Giuseppina Mondello Letizia, per tutti la “Maestra Letizia”. Una vita vissuta intensamente, in maniera unica, in piena simbiosi con la sua storia personale e familiare, ha insegnato per quasi mezzo secolo, centinai di giovani scolari, quelli dal grembiule bianco, sono stati suoi alunni. A Brolo,ma non solo, era un’istituzione. Se n’è andata d’Aprile, aspettando “Sora nostra morte corporale”, con cristiana rassegnazione, da devota a San Francesco qual’era. Il prossimo anno ricorreranno 20 anni da quando ha ultimato le sue “lezioni di vita”
“Oggi ho preso servizio in una prima classe che mi è stata ceduta dalla signorina ins. Ferrante Maria e per la prima volta mi son trovata in mezzo ad una trentina di bimbi pendenti dalle mie labbra. Mi son sentita allora invadere l’animo da un vago senso di scoraggiamento pensando quanto arduo e difficile è il compito del maestro, il quale non deve soltanto insegnare ai suoi alunni a leggere ed a scrivere, ma deve anche plasmare le loro anime al bello ed al buono. Entusiasmata, allora, di una ‘si nobile missione, guardo i piccoli che mi stanno innanzi per i propositi più saldi e più duraturi, volendo formare in essi l’uomo del domani che farà grande la Patria sua. E come madre che ama i propri figli e li educa con un metodo che mai nessuno le ha insegnato, così io, con il metodo dettato dall’affetto, dall’amore verso quelle piccole anime inesperte, cercherò di trovare la via di quelle anime per giungere alla sublime meta”.
Cronaca della Scuola – Fatto Notevole.
Ramacca-Giardinelli, 13 Ottobre 1927.
Firmato: Insegnante Giuseppa Mondello.
Si trattava del suo primo giorno di scuola “regolare”, dopo l’abilitazione magistrale conseguita all’Istituto “G. Turrisi Colonna” di Catania nell’Anno Scolastico 1923/24, dove era approdata a conclusione degli studi ad Acireale.
Così prendeva il via la vita scolastica di Giuseppina Mondello Letizia, per tutti la “Maestra Letizia”. Una vita vissuta intensamente, in maniera unica, in piena simbiosi con quella sua personale e familiare, per quasi mezzo secolo.
Per lei era questo il “fatto notevole” di quel primo giorno di scuola da insegnante: incidere nero su bianco, con penna e calamaio, su quella prima pagina di registro dalle effigi reali, la sua promessa di impegno di una vita, a qualunque costo, veicolata attraverso tenerezza ed emozioni.
Erano i primi anni della Riforma di Giovanni Gentile e Giuseppe Lombardo Radice (Una riforma seria, rivoluzionaria altro che quella di Renzi dei nostri tempi).
Gli anni dell’idealismo, che lei, giovanissima, visse ed interpretò comunque nel migliore dei modi, non dando al dogma dell’ideologia nulla oltre quanto fosse dovuto.
“La scuola ce l’avevo proprio nel cuore. Ho incontrato bravi alunni, intelligenti, ma ne ho pure incontrati con la mente ‘traviata’. Qualcuno era stato persino abbandonato dalla madre. Un ragazzo, in particolare, di cui mi presi cura, da grande mi disse: maestra, lei è stata la mia mamma…”.
Consegnò questa sua testimonianza, nel 1995, al giornalista Gianni Giuffrè che la riportò in un video proiettato in occasione del Premio alla Carriera, consegnatole quell’anno dal Rotary Club di S. Agata Militello.
Giuseppina era nata nel 1906 a Giardinelli, l’attuale Castel di Judica, paese dell’entroterra catanese, luogo che vive di agricoltura e pastorizia: cereali, soprattutto grano, carciofi (“cacocciole”, famose quelle di Ramacca, comune cui apparteneva Giardinelli).
Ma su quella terra arsa dal sole, tappezzata da quadrati di zolle dai mille colori, a scacchiera, in mezzo a vecchie cascine, un tempo si coltivava anche il prezioso cotone.
Giuseppa era la quinta di otto figli, ed anche la sua famiglia, come tante, a quel tempo, visse il dramma dell’emigrazione: un fratello andò in Francia, l’altro in Uruguay, entrambi in giovanissima età.
