre Fiore, nella sua “Calabria Illustrata”, (così parla di Saracena) “Terra antichissima è la medesima che già fiorì col nome di Sestio, edificata dagli Enotrii”.
Secondo i calcoli del suddetto Padre Fiore, Sestio sarebbe stata fondata intorno al 2256 a.C., e nel 900 dell’era cristiana, venne conquistata dai Saraceni i quali vi fissarono la loro sede.
Ma poco dopo, l’esercito imperiale di Costantinopoli assalì e distrusse la città. A ricordo di questa leggenda, raffigurata anche in un antico affresco sul frontespizio della cappella di S. Antonio e nella sacrestia di S. Maria del Gamio, nel timbro comunale e nel gonfalone di Saracena, viene raffigurata una donna che fugge, avvolta in un lenzuolo, con intorno la scritta: “Universitas terrae Saracinae”.
Il nuovo paese, sorto successivamente intorno al castello baronale, cinto di mura e fortificato di quattro porte ( Porta del Vaglio, Porta S. Pietro, Porta Nuova e Porta dello Scarano ), con l’arrivo dei Normanni, diventò dominio feudale.
Il Feudo di Saracena, valutato quarantamila ducati, appartenne ai Duchi di S. Marco e poi ai Principi di Bisignano. Alla fine del 1600 fu acquistato all’asta pubblica, per 45.000 ducati, dal Duca Laurenzana Gaetani, il quale, intorno al 1613, lo cedette ai Signori Pescara di Diano. Dopo la morte del Duca Pescara, avvenuta nel 1515, il Feudo di Saracena passò sotto il dominio dei Principi Spinelli di Scalea, dove vi rimase fino al 1806. Ma, il 14 Agosto di questo stesso anno, per volere di Napoleone Bonaparte, fu emanata la legge eversiva della feudalità, con la quale questa veniva abolita. I suoi feudatari abitarono il maestoso castello fino al XIII secolo.
Edificato nel punto migliore del paese, abbracciava con la sua imponenza un ampio scorcio paesaggistico: le rive marine da quelle di Cerchiara fino a Capo dell’Alice, le montagne della Sila, la Valle di Cosenza e tutti i paesi che vi stanno intorno. Questo castello, originariamente era dimora di illustri personaggi, conteneva sale lussuosissime ricche di preziosi ornamenti; era bella a vedersi soprattutto la cosiddetta “ministalla”, cioè un ampio locale per cavalli.
Tradizioni e folclore
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