Carmelo Giuffrè, un nome tra i tanti Caduti, “ucciso dalla mitraglia”.
Lui, non sui monti di Trento, come cantava De Andrè, ma sulle spianate di Monte Rosso Almo, nel luglio del 43.
Aveva 31 anni, era un soldato del regio esercito, aveva lasciato la famiglia, quattro fratelli, ora restano nipoti e pronipoti a portare il suo nome in ricordo di uno zio mai conosciuto.
Brolesi, come tanti tanti reduci, molti morti, combattendo, decorati, eroi senza fanfare, popolani – sopratutto quelli della prima guerra mondiale – mandati a morire come i bifolchi, carne da macello, nelle trincee del Carso o come – anni dopo – Giuseppe Micalizzi – classe 1909 – deceduto nel 1944 e rimasto ad Amburgo, sepolto nel cimitero militare italiano d’onore (riquadro 5 fila n. tomba 15).
In tanti – tra il 1915 ed il 1918 – salirono sulle “tradotte”, con le vesti che sapevano di sale, di mare e di limoni.
Venivano da questo borgo marinaro per morire, combatte, andare all’assalto, sui campi e nelle trincee del trentino e del veneto.
In 21 non fecero più ritorno, altri – chi era tornato a casa magari senza una gamba – si vedevano, sino ai primi anni ottanta, anche nelle bettole, a raccontare della guerra con i loro nastrini attaccati al bavero, le croci di Vittorio Veneto, sempre lustrate.
Erano “i nonni” della guerra.
Un vitalizio, una cicatrice da mostrare, il cappello piumato impolverato sull’armadio, la divisa logora da indossare in giornate come oggi.
Per ricordare chi non è tornato ora c’è una lapide, sul monumento del “militare assorto”.
Una lapide e dei nomi oggi onorati da Irene Ricciardello, il sindaco del paese, Giuseppe Miraglia, il presidente del consiglio comunale e dall’onorevole Nino Germanà che qui hanno deposto una corona di alloro portata dai vigili urbani.
I brolesi Caduti della Grande Guerra sono Vincenzo Agostino Gasparo, Antonino Busacca, Gennaro Caruso, Basilio Castrovinci, Natale Catania, Antonio De Luca Cardillo, Carmelo De Luca Cardillo, Antonino Aliberto, Antonio Gentile, Giuspepe Gentile, Paolo Giuliano, Vincenzo Magistro, Basilio Mancuso, Costantino Merenda, Gaetano Onofaro, Carmelo Ricciardello, Cono Speziale, Basilio Starvaggi, Calogero Terranova, e Carmelo Tripi.
Tanti cognomi noti, identificabili con le famiglie di chi ancora vive a Brolo, altri che non esistono più nell’anagrafe del paese.
Anche questa è storia.
Loro dovevano avanzare sotto il fuoco nemico, per conquistare città in cui nessuno era mai stato e montagne che nessuno aveva mai sentito nominare.
C’era da difendere una “terra italiana”, palmo a palmo, per impedire che gli austriaci se la riprendessero tutta.
Difendere quella che era difficile definire “la loro” terra.
Oggi quei fanti – ovviamente – non ci sono più.
La memoria diretta della Grande Guerra si è spenta per sempre.
Resta una data, come oggi, per ricordarli.
Ricordare uomini.
Ma è un ricordo che vale anche, se non soprattutto, per chi restava a morite sotto i bombardamenti, per i bambini schiacciati dalle jeep americane, come il piccolo Santo Campo, e delle donne.
Quelle che restavano e che vedevano partire padri, fratelli, mariti.
Le donne rimaste a casa che dimostrarono di saper fare i lavori «da uomo».
Forse una prima fase dell’emancipazione degli anni che poi verranno.
Le donne brolesi, quelle che portarono il lutto per sempre.
E come tutte le guerre anche quelle combattute dai “brolesi” ha i suoi piccoli eroi
Ma sono uguali a tutte quelle raccontante, da chi le ha viste e vissute.
Una discesa agli inferi.
I diari, le lettere, le cartoline conservate ancora restituiscono una sofferenza che oggi non riusciamo neanche a immaginare che parlano di assalti inutili, delle decimazioni impartiti da generali idioti, di miserie umane, di paura.
E questo che l’amministrazione comunale, deponendo ORA la corona d’alloro ha voluto ricordare e testimoniare.
Ma deve essere anche il ricordo di chi tornò, dalla fronte Greco Albanese nell’anno di guerra del 43.
Una lapide li ricorda nella Chieda Madre.
Vollero una statua a Santa Rita alla quale si “rivolsero cercando protezione”.
