Gran finale con Tahar Ben Jelloun, Nino Di Matteo, Vinicio Capossella. L’edizione del 2015 ha chiuso i battenti con un successo eccezionale e due importanti riconoscimenti: la Medaglia del Presidente della Repubblica e il patrocinio del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali e del Turismo
“Lunga vita a Taobuk, un festival letterario in crescita esponenziale e dalla proiezione autenticamente internazionale”. questo l’augurio di Tahar Ben Jelloun, ospite eccellente della giornata conclusiva dell’edizione numero cinque, che ha segnato la definitiva consacrazione della manifestazione. Esempio unico nel Meridione d’Italia, gratificato nei giorni scorsi da due importanti ricoscimenti: la medaglia del presidente della Repubblica e il patrocinio del Mibact.
Dal 19 al 25 settembre la macchina organizzativa ha messo in moto una serie di eventi ed incontri che hanno coinvolto un folto numero di spettatori. Mostre, tavole rotonde ed incontri autoriali hanno riconfermato la varietà e la solidità di un festival nato nel 2011 dall’idea di Antonella Ferrara in collaborazione con Franco Di Mare. Grandi nomi da Orhan Pamuk a Tahar Ben Jelloun a David Leavitt, da Noa a Uto Ughi, da Raffaele Cantone a Nino Di Matteo, da Don Ciotti a Carlo Cracco e Oscar Farinetti hanno reso possibile il successo di un’edizione con un concept di alto spessore ideale e civile, incentrato sulla necessità di abbattere gli “ultimi muri”, ossia i pregiudizi razziali, religiosi, sociali, etnici e simili, che fomentano i conflitti tra i popoli. “Siamo orgogliosi di questo riscontro eccezionale che esalta il brand di Taormina e la sua storia di città d’arte e letteraria. Un traguardo che ci motiva a raggiungere sempre più alti o ambiziosi obiettivi”.
Taobuk Award for Literary Excellence a Tahar Ben Jelloun
“L’eco di parole che non si perdono nel tempo”, una motivazione che da sola fa capire perché Taobuk ha voluto assegnare a Tahar Ben Jelloun il premio per l’eccellenza letteraria, a lui consegnato dall’assessore alla Cultura Mario D’Agostino, in rappresentanza dell’amministrazione comunale guidata dal sindaco Eligio Giardina, principale sostenitore del Festival insieme all’associazione albergatori di Taormina. A Tahar Ben Jelloun è stato conferito dal presidente del Rotary Club di Taormina, Dott. Salvatore Ramella, anche il premio per la pace. L’incontro con l’autore di “E’ questo l’Islam che ci fa paura” (Bompiani, 2015) è stato particolarmente interessante e ricco di spunti, grazie anche alla conduzione del giornalista Andrea Nicastro, raffinato intellettuale ed esperto di politica internazionale. La prima riflessione è stata dedicata ai muri con riferimento al tema scelto dal festival per la quinta edizione: “il muro più terribile non è quello fatto di filo spinato ma è il muro del silenzio, dell’odio e della paura. Un muro invisibile che esiste e che vieta alle persone di vivere in pace”. L’altro punto sul quale ci si è soffermati è stato l’Islam. “L’Islam sta conoscendo adesso il suo medioevo. Il problema dipende dalle sette che leggono il Corano come se fossimo nel VII secolo e non lo rapportato al XXI secolo. Anche io ho paura di questo Islam perché non lo riconosco”.
La lotta antimafia di Nino di Matteo: il dovere della parola e della memoria
Nino Di Matteo e Salvo Palazzolo con il libro, “Collusi” (Rizzoli, 2015), hanno dato vita a un racconto asciutto per nulla retorico sul rapporto che esiste tra mafiosi e politici, imprenditori e uomini di Stato. Il libro è nato per parlare di quello che di solito non si racconta perché si ha paura. “I mafiosi, racconta Di Matteo che da 20 anni è in prima fila nella lotta alla mafia, hanno sempre operato nel silenzio e nell’indifferenza. L’indifferenza ha ucciso più della mafia. Ha ucciso sacerdoti, prefetti, ufficiali dei carabinieri. Il nostro paese purtroppo non conserva la memoria, basti pensare che quello che è successo in Sicilia non è successo nel resto del mondo. In Italia sta diventando rivoluzionario i fatti. Il silenzio copre tanti sospetti di inquinamento della nostra democrazia che invece devono essere denunciati. Si tratta di sottolineare e dire pubblicamente quello che è stato accertato e che nessuno vuole dire”.
