Una vittoria. Una squadra che sapeva di riscatto sportivo e sociale
Furono anni e momenti straordinari quelli. Mentre il Cagliari di Gigi Riva vinceva lo scudetto, la Hit Parade della primavera 1970 dava al primo posto Simon and Garfunkel con “Bridge Over Troubled Water”, davanti ai Beatles con “Let it be”, ultimo album dei ragazzi di Liverpool: appena il 10 aprile McCartney aveva abbandonato il gruppo, decretandone la fine.
Mentre l’Apollo 13 s’avviava verso la Luna senza allunarvi mai per poi rientrare sulla Terra dopo un viaggio drammatico e l’astronave a pezzi, allo Stadio Amsicora – cronaca in diretta di “The Voice” Sandro Ciotti – era l’apoteosi del Cagliari e di Gigi Riva contro il Bari.
Ampsicora, con la p, era stato un antico eroe della sarditudine, un ribelle resistente all’invasione romana.
Se oggi i ragazzi ne ricordano vagamente il nome, è perché lo associano allo stadio del trionfo rossoblu.
A Cagliari, tra l’Amsicora, il Sant’Elia e la Sardegna Arena dal 2015 corre il Viale dei Campioni d’Italia 1969/70. Un viale basta per la storia, a Torino sarebbe impossibile trovare tante strade quanti gli scudetti della Juve. Più passa il tempo e più si ha il senso epico di quell’impresa, rassegnandoci contemporaneamente all’idea che un’altra storia così probabilmente non la vedremo più.
Ma non vinse solo per Riva quello scudetto il Cagliari. Anzi. Riva aveva già vinto due volte la classifica cannonieri, ma il Cagliari non aveva vinto lo scudetto. Vinse anche e soprattutto per una delle più straordinarie difese mai viste, con Albertosi in porta e Cera libero (dopo l’infortunio di Tomasini) dietro Martiradonna, Niccolai e Zignoli. 11 gol presi in 30 giornate: 0,37 a ogni partita, un record eccezionale. Gigi Riva raccontava sempre: “A quei tempi, a inizio partita, i difensori col tacco tiravano un solco parallelo all’area di rigore e dicevano all’attaccante: se lo oltrepassi ti tronco”. E infatti Gigi ci avrebbe poi rimesso gambe e carriera.
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