Con il primo si son mantenuti vivi i rapporti, mentre il secondo ha potuto riabbracciare le uniche due sorelle ancora in vita soltanto in occasione del suo primo e unico rientro in “terra madre” nel 1989, dopo ben 72 anni dalla sua partenza: un ricongiungimento dai contenuti affettivi ed emozionali, neanche a dirlo, davvero straordinari.
Quella giovane maestra, al suo paese, conobbe Francesco, “Ciccio”, Letizia, carabiniere dell’Arma Regia, e piccolo proprietario terriero, originario di Naso, che sposò nel 1932.
I due andarono così a vivere a Santa Carrà – area poco distante da Ponte di Naso-tra i giardini in una casa lambita ora dal mare, che divenne presso punto di incontro e “salotto” per tanti, e Giuseppina Mondello prese ad insegnare nelle contrade del comune nebroideo.
Dopodiché, alla nascita dei tre figli, Francesca, Maria e Nino, la coppia si trasferì a Brolo, in Via Palermo, ai piedi della parte antica del paese, sotto il castello.
Qusi un segno del destino.
Infatti, neppure a farlo apposta, la casa si trovava a pochi metri dal luogo dove qualche anno dopo sarebbe sorta la Scuola Elementare del paese.
Fu così proprio a Brolo che si articolò la fase di vita più lunga e significativa per la maestra Letizia e la sua famiglia.
Il marito prestava servizio fuori, per cui ella dovette affrontare proprio a Brolo, da sola, con i figli piccoli, tutte le drammatiche vicissitudini della seconda guerra mondiale, culminata con i bombardamenti e lo sbarco degli Alleati nel 1943.
Il tutto aggravato dalle condizioni della dolce e inseparabile Franca, la figlia maggiore, affetta da sindrome di Down che la madre ha dovuto seguire ed accudire in maniera particolare per 47 anni.
“Franca mi ha insegnato ad amare tutti di più, specialmente chi era in difficoltà. Così, per me, anche le cose brutte finiscono bene”, disse ancora in quell’intervista, con voce rotta dalla commozione, concludendo con la massima espressione di fede per un cristiano: “Il Signore ha voluto così….”
La “Maestra” Letiizia – difficile rammentarla con i suo nome da battesimo – era una signora autorevole, elegantemente icona del suo tempo, carismatica, che sapeva essere anche dolce, cordiale, generosa e al tempo stesso rigorosa.
Colpiva il suo sguardo, che a noi alunni, incuteva timore.
Osservava, non le sfuggiva nulla, e i ticchettio dei suo tacchi entrando nella scuola di via Roma era la fine di risatine e giochi e le figurine erano meglio riporle subito nelle cartelle. E questo valeva anche per gli altri Maestri.
Una donna religiosissima che chiunque l’abbia conosciuta ricorda come mamma, moglie, ma soprattutto, “maestra”. Una che ha “sposato” la scuola elementare facendone un’autentica ragione di vita: vi ha insegnato 43 anni.
Nella sua vita ha sempre alimentato il senso cristiano dell’uguaglianza e della solidarietà verso gli ultimi, i più bisognosi.
Anche per questo metteva in moto ed alimentava processi morali difficilmente controvertibili.
Era fervente francescana e pacifista, pur nutrendo da sempre sentimenti romantici e patriottici, mai nostalgici.
Faceva beneficenza, quantunque non lo desse mai a vedere.
I suoi metodi erano ben connotati: per questo può essere considerata un’antesignana della nonviolenza.
Per non parlare dei suoi ideali antirazzisti, alimentati sempre da una visione del mondo estremamente libera, moderna e mai condizionata da pregiudizi, anche accettando taluni atteggiamenti oltremodo audaci che la storia spesso ci ha regalato.
Riusciva, insomma, a proprio volere, a farsi una ragione delle cose in cui credeva.
Ne è la riprova la sua ammirazione per Joséphine Baker, la ballerina afroamericana che negli anni trenta, facendo leva sul colore della sua pelle “rivoluzionò” l’Europa e affascinò le notti parigine.
