Categories: News

TURISMO & SVILUPPO – GLI ECOMUSEI COME ESPRESSIONE DELL’UOMO E DEL TEMPO.

Una tesi di laurea che da teoria diventa, prima lezione di marketing applicato al territorio ed ora ha la tutte le potenzialità per trasformarsi in realtà.

Un progetto serio, alcuni stralci sono qui appresso riportati, che dovrebbe coinvolgere, amministrazioni pubbliche ed imprenditoria turistico-culturale, che guarda ai giovani, ed ha grandi potenzialità occupazionali.

“Il mio sogno – dice Maria Di Luca Lutupitto, laureatasi in scienze del turismo culturale – è quello, per iniziare, di dare vita ad un grande forum con le amministrazioni locali, portando a Brolo il gotha italiano di chi ha già creato queste strutture, poi applicare questi progetti su tutto il territorio in una formula vincente per la crescita di questa comprensorio”.

 

Ogni uomo, con la propria vita, le proprie abitudini, lascia inevitabilmente in eredità, parte della propria esistenza a coloro che lo seguiranno, fra i mille percorsi della Storia.

Anni, secoli, talvolta millenni di conoscenza e bellezza tramandate ai posteri che, fortunati, si ritrovano ricchi di un patrimonio inestimabile.
Patrimoni e ricchezze dell’Umanità che, per questo, devono essere di tutti e a disposizione di chiunque ne voglia usufruire ammirando e imparando per vivere al meglio il presente e costruire il futuro facendo tesoro del passato che diventa storia e cultura dei popoli.

E così il nostro passato lo riconosciamo nell’Architettura con le sue linee affascinanti, nei mille tratti della Pittura, nella Scultura con le sue svariate forme: beni materiali a portata di mano, da osservare, toccare e da destinare ogni volta a nuova vita.

Poi c’è una memoria diversa, più evanescente forse, ma più radicata, più coinvolgente: sono i beni immateriali; linguaggi, usi, tradizioni, ma anche canti, balli e consuetudini gastronomiche, fanno parte di questo grande bagaglio di beni preziosi e invisibili che costituiscono la cultura dell’Uomo.
Beni materiali e immateriali quindi, espressioni diverse della mutevole vita umana che acquistano un valore solo se debitamente recuperati e conservati.

Se complesso risulta essere il recupero, impegnativa diventa la conservazione di questo patrimonio; ma ingegno e istinto umano nel corso dei secoli hanno portato quasi con naturalezza alla creazione di uno spazio museale, ovvero alla costruzione di un contenitore, in grado di accogliere al suo interno lo studio, l’analisi ma anche la divulgazione dei sedimenti, delle tracce lasciate dall’uomo sul cammino della sua storia, un museo a cielo aperto…l’Ecomuseo.

Il prefisso “eco” non sta ad indicare un museo ecologico che si riferisce ad aspetti prettamente naturalistici, bensì il territorio nella sua totalità, con tutto il patrimonio culturale, storico, naturale e umano.

Il termine ecomuseo viene utilizzato per la prima volta da Hugues de Varine  il quale, prendendo spunto dall’idea dell’etnologo Rivière, definisce le caratteristiche di tale innovazione.

L’Ecomuseo basa la sua originalità su tre concetti fondamentali: il territorio, visto non più come un semplice spazio ma come un importante palcoscenico sul quale si intersecano relazioni umane; la popolazione, principale protagonista e il patrimonio, identificato come l’insieme dei reperti materiali e immateriali che riflettono l’identità di una comunità.

Il patrimonio non è più considerato come una collezione statica, bensì si allarga allo spazio e al paesaggio, che non sono più concepiti come semplice scenario di azioni di chi abita, ma come vere e proprie rappresentazioni di tali azioni.

L’ecomuseo, così concepito, diviene “uno specchio all’interno del quale una comunità può guardarsi e ritrovare la propria identità” ed è uno specchio che viene offerto ai suoi ospiti per farsi meglio comprendere, nel rispetto del suo lavoro, dei suoi comportamenti e della sua intimità. Non un semplice museo quindi, ma “un’espressione dell’uomo e della natura, del tempo e dello spazio”.

