I misteri torbidi della storia criminale italiana permangono nella nebulosa foschia che tutto inghiotte, mantenendo tutto nell’indistinto e soverchiante clima del sospetto capillare. Sicchè, fino a quando non si chiarisce il tutto con protagonisti e moventi, mandanti ed esecutori, fin’allora la discussione pubblica rimane astratta e opinabile, ovverosia priva di sostanza plausibile e di riconoscimenti di merito sulle responsabilità.
A questa lunga sceneggiatura arriva oggi e si aggiunge l’ennesima dichiarazione sull’argomento dell’ex magistrato/politico Giuseppe #Ayala, che ritiene, solo oggi e senza dettagliare e circostanziare, che la strage di#Capaci non poteva essere concepita ed eseguita solo dalla mafia.
È l’ennesima puntata di una storia infinita, fatta di presunzioni e rappresentazioni fuori tempo, che si elaborano quando i soggetti che hanno ricoperto ruoli istituzionali, finita la carriera e cessato l’esercizio delle funzioni, si ritrovano custodi di verità nascoste e si peritano di elaborare tesi subdole e colpevoliste, provando ad accusare pezzi dello #Stato, che si mostrano pronti a tradire i coraggiosi eroi con la fine peggiore e tramando alle spalle dei quali si ordivano lotte intestine e clandestine, strategie criminali, all’insegna di una logica che piegava e piegherebbe le istituzioni a interessi partigiani che poco hanno a che vedere con la generalità degli interessi e dei valori dello Stato, che dovrebbe detenere la forza e garantire protezioni e mettere in sicurezza le #comunità, anziché renderle ostaggio di questo mai finito romanzo criminale.
Credo che tutto questo risponda a giochi pericolosi di quanti vogliano divenire protagonisti per un giorno, ove i retroscena servono solo a rendere originale, seppur noioso, un canovaccio che serve a perpetuare la debolezza dello Stato che relativizza, senza essere depositario di volontà ed interessi superiori.
Qui manca ciò che dovrebbe affermarsi come una cultura istituzionale che dovrebbe aiutare la coesione comunitaria attorno ad una piattaforma di valori inossidabili e costituzionali, per i quali bisognerebbe fissare una condivisione come metodo di scelte, ove costruire una consapevolezza diffusa in cui includere verità e sentimento comune, in cui ritrovarvi il bene di tutti e la bellezza dello Stato che vive o meglio dovrebbe vivere di ispirazioni culturali in cui vedere lo stare assieme all’insegna della fiducia non certo del subdolo sospetto.
È tempo di costruire #fiducia, non certo seminare dubbi e vigliaccherie di 4 un soldo. Nel ricordo immemore della strage di Capaci che ha visto la morte di 7 rappresentanti delle istituzioni di cui bisogna per sempre ricordare la loro vita vissuta e sacrificata per servire lo Stato:#Giovanni_Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Senza dimenticare chi è rimasto per fortuna vivo come gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza.
(Rino Nania / 23 maggio 2018)
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