Anche per questo, la maestra, recatasi a Parigi negli anni sessanta, dove il fratello Nino possedeva una rivendita di giornali all’Étoile, volle assistere allo spettacolo al Folies Bergère, teatro che celebrò per decenni la diva nera più famosa e di sempre.
Nel campo educativo, anche extrascolastico, invogliava tanti ragazzi a leggere Cuore, Senza famiglia, I Ragazzi della via Pal.
I Romanzi del tempo.
Romanzi struggenti ma fortemente educativi ai valori che lei praticava, cui teneva tantissimo.
Amava la letteratura ed era una donna di Cultura.
Parlava sempre dei suoi conterranei Verga e Capuana; l’opera lirica: era una “fan” di Vincenzo Bellini ed ammirava Maria Callas; il Teatro siciliano: stravedeva per Nino Martoglio e Angelo Musco; la poesia: adorava Carducci, Pascoli, D’Annunzio; la lingua francese: non ricorreva ad alcun traduttore nei suoi scambi epistolari con Andrée, la cognata parigina.
Amava lei stessa comporre poesie, appuntare i propri pensieri, compilare diari, scrivere e ricevere lettere, intrattenere rapporti con tante persone, tra cui paesani emigrati all’estero, vecchi colleghi insegnanti, religiosi, ex alunni che avevano lasciato il paese.
Coltivava amicizie a 360 gradi, dall’operaio all’intellettuale, dal professionista al politico.I suo tee con le amche erano un rito.
In paese, anche in virtù del suo lavoro, conosceva e frequentava tutti.
Generazioni e generazioni, con varie centinaia di bambini, sono passate dal suo insegnamento.
Un grembiule bianco contraddistingueva la sua classe.
Quasi un marchio di origine.
Anche fuori Brolo, sia per la sua storia personale, sia per le attività sociali che svolgeva, vantava amicizie interessanti e particolarmente variegate.
Si ricorda quella con Nino Pino Ballotta, scienziato, accademico, poeta e uomo politico di Barcellona P.G., deputato del Partito Comunista -poi anche candidato a sindaco di Brolo nell’UpB – , conosciuto attraverso la sorella Giulia, insegnante a Brolo;
Francesca Riccioli, nobildonna catanese, contessa di Monte Lauro e poetessa, la quale le scriveva: “Ho la Letizia di avere un’amica…”;
Prospero Grasso, suo compaesano emigrato a Rosario e a Cordoba, in Argentina, dove era titolare della cattedra di Letteratura Italiana all’Università.
Quest’ultimo, in particolare, viene ricordato per essere uno dei più grandi studiosi di Dante Alighieri, specialità per la quale è stato insignito di varie onorificenze.
Grasso, che era anche scrittore, storico e giornalista, vantava un curriculum ricchissimo, tant’è che fu un punto di riferimento per la popolosissima comunità italiana in Argentina.
Fervente cattolico, quando si recava in Terra Santa faceva sempre tappa nella sua amata Sicilia, soffermandosi nel “buen retiro” di Santa Carrà, ospite dell’amica “Peppina”, dove trascorreva intere giornate immerso nelle sue letture, all’ombra degli alberi di limone, a pochi passi dal mare.
Di recente, a Castel di Judica, un museo è stato allestito in suo nome, dove fanno mostra di sé anche tante lettere, tra cui quelle scritte alla maestra Letizia.
La scuola di Brolo, per decenni, è stata “identificata” con la figura di Giuseppina Letizia.
Questa infatti era la persona di riferimento per insegnanti, scolari, famiglie e istituzioni.
Teneva e governava lei stessa le chiavi della scuola e talvolta non rispettava né giorni né orari, purché le cose andassero per il verso giusto.
Era la “Fiduciaria”, perché Brolo, non essendo al tempo sede di Circolo didattico, necessitava di qualcuno che quella scuola la dirigesse “sul campo” e in qusto ruolo conobbbe tutti i direttori, gli ispettori, i provveditori ma anche ministri e sottosegretari del tempo.
Era la direttrice del Centro di Lettura, istituito a quel tempo nella scuola, unico luogo sede di una biblioteca pubblica allo scopo di avviare alla lettura e alla conoscenza chiunque ne avesse necessità e possibilità.