Fecero poi una sezione di “Combattenti e Reduci”, sulla Nazionale, ed anche una lista “Elmetto” – senza fortuna nelle amministrative del dopoguerra – per dare spazio a idee, proposte e concretizzare aspettative.
Brolo non diede loro credito.
Tornarono dai Balcani: Rosario Scaffidi Militone, il sottotenente poi insignito di una croce di guerra e della medaglia al valor militare per quanto fatto al fronte, in Africa orientale.
Onorificenza spettata anche a Giuseppe Baudo, altro decorato di guerra – una medaglia d’argento ed una via per ricordarlo – come avvenne per un altro sottotenente, Giuseppe Mirenda, morto da eroe sul fronte Russo (anche se molti dicono che sia morto in un campo di concentramento russo, dove, ferito, venne deportato) al quale venne dedicata l’attuale che porta il suo nome, una volta piazza Nasi.
Tra quei reduci, sulla lapide, spiccano i nomi di Antonino Scaffidi Militone, del brigadiere Carmelo Marino, dei graduati, tra caporali, artiglieri, e soldati di Antonino Ricciardello, Antonino Sapienza, Francesco Scaffidi, Antonino Buttà, Nunzio Lavena, Natale Cipriano, Antonino Catania, Antonino Vizzari, Antonino Maniaci, Salvatore Gentile, Vincenzo Calderaro, Giovanni Scaffidi Mangialardo, Antonino Ricciardello, Francesco Calderaro, Michele Dimunnu, Salvatore Toscano, Salvatore Cardaci, Basilio Caruso, Vittorio Fabbiano, Cono Merenda, Carmelo Giuffrè, Gaetano Mancuso, Rosario Ricciardello, Salvatore Gasparo, Cono Bonina, Francesco Rifici, Teodoro Lo Biondo, Pietro Insana, Pietro Laccoto e Basilio Agnello,
Ma è un l’elenco di nomi che si allunga.
Perché Brolo ha dato il suo consistente contributo alla “Patria” di sangue e dolore anche nella seconda guerra mondiale.
In quell’elenco annoveriamo, sicuri comunque di dimenticarne qualcuno. chi ha avuto onori e medaglie – consegnate alla memoria a figli e nipoti – quando venne inaugurato il monumento ai “Cadute del mare”, voluto dall’amministrazione comunale del tempo, guiodata da Basilio Germanà. In quell’elenco c’erano i nomi di Giovanni Giuffrè, Calogera Salvatore Barà, Giuseppe Lacchese, Giuseppe Bruno, Pietro Ceraolo, Francesco Rizzo Ricciardi, Antonino Natoli Timpirino, Nicolò Bongiorno, Carmelo Perdicucci, Francesco Scaffidi Militone, Giuseppe Micalizzi, Salvatore Mendolia e Giovanni Scaffidi Mancialardo.
Età media 23 anni.
Tutti eroi senza fanfare.
msm
E ripubblichiamo un estratto dell’articolo dedicato al Sottotenente Giuseppe Mirenda morto sul fronte russo.
Lui era stato anche designato per aver assegnata la medaglia d’oro, per la sua morte eroica, ma poi il provvedimento venne declassato e ricevette, alle memoria, la medaglia d’argento (a Brolo altre onorificenze militari spettarono a tanti come a Giuseppe Baudo, medaglia d’argento ed Saro Scaffidi Militone medaglia di bronzo).
Mirenda faceva parte del XIV battaglione ed era il comandante del plotone dei guastatori posto a difesa di un importante e stategica posizione sul fronte russo.
Benché attaccato “da soverchianti forze nemiche – si legge nell’atto di consegna dell’onorificenza – riusciva a tenerle in scacco per molte ore.
Accerchiato continuava a battersi con estremo vigore quindi contr’assaltava audacemente l’avversario riuscendo a aprirsi un varco.
Caduto presso di lui il fiammere impugnava agli stesso il lanciafiamme e alla testa dei suoi valorosi infliggeva gravi perdite al nemico finchè colpito mortalmente cadeva sul campo della strenua lotta.
Caposaldo n.4 fronte russo 15 dicembre 1942”.
– Decreto 7 agosto 1948 registrato alla Corte dei Conti il 27 agosto 1948 Esercito registro 18 foglio 330 Ricompense al Valor Militare – Conferimento Medaglia d’argento al Valor Militare alla memoria al sottotenente Mirenda Giuseppe da Brolo (Messina) –
Help.
Reperire fonti e foto per ricostruire pezzi di storia di Brolo non è sempre facile.
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