Il panorama locale si presenta come un palcoscenico animato che può essere valorizzato da molte spinte come, per esempio, l’allestimento di itinerari tematici o di percorsi geografici i quali poi verranno interessati da attività artigianali tradizionali, le quali potrebbero poi essere valorizzate da specifiche iniziative che uniscono attività ancora in corso illustrandone le radici territoriali.

Tutto ciò contribuisce alla costruzione di un’offerta diversificata, creando così le condizioni per generare un’attrazione turistica che si traduce in opportunità reale di sviluppo economico dell’intero territorio, vero e proprio obiettivo strategico dell’Ecomuseo.

Oggi, il fenomeno ecomuseale è diventato una realtà internazionale che interessa in particolar modo la Francia, paese che per primo ha fatto tesoro di questa grande innovazione.

In Italia, terra ricca di patrimonio storico, culturale, ambientale e paesaggistico, l’istituzione ecomuseale arriva con un netto ritardo rispetto agli altri paesi europei. È nell’Italia settentrionale che si avviano i primi esperimenti che giungono, fra l’altro, soltanto nella seconda metà degli anni Novanta.

La regione capofila che per prima ha riconosciuto l’importanza ed il valore degli ecomusei è certamente il Piemonte dove, nel 1995, è stata emanata la prima legge regionale.

Il centro sud d’Italia, rispetto al Settentrione non ha avuto un notevole sviluppo ecomuseale. Per quanto riguarda la Sicilia, autentico crogiolo di etnie e popoli c’è stata un’individuazione da parte del portale nazionale che ha riconosciuto alcune aree che si avvicinano agli Ecomusei, ma in mancanza di una legge regionale, essi non sono stati ancora formalmente istituiti.

Quest’ottica di valorizzazione del territorio, è una prerogativa che ben si sposa con le moderne esigenze di promozione di diverse realtà locali: è il caso della Costa Saracena.

Dall’analisi delle potenzialità di un territorio come la Costa Saracena, è nata l’idea di un nuovo modello di sviluppo incentrato proprio sulla forma ecomuseale: l’Ecomuseo della Costa Saracena, che costituirebbe una vera e propria novità per la Sicilia Nord-Orientale.

La Costa Saracena si colloca sul versante settentrionale della Sicilia, in provincia di Messina. Si estende tra il promontorio di Capo Calavà e la baia di San Giorgio fino alle spiagge di Piraino, Brolo e Capo d’Orlando con un entroterra ricco di storia, bellezze naturali ed artistiche, incastonate in paesaggi ed ambienti incontaminati.

Il territorio comprende sette comuni: Gioiosa Marea, Sant’Angelo di Brolo, Piraino, Brolo, Ficarra, Naso e Capo d’Orlando.

Il lavoro di indagine e di rilievo svolto all’interno del territorio ha permesso di costruire un  percorso geografico costituito da una rete di itinerari incentrati su tematiche ben precise, mettendo in evidenza le caratteristiche che fanno parte dell’identità culturale delle comunità comprese nel territorio.

Il percorso si sviluppa in cinque itinerari:

1. La Tonnara di San Giorgio, testimonianza della realtà marinara della piccola frazione di Gioiosa Marea.

2 . Il Sentiero della Spiritualità di Sant’Angelo di Brolo, dedicato alla religiosità popolare.

3. La vita quotidiana dal Quattrocento al Novecento, itinerario etnografico sviluppato fra i comuni di Brolo e Piraino.

4.La via della Seta e della Pietra, cammino che ripercorre la storia e le tradizioni di Ficarra.

5.Architettura & dimore nobiliari, viaggio culturale attraverso i comuni di Naso e Capo d’Orlando.

Il percorso ecomuseale, inizia dall’Itinerario delle Tonnara di San Giorgio di Gioiosa Marea.
Oggi, la pesca del tonno in Sicilia, è oramai uscita completamente dalla realtà economica e produttiva dell’isola entrando così anch’essa, nella memoria delle comunità dell’isola.