Inoltre, c’era una “refezione scolastica” per la quale occorreva una guida costante che ne garantisse il funzionamento ed un “Patronato”- diretto dal “Commendatore” avvocato Peppino Gembillo – che con l’Eca, fornisse i sussidi ai più bisognosi.
Era la scuola del tempo, che scolarizzava tanti, in una Brolo che vinceva la sua battaglia contro l’analfabetismo.
Era la scuola dove c’erano le differenze sociali, si avvertivano le differenze che vigevano anche tra frazioni e centro, era la scuola di Donna Carmela, ma anche dei maestri La Monica, Defonso, Maneri, di Lina Randazzo, Ernesto Damiano, Sarina Princiotta, Saro Scaffidi, Mimmo Siracusano, ed ancora di Nino Speziale, del buon maestro Chillari e della La Mantia, della maestra Bianca, di Adele Condipodero, giù all’asilo, di Tina Manganello, Tanina Tuneo e di un giovanisimo Pippo Condipodero.
Era la scuola dove, nel pomeriggio, il maestro Mosca teneva le sue lezioni di musica, dove c’erano ancora i corsi serali per gli operai, la “differenziale” nelle zone periferiche. Dove non c’erano sculabus, si stava dietro la lavagna, in ginocchio per punizione,i gessetti si portavano a casa come trofei, ed il cortile, a dispetto di vigili e pseudo controlli, era l’unico luogo, in paese, dove giocare a pallone.
Insomma, era una “scuola dal volto umano”, quantunque quel “volto” non fosse poi così scontato: necessitava, infatti, di figure di riferimento affidabili e durature, in grado di cercar di appianare le dure differenze di classe e le difficoltà del tempo.
Brolo e le istituzioni scolastiche avevano così trovato nella maestra Letizia la persona di riferimento: calma, autorevolezza e senso di responsabilità, nel segno dell’umiltà e della dedizione al lavoro, erano gli ingredienti giusti per “traghettare” una scuola che doveva lasciarsi alle spalle le macerie della guerra per proiettarsi verso la modernità già allora fatta di contrasti e speculazioni.
Un passaggio obbligato e necessario. Che lei assolse.
Restano proverbiali, in tal senso, gli straordinari rapporti di lavoro intrattenuti con il Direttore Didattico di Capo d’Orlando Antonino Lo Presti, suo ultimo dirigente, persona di alto spessore umano e professionale.
Questo, l’aneddoto che racchiude in sé il senso compiuto della figura di Giuseppina Mondello Letizia.
Negli anni ’60 una madre chiese al proprio figlio: “Cosa vuoi fare da grande?” E lui rispose: “La maestra Letizia…!”
Raggiunta la pensione nel Febbraio del 1974, venne celebrata dai colleghi come colei che “dalla casa portò nella scuola la dolcezza materna e così avviò come figli al bene e al sapere gli alunni che la ricordano e la amano”.
La “maestra” proseguì per altri 22 anni a svolgere la sua attività di madre, moglie, nonna e poi bisnonna, di attivista “terziaria” francescana, di persona aperta ed interessata ai destini del mondo e verso gli altri. E’ rimasta sempre amica di tutti e punto di riferimento di tante persone che fino all’ultimo l’hanno frequentata e rispettata.
Se n’è andata nell’Aprile del 1996, aspettando “Sora nostra morte corporale”, con cristiana rassegnazione, da devota a San Francesco, spesso preferendo la quiete di una sempre ritrovata Santa Carrà alla casa del quartiere Kennedy dove alla fine si trasferì con Maria la figlia che la seguiva, con affetto sempre,come un’ombra.
Il prossimo anno ricorreranno 20 anni da quando ha ultimato le sue “lezioni di vita”.
foto tratte dall’archivio personale della famiglia Letizia e Speziale e dall’archivio storico Pidonti
Su “scomunicando” esiste una rubrica “brolesi” che parla e narra dei fatti, dei luoghi e degli “Uomini” di Brolo.. per chi vuole passarsi il tempo basta cercare in archivio, emergerenno ricordi, passioni, sogni…aspettiamo le vostro foto i vostri sugerimenti per raccontare, insieme, la vita “vissuta” del paese, prima che la memoria che va via la cancelli per sempre.
