La vicenda che è sconcertante, ma rischia di diventare un pericoloso precedente per la libertà di stampa.
Il fatto possiamo riassumerlo così: Tempostretto è stato citato in giudizio e dovrà comparire davanti al Giudice di pace a fine aprile per non aver pubblicato una riflessione che un singolo cittadino (in particolare un avvocato) ha inviato in redazione tramite mail.
“In gioco c’è – come scrive Rosaria Brancato responsabile della testata messinese – non soltanto la nostra professionalità, ma la libertà di stampa che consente al giornalista di decidere cosa pubblicare o meno nella testata per la quale opera, che non è e non sarà mai UNA BACHECA”.
Nell’atto di citazione si legge che il comportamento della testata, alla quale il 22 ed il 26 dicembre 2018 era arrivata una mail con la nota da pubblicare ” fotografa un sistema di informazione a livello locale di stampo bulgaro, trae origine dal rifiuto o meglio dall’impossibilità riscontrata dallo scrivente, nel pubblicare una segnalazione sugli effetti della nota sentenza a S.U. 32781/2018, sulla tornata elettorale in corso per il rinnovo della composizione degli ordini forensi. Ad essere violato dalla condotta delle testate giornalistiche che si evocano in giudizio, è il diritto del singolo ex. art. 21 Cost. alla libertà di manifestazione del proprio pensiero, che costituisce misura del grado di maturità di un sistema democratico. Ora se è vero che il titolare della testata giornalistica ha una discrezionalità nella scelta delle notizie da pubblicare, ciò non significa che questa discrezionalità possa essere equiparata a libero arbitrio, degradando la funzione pubblica di informazione che viene chiamato a svolgere”
Quindi viene richiesto che “siffatta discrezionalità vada sindacata dal giudice, nella misura in cui l’uso che se ne fa non assicuri un’informazione obiettiva, perseguendo di contro nelle scelte, finalità apertamente protezionistiche di soliti gruppi o poteri forti. Ed il risultato di detto sindacato dovrà sfociare oltre ad una condanna risarcitoria, simbolica, il cui ricavato sarà devoluto ad opere di bene. In ogni caso si segnala, che i fatti che avanti più compiutamente si esporranno, sono stati già rappresentati al garante per l’editoria …”
Andando oltre a questa citazione in giudizio, e per questo il motivo che ci schieriamo dalla parte di TempoStretto, è che qui si rischia di aprire una falla enorme e che il “caso” posso diventare un pericolosissimo precedente per la libertà di stampa nel nostro Paese.
Se ogni singolo cittadino, consigliere, politico, associazione, sindacato, movimento, gruppo, istituzione, cda, ente, amministratore, artista, scrittore, cantante, pittore, che dopo aver mandato a vario titolo un comunicato, riflessione, foto, recensione, documento, dichiarazione, alla redazione di un giornale e non vedendolo pubblicato decidesse di CITARE IN GIUDIZIO il giornale per violazione dell’art. 21, sarebbe la fine della libertà di stampa e della nostra professione.
Ogni redazione ha il diritto a decidere cosa pubblicare e cosa no, ad approfondire o meno quel che ci arriva in redazione, tagliare parti irrilevanti, insomma decidere o meno se cestinare o meno, o non fare il copia incolla.
Rivendicare la libertà di scelta, su cosa pubblicare o meno, è quello che fa la differenza tra fil fare il nostro mestiere e la bacheca di facebook.
Chi in cerca di una bacheca può affiggere le sue riflessioni dove ritiene più opportuno e nei tempi che più gli piacciono.
A fine aprile speriamo che il giudice di pace sancisca questo diritto altrimenti potremmo- in parallelo- trovarci a scrive di un cittadino che denuncia Alitalia che gli ha negato un biglietto gratis, comprimendo la sua libertà di spostamento garantita dalla Costituzione.
La redazione