Momenti della mattanza a San Giorgio: i pescatori, disposti a quadrato con palischermi, mattano i tonni che affiorano in superficie

Questo ha portato, in particolar modo intorno agli anni ‘60, ad un smembramento quasi completo delle tonnare ed all’abbandono dei numerosi malfaraggi  situati lungo le coste della Sicilia, i quali, rappresentano oggi, monumenti di grande interesse, nonostante versano in condizioni pietose. Si pone quindi, il problema di un loro recupero per la tutela e valorizzazione della cultura dell’isola.

Tra le tonnare presenti in Sicilia rientrava quella di San Giorgio. La storia di questo paese è sempre stata fortemente legata a quella della sua tonnara che però, oramai da circa un trentennio, è totalmente abbandonata. La sua origine risale al tempo del conte Ruggero d’Altavilla, intorno al 1060.

Oggi, purtroppo, di tutta la tonnara sono rimasti solo pochi resti e in grave stato di degrado; dello stabilimento per la lavorazione del tonno non è rimasto praticamente nulla, addirittura molti palascarmi  sono stati bruciati, molte attrezzature utilizzate durante la pesca sono state prese da privati e utilizzate per arricchire le proprie residenze; del Palazzo rimane poco, in quanto nel corso degli anni, parte è andato letteralmente distrutto.

Resti della Tonnara di San Giorgio

Ma non tutto è perduto. L’idea di inserire nel circuito ecomuseale la tonnara di San Giorgio nasce proprio da questa constatazione.

Fare della tonnara la prima tappa dell’Ecomuseo della Costa Saracena consentirebbe di far rivivere la cultura marittima siciliana e in particolar modo, quella della piccola frazione.

Tutto ciò è possibile solo attraverso il recupero, la valorizzazione e la tutela di questo patrimonio marittimo fatto di tradizioni, strutture, strumenti di lavoro, tecniche ed esperienze.

Questa preziosa attività di riscoperta e valorizzazione presuppone una approfondita conoscenza del mondo delle tonnare e della sua evoluzione storica, ovvero di una consapevolezza che solo la comunità può avere.

Far rivivere la tonnara di San Giorgio di Gioiosa Marea non solo renderà fattibile uno sviluppo economico del paese attraverso il turismo e le attività che potrebbero svolgersi nell’ecomuseo, ma ridurrà il rischio di smarrire definitivamente pezzi di memoria collettiva, contribuendo anche alla crescita culturale dell’intera comunità.

Sant’Angelo di Brolo: Tra arte sacra e religiosità popolare

Chiesa di San Filippo e Giacomo, S.Angelo di Brolo

Il secondo ambiente dell’Ecomuseo della Costa Saracena è il comune di Sant’Angelo di Brolo che, sulla base delle mie ricerche, ho scelto come sede lungo la quale diramare un itinerario religioso.

La presenza degli ordini monastici ebbe grande importanza per il piccolo borgo e per il suo sviluppo culturale

L’influsso monastico si rifletté non solo nella pace sociale in cui viveva la comunità, ma anche nella creazione artistica e artigianale, tutti benefici che portarono all’incremento dei borghi costruiti attorno ad una chiesetta.

Il risultato di questa crescita è oggi testimoniato anche dalle 45 chiese di straordinaria bellezza, situate fra il centro urbano e le zone rurali, che costituiscono un vero e proprio primato nell’intero comprensorio

L’Ecomuseo della Costa Saracena vive anche a Sant’Angelo di Brolo per dimostrare il legame intrinseco fra spiritualità e sviluppo sociale, culturale ed economico.

Qui si potrebbe percorrere un vero e proprio cammino spirituale, attraverso i centri che riflettono non solo la storia ecclesiastica della comunità, ma soprattutto la venerazione popolare che ha caratterizzato la cultura di questi luoghi. Come per esempio il Monastero di S.Michele Arcangelo, la Chiesa di San Francesco di Paola, la Chiesa di S.Maria, di San Francesco, di San Domenico, del SS. Salvatore e la Chiesa di Filippo e Giacomo, che rappresenta non solo uno dei più belli monumenti di Sant’Angelo, ma è anche il luogo di culto che maggiormente rispecchia la devozione della comunità.