Il piacere della carne e il dolore del cuore nel libro di Missiroli
Si è aperto con Marco Missiroli il secondo appuntamento del contest Taoyouth, nato dalla sinergia tra Taobuk e la Scuola Superiore di Catania, l’Associazione Alumni Scuola Superiore di Catania con la collaborazione della Rete Italiana degli allievi delle scuole e degli istituti di studi superiori universitari e CriticaLetteraria. Il libro al centro dell’incontro è “Atti osceni in luogo privato” (Feltrinelli, 2015) introdotto da Francesco Musolino. Il quinto romanzo di Missiroli è un percorso di educazione letteraria in cui il protagonista, Libero Marsell stana la propria educazione sentimentale. Entra adolescente ed esce uomo in un percorso segnato dall’incontro con tante donne che non vengono mai viste come meri oggetti sessuali, ma come donne forti, intriganti e misteriose. Atti osceni è un libro che resiste alla tentazione e questa è la vera oscenità.
L’occupazione giovanile nel nostro paese
Che cosa possono fare le istituzioni sull’occupazione giovanile? Si apre con questo interrogativo, in unagremita terrazza dell’hotel Metropole, l’incontro con Davide Faraone, sottosegretario alla Pubblica istruzione, Ivan Lo Bello, presidente Unioncamere, per presentare il libro di Giacomo D’Arrigo “Città e nuove generazioni. Il futuro dell’Europa” (Carroccio, 2015). L’appuntamento è stato moderato dal giornalista Stefano Cappellini. Un libro che racconta in chiave ottimista e realista come sono stati usati tanti fondi europei per cercare di creare lavoro. È un racconto di esperienze, che dimostra quanta voglia ci sia nei giovani di tornare ad essere imprenditori. Oggi si apre un nuovo modello di azienda con le startup. Sono 3578 quelle sorte in Italia, con una differenza tra il Nord e il Sud del paese. Si pensi che la sola Lombardia ne assorbe quanto tutto il Sud messo insieme. Ci sono due punti sui quali secondo l’autore bisogna puntare, il capitale umano da un lato e la formazione dall’altro.
I muri di Alessandro D’Avenia
Per quaranta minuti ha occupato la scena parlando direttamente ai giovani che hanno riempito la piazza IX Aprile. Alessandro D’Avenia autore di “Ciò che inferno non è” (Mondadori, 2014) si è soffermato sulla bellezza e sulla forza dell’essere adolescente partendo da una riflessione sui muri. “Pensando ai muri che hanno caratterizzato la mia vita ne ho segnati due: i muri della Chiesa di Santa Maria dello Spasimo a Palermo, caratteristica perché non ha il tetto. Unione tra cielo e terra simbolo di una bellezza ferita che può essere però il simbolo di un rilancio. Il secondo muro è molto più sottile ed è quello che si forma nelle nostre teste”.
Il ritorno al mito per Vinicio Capossela
Una lotta fra anima e corpo. Un viaggio sull’avventura umana alla ricerca di Itaca. “Il paese dei Coppoloni” (Feltrinelli, 2015) di Vinicio Capossela presentato da Sebastiano Vecchio ha una collocazione in un mondo atemporale che è quello del mito, come emergeva nella lettura affidata all’attrice Valeria Contadino. Proverbi, modi di dire, accompagnano il lettore in un viaggio nella terra dell’Irpinia dove l’autore ha trovato lo stesso canto epico dell’Odissea di Omero. “Un luogo trasfigurato e pietrificato – spiega Capossela – nel momento in cui si è mossa la terra”.
Così una piazza in festa ha salutato il festival del Belle Lettere e il suo arrivederci alla prossima edizione.
