Quel giorno, fino ai fatidici 57 che separeranno dalla strage di Via D’Amelio, ha segnato una linea di demarcazione nei cuori degli italiani, ma dei siciliani in modo particolare. La strage di Capaci ha sempre avuto un significato particolare per tutti, perché forse, quel giorno, si ha avuto più che mai la sensazione che non tutti eranno dalla stessa parte nella lotta alla mafia.
L’insegnamento principale che hanno lasciato Falcone e Borsellino, e chi come loro in quegli anni tremendi hanno perso la vita, è che la lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che annienti quella vera e propria formamentis mentale che porta al famoso “compromesso morale” pronunciato da Paolo Borsellino pochi giorni prima di essere ucciso.
Il luogo simbolo della cultura sono senza dubbio le Università.
Per questo a Messina si è scelto il Rettorato per commemorare il Giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta (Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani) tutti rimasti uccisi il 23 maggio del 1992 nella strage di Capaci.
All’evento ha presenziato naturalmente il Rettore Francesco Tomasello, il docente della Facoltà di Giurisprudenza Devero e il Prof. Luigi Chiara della Facoltà di Scienze Politiche.
È stato proprio il rettopre Tomasello a ricordare le recenti dichiarazioni del Ministro Profumo, che riguardavano proprio la necessità di creare una vera e propria cultura delle istituzioni “io mi sento di sottoscrivere le dichiarazioni del Ministro Profumo – ha dichiarato Tomasello – la mafia teme di più la cultura delle istituzioni che non la cultura stessa.
È necessario continuare a formare i ragazzi nella cultura della legalità”.
Uno dei rischi di queste commemorazioni è, senza dubbio, quello di cadere nell’ovvietà e di svuotare la ricorrenza del proprio reale significato “bisogna uscire dalla demagogia e partire, fina dalle scuole per finire alle università, per creare una vera e propria cultura della giustizia – ha dichiarato il Prof. Devero che ha preso la parola durante la commemorazione – lo Stato non deve assolutamente mai mettere in discussione l’inderogabilità della pena, altrimenti il corpo sociale non capisce la necessità di instaurare la cultura della legalità, senza la quale, la repressione sarebbe fine a sé stessa”.
Il Prof. Luigi Chiara, nella sua qualità di storico, si è soffermato sulle origini della mafia “la mafia nasce come reazione alla difficile integrazione della Sicilia, prima nel regno d’Italia e poi nella Repubblica”.
Presenti anche le associazioni studentesche che hanno ricordato uil loro impegno nel non disperdere la memoria di coloro che hanno perso la vita nella lotta alla mafia, in particolare il Presidente dell’associazione Atreju, Andrea Santalco, ha ricordato la presenza dell’albero di ulivo piantato a Piazza Pugliatti cinque anni fa.
Antonio Macauda
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