Oggi, a narrare la storia della fede cristiana della comunità è anche il “Museo di Arte Sacra”, all’interno del quale sono custodite ed esposte opere sacre e strumenti liturgici provenienti dalle chiese presenti nel territorio, a testimonianza dell’intenso spiritualismo che ha caratterizzato il piccolo borgo.
S. Angelo ha tutte le carte in regola per la realizzazione di un itinerario religioso.

Potrebbe non solo far rivivere antichi riti è tradizioni cristiane ormai custoditi nella memoria della comunità santangiolese, diventando così un affascinante viaggio interiore, alla ricerca dello spirito, ma potrebbe avere un suo riscontro anche in termini di uno sviluppo economico e sostenibile divenendo un potenziale mezzo di lancio per il turismo.

Vita Quotidiana dal Quattrocento al Novecento da Brolo a Piraino

L’Ecomuseo della Costa Saracena continua il suo viaggio anche fra le pieghe del tempo, alla ricerca di un passato importante.

Il percorso che ho scelto è in questo caso un itinerario storico-etnografico tra i comuni di Brolo, borgo marinaro dei Nebrodi, e Piraino, piccolo centro situato sul crinale di un caratteristico colle a ridosso del Mar Tirreno.
Seguendo un rigoroso ordine cronologico, il cammino inizia correndo indietro nel tempo ed immergendosi nella società medievale brolese.

La storia dell’antico originario borgo medievale nasce e si sviluppa intorno al castello dei Principi Lancia (1400 circa), eretto quasi a picco sul mare e che tutt’ora domina un vasto tratto della costa tirrenica proteggendo, in passato, le spiagge sottostanti dalle frequenti incursioni piratesche.

L’edificio, circondato dal piccolo villaggio di pescatori, era conosciuto per le sue origini marittime, con il termine “Voab”, che in arabo significa “rocca fiorita”.

L’attribuzione di una tale denominazione rende palese l’importanza che il villaggio ricopriva nel tratto di costa tra Capo d’Orlando e Capo Calavà, in virtù della sua particolare posizione geografica e strategica.

Ancora oggi, nel piccolo centro, il Medioevo continua nel “quotidiano” di ogni giorno, fatto di riti, consuetudini e leggende, e il suo villaggio rivive nelle botteghe che oggi sono state recuperate all’interno delle affascinanti viuzze.

Ad arricchire questa cornice medievale vi è la presenza del “Museo delle Fortificazioni Costiere della Sicilia”, dove sono riuniti gli esempi più significativi di fortificazioni create appositamente per difendere le coste dell’isola dagli attacchi continui della pirateria, e il “Museo Storico della pena e della Tortura”, dove sono esposti i vari strumenti di “tortura, morte e scherno” come la “Sedia Inquisitoria”, utilizzati per castigare coloro che erano stati incolpati di eresia e tradimento.

Il recupero e la valorizzazione del centro storico, punto centrale di questa tappa dell’ecomuseo, è un passo importante per far riaffiorare una parte della storia della piccola comunità di Brolo.

L’itinerario scorre andando adesso avanti negli anni, per riscoprire la comunità di Piraino, da sempre una società agro-pastorale fondata su una “civiltà contadina”, che vede nella terra l’unica fonte di sussistenza.

L’arrivo dei Saraceni in questa terra lascia un’impronta particolare alla piccola comunità; saranno proprio i Mori, abili agricoltori, ad insegnare agli abitanti di Piraino come sfruttare la terra introducendo, fra l’altro, anche il baco da seta che rappresentò una vera e propria ricchezza per il paese.

I Saraceni, inoltre, insegnarono come macinare le olive, impiantarono frantoi a trazione animale, oltre ad una serie di palmenti per pigiare l’uva.

Sulla riviera, sul territorio conosciuto oggi come Gliaca, furono impiantati alberi da gelso, destinati soprattutto come alimento per i bachi, arance amare e limoni e fu introdotta la coltivazione della canna da zucchero.

