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TANTO PER DIRE – Il Caso di Enzo Basso e La Gazzetta del Sud

Assolto. Lunghe settimane agli arresti domiciliari. La gogna mediatica orchestrata da una perfetta macchina del fango. Gli interrogatori. I silenzi di tanti. La fine di un giornale … “Centonove”. Una sentenza, alla fine, che sa di liberazione. Tanti articoli che ne rammentano la storia… ci colpisce quello della Gazzetta del Sud e vi spieghiamo perchè….

Breve premessa… ognuno è libero di far quel che vuole e nell’editoria di pubblicare e dare il “taglio” che vuole.

Alla stessa stregua ognuno è libero di analizzare, commentare, esprimere la propria opinione, e farsi i propri convincimenti, su quello che legge e su come questo è pubblicato.

Questo nel gioco delle parti.

La Gazzetta del Sud, tanto per dire, è il grande quotidiano della Città.

Forse meno influente di un tempo, rimane comunque la “voce” della politica cittadina, del ben pensare di una città, a volte sonnolenta e distratta…ma questa è un’altra storia.

La Gazzetta del Sud è il giornale, con la sua pubblicità, che di fatto ha monopolizzato per tanto tempo il mercato. Che si è divisa l’informazione della  regione con le altre due testate più importanti, e che oggi ha fatto un tutt’uno con il Giornale di Sicilia.

La Gazzetta del Sud è stata, nel bene e nel male, la “notizia” –  tornando a Messina – della città, e che mal tollerava le testate che emergevano, che cercavano spazi nuovi, fagocitando “belle penne”, e dettando le leggi anche alla distribuzione.

Ma andiamo ad oggi. La notizia è notizia.

Enzo Basso, giornalista, editore, collega, messinese, direttore, patron di Centonove viene assolto.

Si può parlare dell’uomo, del padre di famiglia, dell’iter della vicenda giudiziaria, di firme false, della “morte” di un settimanale che faceva notizia, che insegnava il mestiere a giovani già allora promettenti, di un cane morto di nostalgia senza le sue passeggiate quotidiane con il suo padrone impossibilitato ad uscire – sottoposto persino al divieto di uscire sul balcone – … oppure stare zitti.

Tanti l’hanno fatto prima, riscattandosi ora.

Si può relegare la notizia del “Caso Basso”, in basso al giornale, in sesta pagina della cronaca della città, al pari del furto di un’autoradio su una vecchia “Duna”.

Certo si può fare, ma potrebbe essere anche un’offesa all’intelligenza media di un lettore distratto.

Una notizia, quella che Basso veniva assolto, pubblicata in ritardo…. ma finalmente pubblicata – direbbero i soliti ottimisti –  ma in ultima pagina della locale della città – la sesta e ultima – diventa essa stessa notizia. anzi un Romanzo.

E diventa un monito quello che  fa notare Emilio Raimondo, in un severo giudizio sul fatto,  postato sulla pagina di  Attilio Raimodi, decano del giornalismo siciliano:”dopo i necrologi, pubblicati in quinta pagina. Basso in taglio basso a sinistra, in ultima della locale. Dopo i morti. Parodiando: un caso? No. L’impronta”.

Allora forse era meglio non pubblicare nulla.

Sorry

Riepilogando il fatto:

Enzo Basso è stato assolto perché il fatto non sussiste. C’è da chiedersi, adesso, chi restituirà a Enzo Basso, editore e direttore del settimanale Centonove, i sei mesi passati agli arresti domiciliari. La Corte d’Appello di Messina, presieduta dal giudice Alfredo Sicuro,
su richiesta del sostituto procuratore generale Vincenza Napoli, ha decretato in un lapidario “perché il fatto non sussiste” la fine della sua accusa di appropriazione indebita. Una storia ingarbugliata emersa lo scorso 30 ottobre dell’anno scorso, e contenuta nelle 150 pagine di ordinanza di applicazione di misura cautelare che il giudice per le indagini preliminari su richiesta del sostituto procuratore Antonio Cerchietti che oggi vanno in archivio…. forse.

Quell’arresto – con l’accusa di bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e frode scale – ha portato prima al sequestro, poi alla messa all’asta di  Centonove, e di fatto alla chiusura del settimanale non andato più in edicola nè sulla rete perché il curatore fallimentare, inspiegabilmente non nominò mai un direttore responsabile.

E qualcuno di questo, alla fine, dovrà pur darne conto.

 

Redazione Scomunicando.it

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