Taobuk: crescendo di emozioni con lo statunitense Leavitt,
l’israeliano Castel, la catanese Giacquinta, Abbate e Malvaldi
Grande successo degli incontri con gli autori della terza giornata alla Fondazione Mazzullo
L’anima letteraria di Marilina Giaquinta
Nella vita di tutti i giorni è un vice questore di Polizia che non può avere perplessità e deve dare risposte sicure. Poi quando smette la divisa impugna la penna e dà sfogo all’anima letteraria che c’è in lei. È Marilina Giaquinta con il suo ultimo romanzo “L’amore non sta in piedi” (Melino Nerella Edizioni, 2015) ad aprire la terza giornata di incontri di Taobuk, ospitati nella suggestiva sede della Fondazione Mazzullo, un lungo non stop dalle 16 alle 22, come ci ha abituati la kermesse letteraria ideata e diretta da Antonella Ferrara con la collaborazione di Franco Di Mare. Con l’autrice ha dialogato il giornalista Guglielmo Troina. 12 racconti che parlano d’amore e di abbandono con uno stile asciutto che si basa sulla forza o meglio sul suono delle parole. Le storie non seguono una trama precisa, non c’è di fatto un inizio o una fine certa. L’idea principale dell’autrice è infatti quella di lasciare a chi legge il compito di riempire gli spazi emotivi che la lettura suscita in ognuno: «Perché l’amore sta in piedi? Per tre motivi: perché quando qualcuno entra nella nostra vita o nella nostra casa, la prima cosa a cui pensiamo è di farlo sentire a proprio agio; perché l’amore non regge la sfida del tempo; perché l’amore non ha una logica».
“Rinascere in Puglia”, il film-documentario prodotto da Gady Castel
Per non dimenticare. Un documentario sulla storia dell’accoglienza salentina ai superstiti ebrei della Shoah dopo l’armistizio. “Rinascere in Puglia” (Italia/Israele) diretto da Yael Katzir e prodotto da Gady Castel è stato proiettato ieri, lunedì 24 Settembre, presso la Fondazione Mazzullo. In 55 minuti si racconta la storia di tre donne, Shuni, Ester e Rivka e del viaggio in Puglia alla ricerca delle loro origini. Muovendosi tra Santa Maria di Leuca, Tricase, Santa Maria al Bagno, Santa Cesarea e altri centri piccoli nel Salento, raccolgono informazioni, testimonianze, documenti scritti e fotografici che gli permettono di ricostruire la loro infanzia e di scoprire che i loro genitori così come tanti altri ebrei erano stati accolti dalla gente del luogo con un calore umano immenso. Si intrecciano nei campi storie di solidarietà e d’amore. Una voce per tutte:«Chi ha vissuto quell’orrore non dimentica ma almeno continua a vivere. La terra luminosa nel tallone dello stivale ha inaugurato una cascata di acqua, simbolo di nuova vita».
Il giallista Malvaldi sempre nelle spire del delitto con il nuovo romanzo “Il telefono senza fili”
Marco Malvaldi entra a pieno titolo con la serie dei delitti del BarLume tra gli scrittori contemporanei più influenti del panorama italiano. Nelle sue storie, in giallo, c’è tutta la verve toscana che lo contraddistingue. È stato presentato dal giornalista Mario Di Caro, presso la Fondazione Mazzullo a Taormina, l’ultimo romanzo “Il telefono senza fili” (Sellerio, 2014). L’autore trasforma la realtà di provincia con protagonisti quattro arguti vecchietti seduti al bar intenti a risolvere misteri. «I miei gialli – racconta Marco Malvaldi – sono sfoghi che nascono da situazioni di vita reale. Quando scelgo la vittima di un giallo lo faccio partendo da chi nella vita reale non ha suscitato la mia simpatia. Le persone leggendo realizzano in base ai vari tratti quei personaggi. Ricordo che nella storia i miei morti di carta non sono mai stati vivi. Generalmente sono anche detestati, molto. Sono storie ambientate in provincia perché si sa la provincia italiana è il regno dei morti».