Dopo due secoli di dominazione saracena che lasciò in eredità molti patrimoni materiali ed immateriali ancora oggi facilmente individuabili, Piraino così come il resto della Sicilia fu segnata da continue egemonie.

Si dovranno attendere i primi anni del Novecento per registrare i primi segni di stabilità che vedranno il piccolo centro rurale assumere per la prima volta le caratteristiche di un vero paese, grazie anche all’allacciamento con le tutte le altre frazioni in cui era stato diviso nel corso degli anni.

L’agricoltura continuò ad essere un aspetto dominante nella società di Piraino.

Una vita semplice quella dei contadini, caratterizzata dalla miseria, dalla semplicità e dall’umiltà nell’accontentarsi di quel poco che gli veniva offerto dalla propria terra. La società contadina di Piraino era costituita non solo da coloro che erano dediti ai campi ma anche da quelle attività artigianali che esercitavano le arti necessarie all’ambiente agricolo: il falegname (‘u mastru d’ascia), il muratore (‘u muraturi), il sarto (‘u custureri), il calzolaio (‘u scarparu), il mulattiere (‘u burdunaru), il carbonaio (‘ u carbunaru) e il mugnaio (‘u mulinaru).

Anche le donne avevano un ruolo importante nella società. Esse erano dedite alla filatura della lana e soprattutto al lino, piantagione che veniva coltivata soprattutto su queste colline.

Oggi, passeggiando per le viuzze del piccolo centro e del territorio limitrofo, nonostante le numerose alterazioni verificate nel corso degli anni, è ancora possibile individuare quelle postazioni dove un tempo venivano praticate molte delle attività nel piccolo borgo; ne sono validi esempi gli ambienti del calzolaio, del fabbro, il mulino dove veniva macinato il grano, il frantoio, il palmento.

Grazie alla volontà della comunità pirainese, questa memoria storica del mondo contadino rivive nel “Museo Etno-Antropologico”.

Esso propone etno-reperti, fondamentalmente espressivi della tradizione contadina e delle attività artigianali e commerciali, molto importanti nell’economia locale.
Il passaggio dell’Ecomuseo della Costa Saracena in questo territorio si giustifica, così, con la chiara volontà di recuperare e salvaguardare la memoria storica del mondo contadino meridionale.


Tipica Camera da letto della società contadina, Museo etno antropologico di Piraino.

Il rispetto ed il recupero dei centri rurali come Piraino (considerati sia nel loro complesso che nei singoli edifici), che ben raffigurano anche oggi l’espressione di quel rapporto intimo tra popolazione e territorio circostante, ma anche la ripresa di attività tradizionali legate alla cultura del territorio, possono costituire un punto di forza per non dimenticare un passo importante che ha caratterizzato l’identità della collettività.

Tutto ciò, infine, potrebbe diventare un fattore trainante per l’economia del piccolo borgo.

La ristrutturazione di antiche case rurali, di ambienti in cui si svolgevano attività artigianali, di masserie sparse per la campagna ed il loro utilizzo come centri di produzione agricola e di turismo, potrebbero portare sicuramente effetti positivi all’intera comunità creando una nuova economia.

I centri di Brolo e Piraino rappresentano un’enorme ricchezza da tutelare in quanto sono l’espressione di due civiltà che hanno segnato profondamente l’identità del comprensorio.

L’Ecomuseo della Costa Saracena diventa così, anche per questi piccoli centri, lo strumento ideale e privilegiato per mantenere viva questa memoria.

La via della Seta e della Pietra

Passaggio obbligato e fondamentale per l’Ecomuseo della Costa Saracena è il comune di Ficarra, piccolo borgo che sorge su un’altura dei Monti Nebrodi a circa 450 s.l.m. dove è stato individuato un particolare itinerario storico naturalistico che riflette le antiche tradizioni e la cultura popolare della comunità ficarrese.

Il suo patrimonio artistico e architettonico, costituito da chiese, sontuosi palazzi e raffinate sculture che raccontano i fasti e la gloria dell’antico paese, rendono il piccolo comune unico nel suo genere.

