Un’interrogazione al Ministro dell’Interno, quella della deputata Piera Aiello, membro della commissione giustizia della Camera e componente della commissione parlamentare di inchiesta sulle mafie, accendi i riflettori sulla Fai, certamente la più nota tra le associazioni antiracket e antiusura d’Italia.
A darne notizia è stata con una nota l’Agenzia AGI e poi con un comunicato stampa la stessa Piera Aiello
«Chi è tuttora sottoposto a indagini penali può assumere un ruolo apicale all’interno di un’organizzazione antiracket e interloquire ai massimi livelli istituzionali in rappresentanza della stessa?».
È quanto ha dichiarato, chiedendoselo prima lei, e poi domandandolo ai vertici del Viminale, l’on Piera Aiello – che ha ricevuto anni addietro la cittadinanza onoraria brolese – da anni sotto scorta per minacce mafiose.
Lei è esplicita.
«È il caso di Mario Ceraolo Spurio, già vice questore aggiunto della Polizia di Stato [oggi in pensione da quel ruolo e libero professionista come avvocato – ndr] e attualmente vicepresidente della F.A.I. (Federazione Antiracket e Antiusura Italiana).
Per la Aiello “la normativa vigente prevede controlli stringenti sui requisiti soggettivi degli appartenenti alle associazioni antiracket, in mancanza dei quali andrebbe negata l’iscrizione all’albo prefettizio o disposta l’immediata cancellazione» e aggiunge «Eppure Ceraolo Spurio, non solo risulta iscritto ad una associazione antiracket aderente alla F.A.I., ma addirittura riveste funzioni di direzione e rappresentanza dell’organizzazione intera [vice presidente vicario della Fai dal maggio 2019].”
“Per questo – afferma la Aiello – ho depositato un’interrogazione a risposta scritta al ministro dell’Interno, affinché chiarisca la posizione della Fai”.
Nei fatti l’onorevole chiede che la Fai valuti l’opportunità di rimuovere Ceraolo dal ruolo assunto nell’organizzazione.
Per l’on. Aiello, eletta col Movimento 5 stelle e poi, a settembre, transitata al gruppo misto, non sussistano attualmente “quei requisiti soggettivi”.
Piera Aiello sollecita il ministro a chiarire se la Fai risulti tuttora iscritta all’albo prefettizio, “di quali strumenti disponga perché siano evitate situazioni di questo genere, che recano danno alla stessa immagine e azione del Ministero nella delicatissima battaglia contro il racket” e se “non intenda assumere iniziative normative per rendere più stringente e rigorosa la disciplina dei requisiti per la nomina e per i relativi controlli per gli incarichi”.
Un autentica polveriera pronta ad esplodere.