I lavori erano stati più volte sospesi, ma poi lo scorso anno era ripresi poi lo scorso marzo quando, con l’ausilio di un drone dotato di termo camera per rilevare possibili anomalie legate alla variazione termica del suolo, fu avviato un nuovo studio atto ad individuare strutture sepolte nel terreno.
Allora la professoressa Michela Costanzi, dell’Università di Amiens e i geo-archeologi dell’Università dì Camerino, Fabio Pallotta, Matteo Pompei, Fabrizio Pesci e Marco Materazzi, studiarono, con maggior precisione l’estensione delle aree degli scavi, effettuando anche la tomografia elettrica nel sito archeologico: una tecnica che permette d’indagare su strutture sepolte dal terreno mettendo in evidenza contrasti di resistività elettrica connesse con la natura dello stesso terreno.
L’equipe francese era composta da 7 professori e 13 studenti, guidata dal Prof. Vincent Michel. Ora gli ultimi ritrovamente danno ragione all’ex sindaco alesino, Angelo Tudisca, da sempre fermamente convinto dell’esistenza del “Teatro sepolto” risalente all’epoca romana. Convinzione, quella del primo cittadino di Tusa, dove anche ll’esperienza, l’intuito e le conoscenze di studiosi tusani: l’architetto Antonino Bono e del professore Antonino Ragonese ne hanno radicato la convinzione. Proprio Ragonese, sindaco di Tusa dal 1961 al 1964, pretese e ottenne l’istituzione dell’ area archeologica d’ Halesa Arconidea, diventata, oggi, oggetto d’interesse archeologico mondiale.
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