Ed è in questa singolare cornice che, attraverso attente indagini, è stato possibile creare la via dell’olio, intitolata “Sulle tracce dei Gattopardi”,  “La via della Seta” e

“La via della Pietra Arenaria” un viaggio nella memoria e nella cultura di questo territorio.

•    La via dell’olio: “Sulle tracce dei Gattopardi”

Gran parte dei secolari uliveti che oggi ricoprono il territorio di Ficarra apparteneva un tempo all’immenso feudo della baronessa Teresa Mastrogiovanni Filingeri Tasca di Cutò, moglie del Barone Piccolo e madre del poeta Lucio Piccolo.

L’immenso feudo rappresentava fonte di reddito non solo per l’aristocratica famiglia, ma anche per centinaia di contadini che vi lavoravano.

La maggior parte del latifondo era occupato da estesi uliveti e all’estrazione dell’olio si provvedeva direttamente, essendo attrezzato di propri impianti produttivi dei quali oggi rimane ben poco.

Dopo la morte della baronessa il feudo venne smembrato e diviso ai suoi figli ma, dopo la scomparsa di quest’ultimi, venne messo in vendita e acquistato in larga parte dai contadini che per anni lavorarono al servizio della Famiglia.

Per secoli, dunque, l’olivicoltura è stata il perno dell’economia ficarrese, ma la perdita di redditività nonché l’imporsi di nuove attività lavorative hanno fatto sì che questa pratica andasse sempre più in declino, provocando il progressivo abbandono.

L’itinerario dei Gattopardi punta a promuovere l’antica tradizione olearia locale, intrecciandola con il recupero della memoria in chiave di riscoperta, tutela e valorizzazione del territorio, delle tradizioni e delle risorse ambientali, secondo uno sviluppo sociale ed economico compatibile con il contesto originale del piccolo centro dei Nebrodi.

L’attenzione di questo itinerario è focalizzata sugli straordinari alberi di ulivo secolari, sorprendenti monumenti della natura e testimonianza viva del passato, ai quali è stato assegnato simbolicamente i nomi dei componenti della famiglia Piccolo di Calanovella nonché a Giuseppe Tomasi di Lampedusa cugino del grande poeta Lucio Piccolo, e alla pratica della lavorazione negli originali frantoi, oggi recuperati e restaurati.
Questo percorso con la sua originalità vuole essere in qualche modo una delle strade da seguire per riannodare quell’antico legame che, nel corso degli anni, è stato reciso dalle innovazioni portate dalla modernità.

La via della seta

Tra le attività artigianali eseguite nel piccolo centro, vi era quella della lavorazione della seta ottenuta da un complesso procedimento. Questa attività non solo permetteva di arricchire le case dei nobili, ma consentiva anche un florido commercio della preziosa fibra tessile che spesso era anche esportata.
Purtroppo, anche a questo settore toccò la sorte di cadere nel baratro.

La causa scatenante della crisi delle filande fu certamente l’avvento delle fibre artificiali le quali, da un lato permisero di ampliare e migliorare il vestiario delle comunità ma, dall’altro, gettarono nel dimenticatoio questa importante tecnica artigianale, fino ad allora capace di garantire il sostentamento di gran parte della comunità.

Oggi, grazie a “La Via della Seta”, è possibile far rivivere nella memoria dei ficarresi un ricordo oramai sbiadito dal tempo.

Grazie alla collaborazione della comunità, infatti, è stata allestita la “Casa del Baco”, dove non solo sono esposti i macchinari che venivano utilizzati per la filatura, come appunto “u filaiu”, ma in determinati periodi dell’anno, cioè dalla fine del mese di aprile fino a metà settembre, è possibile partecipare all’intero ciclo di vita del baco fino alla lavorazione della seta.

Casa del Baco

Il territorio di Ficarra è costituito prettamente di pietra arenaria e il suo uso è testimoniato non solo nelle cave in disuso o nelle strutture architettoniche di grande prestigio, come il Castello o il Convento, ma anche nella maggior parte delle abitazioni ficarresi; ciò dimostra che, nel corso dei secoli, c’è stata un’attività di scalpellini non indifferente tanto che si narra, anticamente ci fosse stata addirittura una scuola.

