Da quel tragico e purtroppo indimenticabile pomeriggio del 15 gennaio 2007, quando nelle acque dello Stretto un tragico destino strappò dai propri affetti i quattro marinai del Segesta, gli amici di Sebastiano Mafodda hanno adottato la sua stella: l’Alamak, quell’astro che continua a brillare con fierezza e che come una cometa lascia un’inconfondibile scia di bellezza.
Tanta grinta, unita alla voglia di cantare, suonare e coinvolgere il pubblico, è stata la ricetta vincente di Trimarchi nella sua esibizione, dove aleggiava una certa nostalgia, costellata da sorrisi ed “amarcord”, in un lento ed a volte affaticato, ma al tempo stesso corposo ed ispirato dialogo con i fasti del passato.
“E vui vi nni futtiti” è stato l’altro famoso brano proposto da Salvatore Trimarchi: lo spirito di denuncia contro la mafia ed una certa classe politica, rappresentato in questo pezzo di trent’anni fa, in dialetto siciliano, colloca la canzone in una dimensione quasi profetica, essendo più attuale adesso di quanto non lo fosse allora.
La giuria, composta dalle professoresse Anna Chiofalo ed Amalia Noschese, e da Annibale Casucci, ha proclamato vincitore Francesco Cacciotto con la poesia “Mio comandante”, componimento dalla lirica reale e struggente, scaturita da un rapporto diretto tra l’autore – che di lavoro fa il marinaio nel traghetto Iginia – ed il compianto comandante del Segesta, con il quale aveva condiviso significative esperienze in mare.
Il secondo premio è andato alla poetessa torinese Graziella Mauri con il brano “Lo spegni moccolo”, mentre il terzo se lo è aggiudicato Marilina Daniele, di Pagani, in provincia di Salerno, con il brano “Madre di ogni figlio”.
La novità introdotta quest’anno è stato lo speciale premio della critica, che è andato a Teresa Rizzo (“E guardando le stelle”), Maria Schillaci (“Girotondo di stelle”), Katia Debora Melis (“Infinito”), Nancy Calanna (“Guardando le stelle”), Gaetano Quartarone (“Sofia guarda il cielo”), Cetty Imbesi (“Un’effimera felicità), Teresa Fresco (“Amore lontano”), Domenico Sergi (“Il cielo a tre metri sopra il mare”), Teresa Vadalà Fierro (“Palpitare di stelle”), Angelo Copia (“Amore sublime”).
Come sempre, particolarmente motivato e numeroso è stato il pubblico della serata, nella quale, ancora una volta, si è esibita la poetessa dialettale messinese Maria Costa, ospite del Premio di Poesia sin dalla prima edizione. Anche Aristide Casucci, giurato che assieme ad Anna Chiofalo ha condotto la serata, si è cimentato in una sua performance, in questo caso, canora.
La terza ed ultima serata è stata vissuta all’insegna della spiritualità, nella celebrazione della Santa Messa officiata da Padre Carlo Oliveri, parroco di Rodia. Assolutamente originale e suggestivo è stato il “tempio” nel quale ciò è avvenuto: il sito monumentale dedicato a Sebastiano Mafodda, tra il torrente Rodia e la spiaggia, proprio dove il comandante teneva la sua barca.
Solo chi è stato direttamente presente, tra tutti coloro che hanno voluto vivere questa nuova esperienza in quel luogo dello spirito, ha potuto godersi una celebrazione all’aperto sullo sfondo di un incantevole tramonto. Tanti piccoli ceri accesi, adagiati a terra, segnavano il percorso che dal monumento portava al perimetro allestito per la celebrazione.
Il parroco, facendo trascorrere con profonda spiritualità quei magici momenti di luce, traduceva in narrazione ciò che gli occhi contemplavano. “Sebastiano era un operatore di pace”, ha detto, tra l’altro, Padre Oliveri, che, interpretando in senso compiuto la finalità dell’intera rassegna, nata “per non dimenticare”, ha affermato: “E’ l’oblio che uccide l’uomo”.
Alla fine dell’evento religioso, spazio ad un gesto simbolico di pace e speranza per il futuro, nel segno della continuità della vita: al calare della sera un gruppo di bambini ha piantato un alberello d’ulivo accanto alle due vele di pietra bianca del monumento dedicato Sebastiano Mafodda.
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