Il grande ritorno di David Leavitt
Dopo sette anni di silenzio David Leavitt. torna in libreria con il romanzo “I due Hotel Francfort” (Mondadori, 2015). A condurre l’incontro nella gremita sala della Fondazione Mazzullo la giornalista Roberta Scorranese, che ha subito sottolineato come Leavitt è molto legato all’Italia dove ha vissuto per otto anni, da due vive in Florida con il compagno di una vita. Leavitt parla anche molto bene l’italiano, ma ha preferito esprimersi nella lingua madre, affidandosi alla superlativa traduzione di Paolo Noseda.Il romanzo si ambienta a Lisbona nel 1940, la capitale del Portogallo che durante la guerra non ha subito alcun bombardamento e che divenne la meta preferita di migliaia di profughi, soprattutto ebrei, in attesa dei visti per trasferirsi oltre Oceano e sfuggire i pericoli dell’ulteriore permanenza. «Ho scelto Lisbona perché all’epoca era una città diversa dal resto dell’Europa. Lì si poteva trovare l’acqua, le sigarette, bere gin, mangiare la carne. Coloro che arrivavano a Lisbona erano di passaggio, il loro intento era raggiungere l’America. Spesso erano gente ricca, benestante e dotata di buona cultura, si potevano trovare anche registi cinematografici, attori e spie. Si respirava nella Lisbona che non subì alcun danno dal conflitto e mantiene ancora oggi la stessa struttura architettonica ante guerra: E ieri come oggi si avverte un’atmosfera stranissima, un misto tra gioia e ansia». Oltre l’emarginazione, è l’omosessualità, o meglio la bisessualità altro tema centrale del romanzo; viene descritta infatti la relazione fortemente erotica che scoppia tra due uomini, entrambi sposati ed eterosessuali, che si incontrano proprio nel tentativo di rientrare negli States. «Adesso è normale che in un romanzo ci sia un personaggio gay, ed è interessante sapere che c’è stata questa evoluzione. Venticinque anni fa non era la stessa cosa. Sono rimasto molto sorpreso in questi giorni venendo a sapere a Taormina di Casa Cuseni, ritrovo d’artisti e di intellettuali in gran parte omosessuali che hanno contribuito a fare di Taormina un luogo che accetta il diverso e lo considera non un elemento da rifiutare ma un arricchimento: troppo bello in tutti i sensi. Perciò, Taormina come Capri e Firenze rappresentava per molti inglesi, e gli europei in generale, la terra della libertà e del rispetto della diversità».
Lirio Abbate e il malaffare mafioso dei “Re di Roma”
Autore molto atteso, Lirio Abbate ha presentato presso la Fondazione Mazzullo “I Re di Roma. Destra e Sinistra agli ordini di Mafia Capitale” (Chiarelettere, 2015). L’incontro al quale era presente anche Sebastiano Ardita autore di “Catania Bene” (Mondadori, 2015) è stato moderato dal giornalista Valerio Morabito. «La mafia è emigrata dal Sud verso il Nord. In Lombardia non ci sono gli stessi anticorpi che ci sono in Sicilia. A Roma, divisa in quadranti, non si fanno la guerra ma tutti lo sanno. Sono uomini che vengono chiamati per avere vantaggi, usare servizi. E per riuscirci usano la violenza e l’estorsione. C’è un boss, ci sono uomini di fiducia e questa si chiama “associazione mafiosa”. Carminati e Buzzi sono due persone distinte dal colore politico, il primo di estrema destra, il secondo di sinistra, o almeno così si pensava». Buzzi ha creato un impero a Roma con le cooperative prendendo appalti dal Comune di Roma, puntando sulle emergenze e così si supera ogni trafila burocratica, ad esempio per l’assistenza agli anziani. Parliamo di circa 6 mila anziani. Quando capisce che non sarebbe riuscito ad andare avanti da solo, si allea con Carminati. «La mafia di oggi è silente. Mafia Capitale non ha ucciso nessuno ma controllava tutto. Nel 2012 ho raccolto notizie su ciò che accadeva in tempo reale a Roma. Un giorno a una fonte ho chiesto perché viene a raccontare queste cose a un giornalista? Si nota la mancanza di fiducia nei confronti dello Stato. L’inchiesta che esce nel giornale ha un riflesso e i mafiosi lo sanno ed è per questo che a volte si incazzano con i giornalisti. Ma questo è il rischio che si corre se si vuole informare».
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