«Non basta ricordare Via D’Amelio. Bisogna capire cosa avvenne, perché avvenne e soprattutto da che parte stare, senza se e senza ma».
la domanda di verità e giustizia sui mandanti della strage resti ancora oggi senza risposta.
Nel 33° anniversario della strage di Via D’Amelio, Fabio Granata rompe il coro delle fiaccolate e delle frasi fatte per lanciare un atto d’accusa durissimo contro quella che definisce una memoria ipocrita e contro chi — a suo dire — ha tradito Paolo Borsellino prima e dopo la sua morte.
In un post pubblicato oggi, 19 luglio 2025, l’ex assessore regionale ed ex parlamentare siciliano sottolinea come la domanda di verità e giustizia sui mandanti della strage resti ancora oggi senza risposta.
Granata invita a guardare oltre la retorica: «La nobile figura e la sacra memoria di Paolo vanno rispettate iniziando dal non rileggittimare figure oscure, protagoniste della Trattativa. Via D’Amelio deve tornare a essere un tempio ideale, protetto dall’irriducibile richiesta di verità di Salvatore Borsellino e di chi non si è arreso a quelle forze — non solo mafiose — che vendettero la vita di Paolo».
Parole che chiamano in causa non solo Cosa nostra ma anche apparati dello Stato. «Lo abbandonarono, lo tradirono, ne determinarono la morte e impedirono con ogni mezzo l’accertamento della verità. E non furono soltanto mafiosi: furono magistrati, poliziotti, carabinieri e uomini dei servizi segreti».
Nel suo j’accuse, Granata denuncia anche l’ipocrisia della politica: «A sinistra come a destra, solo parole retoriche e vuote. Continua la battaglia irriducibile per smascherare definitivamente i mandanti e i beneficiari politici di quella morte. Molti nomi li conosciamo, e al di là delle sentenze di assoluzione di uno Stato che non può condannare se stesso, restano figure che hanno meritato e continueranno a meritare il nostro eterno disprezzo per aver tradito Paolo Borsellino e per aver coperto le vere responsabilità e le vere motivazioni del suo massacro».
Granata si unisce così a quella parte di società civile — capeggiata da Salvatore Borsellino e dalle Agende Rosse — che da oltre trent’anni chiede di fare luce sulle ombre della Trattativa Stato-mafia e sulle connivenze istituzionali che avrebbero decretato la fine del giudice palermitano.
Nel giorno delle fiaccolate, il suo messaggio è chiaro: la memoria non sia un pretesto per nascondere la verità. E chi ha tradito Borsellino — anche se oggi assolto o celebrato — non merita né oblio né indulgenza. Solo verità e giustizia, senza compromessi, possono rendere onore a quella vita sacrificata.
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