Oggi il mestiere dello scalpellino a Ficarra è diventato più una passione, che appartiene però a ben pochi; ma è proprio l’orgoglio di coloro che hanno ereditato un’arte così rara a suscitare il desiderio di guardare al passato per trasmettere alle generazioni future la capacità di “parlare alle pietre”, anche attraverso il “Museo Didattico della Pietra Arenaria”.

Adibito non solo ad esposizione degli attrezzi utilizzati per modellare la pietra o ricostruzioni in miniatura di quei luoghi costruiti in pietra come il frantoio o il palmento, ma è anche laboratorio a scopo didattico dove verrà insegnata l’arte della lavorazione della pietra .

Questo museo è ancora soltanto un progetto ma a breve, sarà realizzato e destinatari saranno soprattutto i giovani che sono il nostro futuro e che, nello stesso tempo, possono divenire i custodi delle tradizioni di ogni comunità .

Architettura e dimore nobiliari

Nell’ultimo frangente che completa l’Ecomuseo della Costa Saracena, ho deciso di porre l’accento su di un particolare aspetto delle comunità del comprensorio, caratterizzato da una vivida produzione artistica e letteraria.

L’itinerario si snoda dal tessuto urbano di Naso fino a raggiungere Capo d’Orlando, territori originariamente uniti in un unico comune e oggi definitivamente autonomi.

Naso, piccolo borgo che si erge su una collina a 497 s.l.m., custodisce all’interno delle sue mura, maestose testimonianze come splendidi edifici e monumenti che conferiscono al borgo un’immagine unica e singolare.

Negli ultimi due secoli, la presenza di importanti famiglie nobili, ha fatto si che si edificassero numerosi e splendidi palazzi,di pregevole qualità, come il Palazzo Musarra, Palazzo Paterniti, Palazzo Parisi, Palazzo Giuffrè, Palazzo Lanza, Palazzo Milio e Palazzo Piccolo.

Palazzo Musarra, Foto Storica

Altra struttura di grande importanza è il Teatro Vittorio Alfieri, una delle testimonianze più significative della cittadina di Naso, non tanto per il pregio delle sue linee architettoniche neoclassiche, ma soprattutto per il valore culturale dell’attività artistica che lo ha fortemente caratterizzato per quasi un secolo.

Nonostante molti segni siano stati cancellati dal tempo, dalle calamità naturali, nonché dall’ignoranza dell’uomo, ancora oggi il patrimonio della cittadina conserva valenze culturali di notevole importanza.

Ed è in esso che la comunità può ancora riconoscersi, ritrovare parte di un’identità che col tempo tende sempre più ad annullarsi, e scoprire le radici di una grande civiltà che ha saputo distinguersi con il suo impegno e le sue attività culturali.

L’itinerario culturale continua con la “Villa Piccolo”, costruzione signorile sorta nel territorio di Capo d’Orlando e residenza della nobile famiglia Piccolo di Calanovella, nonché dimora del grande poeta Lucio Piccolo.

Oggi la villa è un bellissimo museo dove sono stati raccolti i ricordi della famiglia: collezioni di oggetti d’arte, dipinti, ceramiche, armi antiche, libri, stampe, la collezione di botanica di Agata Giovanna, le fotografie di Casimiro e le lettere autografate del cugino Tomasi di Lampedusa, autore del celebre “Gattopardo”.

Ma l’aspetto più interessante della Fondazione è che essa, oltre a conservare la memoria della nobile famiglia, è divenuta oggi il fulcro di svariate ed rilevanti attività culturali del comprensorio.

La Villa Piccolo è così sempre più spesso sede di eventi, premi, conferenze, ricerche, stage di studio, selezioni teatrali e cinematografiche.

