Lunedì prossimo alle ore 10, si avvierà l’asta per la vendita della testata giornalistica “Centonove”. Un attimo di riflessione che va oltre quello che può definirsi un rapido, velocissimo, immediato, decretato fallimento.
221.681,90 euro oltre Iva è la base i partenza, per una testa storica, che ha un passato lungo, caratterizzato da inchieste, presenze in edicole, informazione costante, che poteva piacere o meno, ma che ha fatto scuola per la sua “freschezza” editoriale, per la grafica che innovava, per gli approfondimenti, diventando in pochissimo tempo un punto di riferimento per tanti.
Fucina di nuovi giornalisti, trovava in Enzo Basso, oggi al centro di attenzioni, ma come spesso gli è capitato, di inchieste e magistratura, il suo promotor, ed era un giornale anche scomodo.
Oggi ne paga lo scotto?
Forse si.
Anzi sicuramente è così… nel silenzio di tutti.
Il prezzo a base d’asta, disposto dall’Ufficio Fallimenti della Seconda Sezione Civile del Tribunale di Messina, su istanza del curatore Achille Parisi, è di euro 221.681,90.
Ma oggi non è tanto quantificare se quella base economica sia giusta, corretta, congrua, se vale un giornale.
Ma capire cosa si vende o meglio cosa si acquisterebbe.
Il bene acquistabile dovrebbe essere costituito dalla testata, dal diritto di utilizzare il relativo titolo giornalistico e riprodurlo liberamente e sarà ceduto nello stato di fatto e di diritto in cui si trova, escludendosi qualsivoglia responsabilità in capo alla procedura e con rinuncia ad ogni eccezione e garanzia da parte dell’aggiudicatario.
Lana caprina.
Un giornale è fatto da chi gli scrive, dalla redazione, dal suo posizionamento e rete di distribuzione, da chi investe pubblicitariamente su quel foglio, web o cartaceo. Non è un immobile vista mare.
E poi un giornale è se è.
Il prezzo base verrà stabilito con riferimento all’offerta più alta pervenuta, con possibilità di offerte in aumento di mille euro rispetto all’importo minimo indicato.
Si vedrà.
Ma come qualcuno ha detto se a Ostia una “testata” data ad un giornalista muove l’attenzione dell’informazione, a Messina se si abbatte una “Testata” ci si può anche girare dell’altro lato.
Questo sta capitando.
E non bisogna fare una lotta di casta… ma semplicemente un’analisi sui fatti per far venir fuori l’idea di come una bancarotta, da dimostrare, possa zittire una voce d’informazione, che ciò possa attuarsi.
“Rare volte mi è successo nella vita di leggere un cumulo di imprecisioni quali quelle riportate nell’ordinanza firmata dal Gip che ha autorizzato il mio arresto – ha detto Enzo Basso che oggi ha cento giorni di arresti domiciliari sulle spalle al pari di delinquenti incalliti, quando non c’è più possibilità nè di reiterare il reato nè di fuga o inquinamento delle prove.
Basso anche scrivendo una sorta di memoriale difensivo, sullo stesso Centonove dice che si sta spulciando tutto quello che ho fatto negli ultimi 24 anni, come giornalista-imprenditore dell’editoria, si mischiano fatti di vent’anni fa, con vicende di quindici anni fa e si presenta poi un conto con un mandato limitato agli ultimi cinque anni.
E sorride quando dice che si arriva a quella conclusione catastrofista: “sarei un giocoliere che fonda società e poi le dissangua per non pagare i possibili creditori”.
Basso spiega la sua verità “Tre cose: nessuna banca ha conti aperti con il signor Basso. Tutte le esposizioni, fino a prova contraria, sono azzerate. Pende solo una causa per usura da me intentata a due istituti di credito per la quale un consulente, che presta servizio anche per il Tribunale di Patti, ha ravvisato negli estratti conto societari usura e anatocismo per più di centoventimila euro.
Poi scrive “Io sono stato amministratore di Editoriale Centonove dal lontano 1992. La società è stata messa in liquidazione tre anni fa.
Nel 2008, a seguito della crisi più generale, non solo dell’editoria, è stato fatto uno scorporo aziendale, affidando a due cooperative, Kimon ed Eveneto, la gestione di due rami di impresa, uno giornalistico, l’altro di servizi.
Le problematiche fiscali, su tasse e credito di imposta, sono oggetto di cause pendenti, non ancora definite nei gradi di giudizio. L’accusa che mi si muove è quella non di “bancarotta fraudolenta”, come hanno strombazzato veloci tutti i giornali, ma “bancarotta impropria”.
Che cos’è? Un neologismo giuridico.
Tradotto, significa che avrebbe danneggiato me stesso.
“Non ho presentato decreti ingiuntivi contro una cooperativa di soci-giornalisti, Kimon, cui Editoriale Centonove, con relative tasse versate, ventiseimila euro, ha ceduto, con atto notarile pubblico registrato, la testata Centonove che non riuscivano a pagare per quanto contrattualmente pattuito” , sottolinea Basso.
“Il “disegno criminoso” sotteso – continua l’editore – sarebbe stato quello di accedere ai contributi sull’editoria previsti dalla legge 250 del ’90.
Peccato che mai un euro sia stato erogato a favore della cooperativa in oggetto, Kimon.
Pende tuttora una causa in appello, sub judice, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri al Tribunale di Roma, fissata con i tempi di questa infaticabile giustizia nel… 2019.”
Prudenza e contraddittorio, declamano i giuristi.
E lui ironico aggiunge “Lasciamo perdere…”
Poi prova a far luce su alcuni luoghi comuni di questa inchiesta: non c’è mai stata una “unica direzione aziendale”, ma tre diverse società, con diversi dipendenti, tutti assunti con regolari contratti, in tre diversi appartamenti dello stesso stabile: a confermarlo, per sfortuna di questi improvvisati detective delle tasse, ci sono i contratti registrati, persone assunte in carne e ossa, contributi e tasse versate. Problemi, sì, tanti.
Ma solo quelli che capitano a chi non ruba e non prende tangenti o non fa il giornalista-leccaculo di professione”.
E su finanziamento Ircac precisa:
“Si scrive sul nulla per una ventina di pagine.
Un semplice fatto: il finanziamento non è mai stato erogato, mancava la fidejussione.”
Se è vero che mi chiamo Enzo Basso – dice – “e devo qualcosa ai miei lettori-estimatori, oltre che ai miei familiari, posso garantire che io una lira o un euro, visto che si parte da lontano con le indagini, indebitamente, in tasca non l’ho mai preso”.
Basso tira, poi, le somme delle sue spiegazioni
“Riepilogando. Una persona indagata riceve almeno un avviso di garanzia: io non l’ho mai ricevuto.
Semplice dimenticanza?
Se sono stato sentito, e ho offerto la massima collaborazione documentale, avrei avuto diritto a un contraddittorio”, ma questo non è avvenuto.
E così, in un silenzio ingombrante quanto imbarazzato, lunedì Centonove va all’asta.
Sono i giorni dell’indifferenza di tanti colleghi, del dolore per la perdita di un cane, amico fedele, di passeggiate mancate, ma anche di solidarietà che arriva improvvisa e che scalda come solo può fare una famiglia che lo coccola.
La figura di Enzo Basso sembra avvolta dalla nebbia, in una sorta di confuso miraggio, come se La Fata Morgana invece che sulla Costa messinese, avesse reso sfocata e confusa l’immagine di un uomo che vive costretto in un luogo ma sospeso nel tempo.
Messina se ci sei batti un colpo.
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