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Alcuni titoli
A Proposito del Giro – Quando passava da Brolo, e Moser era testimonial delle gare che i brolesi organizzavano
CAMERA DEL LAVORO – QUELLA DI BROLO È “UNA FUCINA DI FORMAZIONE”
BROLO “GELATO EXPO” – CHI CI SARÀ! ( storia dei bar di Brolo)
BROLO & LA GRANDE GUERRA -“CHI DIEDE LA VITA EBBE IN CAMBIO UNA CROCE”
ANTICA BROLO – LA LEGGENDA DU SUGGHIU
LA STAZIONE & BROLO – L’ULTIMO TRENO
Brolesi – L’atto di eroismo di Basilio Napoli
Brolesi – “All’ombra dell’ultimo sole”
Arturo Caranna – Un brolese “sovversivo”
BROLESI – La neve del ’62 in attesa del “Big Snow”
“Amarcord” Brolesi – Le Moto e i Vitelloni
RICORDI BROLESI – Vent’anni. Quando la Tiger li festeggiò al Gattopardo
Poeti Brolesi – Vittorio Ballato
BROLO AMARCORD – Ecco la “Scuola”
“RITAGLI” BROLESI – La Tiger va in Promozione
BROLESI – E loro andavano all’Università
Brolesi – “Peppinello”
AMARCORD BROLESI – La prima sagra del pesce, erano appena iniziati gli anni ottanta
BROLESI – Indaimo e gli altri in consiglio comunale
Brolesi – Santa Lucia del ’41, quando “Ciccio” s’inabissò
BROLESI – Piccoli meccanici … era il 1955
BROLESI CHE VANNO VIA – Mariano Scarpaci il “compagno” imprenditore
BROLESI – Ricordando Carmelo Ricciardello, “inghiottito dal fango” nell’alluvione di Scaletta
STORIE BROLESI – Il “Barone” del mare
BROLO, BROLESI E IL CARNEVALE – Ettore Salpietro, uno scienziato nella tradizione della “festa”
DOLCEZZE BROLESI – Armando finisce tra i quaranta pasticceri fotografati da Giò Martorana
BROLESI – Nino Capitti, “maestro pasticcere”
BROLESI – E piazza Nasi divenne piazza Mirenda
BROLESI – Tra ironia e amarcord
Brolesi – La Bidella
BROLESI – “Reverendi”
BROLESI – Don Carmelo, il “primo” telefonista
BROLESI – 1 milione di kilometri con l’Onorevole.
BROLESI – GIUSEPPE BELLANTONI UN GRANDE BARITONO “DIMENTICATO”
Brolesi – Morire per un lavoro.
LUTTI BROLESI – E’ morto uno dei “padri” del sindacalismo sui Nebrodi.
Brolesi: A “Puntidda” – L’oste di Lacco, che ha attraversato un secolo … va via.
Brolesi: Joe Ziino – Un “pezzo” di paese che va via… in America
CINEMA E UOMINI – I Vitelloni “Brolesi”
11 e 12 agosto 1943 – i Brolesi e la Guerra. Gli americani, gli sfollati, le bombe mentre Santo Campo, dieci anni, moriva sotto una jeep
Brolesi – “Pezzi di Scuola” che scompaiono.
Brolesi, Pippo Cipriano – Pescatore, “bandito & pentito”… è morto
“Le piene del torrente e della vita” – Presentato a Brolo il libro di Antonino Speziale
NINO SPEZIALE – “Le piene del torrente … e della mia vita”
Mangiar Bene – A Brolo c’è, da sempre, “La Quercia”
Brolesi – La buona pesca
Brolo e la Guerra – A 70 anni dallo sbarco
4 novembre a Brolo – Carmelo Giuffrè e gli altri
BROLO & LA GUERRA – Le foto dello sbarco
BROLO – Si celebra, tra antimilitarismo e commemorazioni storiche, lo sbarco americano del 1943
BROLO – Ordigno bellico rinvenuto in mare a Malpertuso, ultimo testimone dello sbarco degli alleati
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Personaggi – Brolo: l’ultimo saluto a “don Nunzio” Giuffrè
CIAO VINCENZO – Ieri i suoi funerali a Brolo
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e ancora tanti altri…..
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