L’eredità lasciataci dalla Nuova Museologia può rappresentare una nuova carta vincente da giocare per affrontare e contrastare il processo omologante che caratterizza ormai il nostro tempo: una nuova soluzione per tutelare un’identità che rischia, giorno dopo giorno, di cancellarsi per sempre.

L’Ecomuseo della Costa Saracena non solo costituisce un’occasione per non dimenticare quei segni che hanno forgiato un territorio, un paesaggio e la stessa personalità della collettività di questo splendida terra, ma può divenire a tutti gli effetti un importante fattore di sviluppo culturale, sociale ed economico, un fattore trainante per un nuovo rilancio del settore turistico nebroideo.

Per le sue caratteristiche, infatti, l’istituzione ecomuseale diviene un’efficace attrazione per un turismo sostenibile, che non consuma ma che contribuisce a far rivivere il sapere del luogo.

La comunità, che con l’ecomuseo riconquista la sua posizione centrale e vitale all’interno del suo territorio, potrà finalmente scoprire e riscoprire il suo vero volto attraverso le proprie radici, creando così quello “specchio” attraverso il quale poter ammirare e condividere patrimoni e ricchezze dell’Uomo.


Maria Di Luca Lutupitto

Maria Di Luca Lutupitto, nasce a Catanzaro nell’80, consegue la maturità linguistica e soddisfatta dell’obiettivo prefissatosi, sente però che il suo cammino non è ancora concluso, così nel 2005 inizia gli studi universitari presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo, indirizzandosi nel Corso di Laurea “Scienze del Turismo culturale” di Cefalù. Durante gli studi, approfondisce la formazione attraverso corsi professionali, come quello di Programmatore Turistico ottenendone la qualifica, e partecipando a vari seminari organizzati dall’Università.

Alterna la carriera accademica con quella lavorativa, formandosi professionalmente, attraverso vari Stage presso enti attinenti al settore turistico come l’Ufficio Turistico di Brolo, la Tourismez  Tour Operator, la Stratos Agenzia viaggi, Tour Operator e organizzazione eventi durante il Vespa World Day 2008, Sole e Mare Service Agenzia servizi turistici e  organizzazione eventi.

Nel 2009 consegue la Laurea e poco dopo inizia a collaborare sia con strutture ricettive come il Gattopardo Sea Palace Hotel con mansione di receptionist, e recentemente con l’Hotel Grand Avalon Sikani come responsabile dell’ufficio escursioni e sia nel settore delle agenzie viaggi, come operatore di terminal, dandole così una visione più ampia del settore turistico.

Attualmente è responsabile e promotrice del progetto di sviluppo turistico ‘Dimorando’  nel Comune di Brolo e collabora con “Scomunicando” e interagisce con i progetti di “formazione”.

Ha partecipato, nel circuito dei Borghi più belli d’Italia, agli incontri a Roma, Castelomola e recentemente a Brolo.

 

admin

Recent Posts

OLIVERI – Nino Vitale nominato Commissario della Dc

Nino Vitale nominato Commissario della Sezione della Democrazia Cristiana. La nota del Segretario provinciale del…

2 ore ago

GIORGIO ARMANI – Il ricordo, nella grafica di Antonio Morello

 il genio silenzioso che ha ridefinito l’eleganza (altro…)

3 ore ago

PATTI – Il Movimento “Patto per Patti” affonda il colpo: “Quattro anni persi, città senza guida né visione”

Patti non cresce, non si rilancia, non sogna più. A dirlo senza mezzi termini è…

3 ore ago

LUCI E OMBRE SUL PNRR – A Capo d’Orlando il bilancio a un anno dal termine

Dal convegno promosso da Quater Srl la certezza: nessuna proroga, i progetti vanno chiusi entro…

3 ore ago

IL FURTO AD ANTENNA DEL MEDITERRANEO – Arresti domiciliari per un 24enne

E’ stato ristretto agli arresti domiciliari l’autore del furto perpetrato ai danni della nostra emittente…

9 ore ago

TRA CLOUD E MOBILE BANKING – L’importanza di scegliere siti sicuri

TRA CLOUD E MOBILE BANKING - L’importanza di scegliere siti sicuri

9 ore ago