Così Sonia Alfano, europarlamentare e responsabile nazionale del Dipartimento Antimafia di IdV, ha commentato a caldo dopo aver visto il documento sequestrato a Sasinini dal titolo “Ev. trattativa”, databile intorno al 1997-98, su cui è scritto, tra le altre cose, “Berlusconi dice alleiamoci contro Caselli e la sinistra che rompono i coglioni a me e a te”. La nota si conclude con un sinistro finale: “Pare che vari pentiti (forse anche Brusca) dicono che la trattativa Mori-mafia era stata fatta per conto del governo Berlusconi”.
“Sasinini era a stretto contatto con Mori e soprattutto con Francesco Di Maggio, ex magistrato della Procura di Milano, poi vice di Sica all’Alto commissariato antimafia e nel 1993 vice capo del Dap all’epoca delle stragi, originario di Barcellona Pozzo di Gotto. Il giornalista Sasinini nel 2002 passò alle dipendenze della rete di spionaggio di Tavaroli. In un verbale dell’ispettore penitenziario Cristella, quest’ultimo ha sostenuto che Mori, Di Maggio e Bonaventura (fedelissimo collaboratore di Di Maggio, prima da capo della Sezione anticrimine dei Carabinieri di Milano e poi all’Alto commissariato e infine approdato al Sismi) nell’estate del ‘93 cenavano insieme quasi tutte le sere – considera la Alfano-. Mi chiedo perchè Di Maggio, che ebbe certamente contezza della trattativa in atto, nel novembre 1993 acconsentì all’esclusione di centinaia di mafiosi dal 41 bis. Proprio in quel momento Di Maggio aveva nelle carceri un ottimo ambasciatore cui era legato da decenni, il mafioso di Barcellona Rosario Pio Cattafi, lo stesso che negli anni Ottanta era stato miracolato a Milano in vicende giudiziarie istruite proprio da Di Maggio (come risulta dagli atti del fascicolo sul sequestro dell’industriale lombardo Giuseppe Agrati: di prove, in quel caso, sembravano veramente essercene troppe. C’era perfino una testimone oculare che aveva visto Cattafi ed un complice, con le borse piene dei soldi del riscatto, partire per la Svizzera. Ma, su richiesta proprio del pm Di Maggio, Cattafi era stato prosciolto.) e che il 30 marzo scorso ha subito, da parte del GICO della GdF di Messina, un sequestro di beni per un valore di 7 milioni di euro. Barcellona Pozzo di Gotto” aggiunge il parlamentare europeo “è l’ultima pagina da squadernare sul biennio stragista 1992/93 e sulla trattativa fra Stato e Cosa Nostra. Dentro le istituzioni ci sono ancora oggi decine e decine di persone che conoscono tutta la verità. Il mio auspicio – conclude – è che si rechino spontaneamente davanti ai magistrati delle Procure di Firenze, Palermo e Caltanissetta a vuotare il sacco, almeno per rispetto del sangue delle vittime con il quale è stata edificata la seconda Repubblica”.
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