«Con Berlusconi Crozza è stato violento»
E Fazio attacca i contestatori di Crozza: “Sconcertato da quanto accaduto”
Dopo lo shock dovuto alla tragedia del figlio di Franco Gatti, la conferenza stampa del day after il giorno dell’esordio non nasconde la soddisfazione di tutto il gruppo di lavoro per gli indici di ascolto di martedì: la media ponderata ha sfiorato i 13.000.000 con uno share del 48,2%.
La prima parte, con il discusso intervento di Maurizio Crozza, ha superato i 14.000.000: poco più di otto milioni hanno invece seguito la seconda parte, dalle 23.45 alle 0.30.
Immediata la stoccata del direttore di Rai Uno Giancarlo Leone alla precedente gestione del Festival (Lucio Presta).
Così rivolto alla stampa: “Siate buoni con gli ascolti: c’è sempre un calo fisiologico. L’anno scorso hanno perso dieci punti, ricordatevelo“.
Fazio però non ha dimenticato i difficili momenti che hanno preceduto il vero show di Crozza, con le urla di pochi spettatori che hanno messo in imbarazzo il comico genovese e lo stesso conduttore.
Dopo le dure parole in diretta, Fazio torna sull’argomento:
“Trovo incredibile quanto è accaduto, è come se uno andasse alla messa di Natale e cominciasse a urlare. La par condicio è una cosa, la satira in un paese libero è ammessa e doverosa. Cosa dovevamo fare: mandare il monoscopio?”.
Quindi un attacco indiretto all’organizzazione:
“Comunque erano due persone note, già identificate l’anno scorso: allora mi chiedo come sia possibile che siano tornate di nuovo…”.
Qualche giornalista osserva come Crozza sia partito da Berlusconi e che non abbia quasi mai citato Monti.
Leone: “Crozza non è un provocatore“.
Passando alla gara, è stata fatta notare la durata troppo breve del televoto.
Non convincente la replica di Fazio:
“Il televoto rimane aperto qualche secondo dopo la fine della seconda canzone: e noi ci siamo raccomandati di aspettare entrambe le esibizioni prima di esprimere la preferenza“
Ma torniamo al contestaore:
Letterio Munafò, ex consigliere Pdl, vicepresidente del Lecce, spiega i fischi al comico genovese: «Era una tribuna politica»
Con 168 euro si può assaporare il piacere di «mandare all’aria» il palinsesto del festival di Sanremo.
Tanto è costato il posto della «rossa» poltrona a Letterio Munafò.
Lillo (per gli amici) ammette di aver già comprato il biglietto per sé e per la sua gentile consorte anche per le serate di mercoledì, giovedì, venerdì e sabato.
Insomma lui a Sanremo ci sarà tutte le sere, «ospite fisso».
Fabio Fazio è avvertito.
A maggior ragione adesso che le forze dell’ordine lo hanno già identificato, subito dopo aver contestato Maurizio Crozza che imitava Berlusconi.
«For me, formidable» di Charles Aznavour interpretato dal Berlusconi-Crozza gli ha fatto perdere le staffe: «Vai a casa», gli ha urlato dal mezzo della sala.
E si è scatenato il putiferio.
CHI È
Nato a Lecce da genitori siciliani, vicepresidente del Lecce calcio, presidente degli agenti italiani delle assicurazioni, Lillo Munafò, 65 anni, è stato anche consigliere pidiellino a Legnano.
Il suo programma politico? In tre punti: al primo posto la famiglia. Al secondo la sicurezza e poi lo sport.
Programma che non è bastato nel 2012 a farlo rieleggere.
La contestazione
Signor Lillo cosa è successo con Crozza?
«Il discorso di Crozza è stato violento. Se avesse iniziato criticando gli altri avrei fatto la stessa cosa.
Si poteva chiamare Crozza o con un altro nome, io ero andato a Sanremo per la canzone italiana e invece mi sono ritrovato a “Tribuna politica”.
Volevo essere trattato da italiano e invece sono stato trattato come un rappresentante del popolo più stupido del mondo.
E invece siamo i più intelligenti. Ora Crozza rimane un bravo comico, anzi bravissimo ma è troppo politicizzato».
Ma non lo ha contestato quando imitava Bersani…
«Il discorso (la gag, ndr) che lui ha presentato si sapeva già dai giornali, Fazio e la Littizzetto lo sapevano…
Quindi io ho fischiato l’intervento politico.
L’avrei fatto anche se avesse iniziato con Bersani. Invece è partito con Berlusconi e quella canzone per dieci minuti.
Quindi gli abbiamo urlato “basta”. Poi mi hanno chiesto i documenti e dopo ancora sono tornato al mio posto.
Fino a quando non ho deciso, io, di andarmene».
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