80 ANNI DOPO LA SHOAH – La “Soluzione Finale”
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80 ANNI DOPO LA SHOAH – La “Soluzione Finale”

Un’immagine scioccante e potente, che riaccende la coscienza collettiva e spinge a guardare con occhi diversi quanto sta accadendo oggi in Palestina.

 Il murale di Laika “disegna” Gaza come la nuova ferita dell’umanità

Nella notte tra il 25 e il 26 maggio, un murale firmato da Laika, la street artist mascherata nota per le sue provocazioni politiche e sociali, è apparso davanti al Liceo Manara, in via Basilio Bricci, a Roma. Il titolo dell’opera è già di per sé un pugno nello stomaco: “La Soluzione Finale”.

Nel murale, Adolf Hitler e Benjamin Netanyahu si baciano. Il dittatore nazista, simbolo assoluto del male del Novecento, si complimenta idealmente con il primo ministro israeliano per la conduzione della guerra nella Striscia di Gaza. Una provocazione estrema, che ha già acceso il dibattito, dividendo l’opinione pubblica tra chi la condanna come un paragone blasfemo e chi la interpreta come un grido necessario.

Ma il messaggio è chiaro, diretto, privo di ambiguità: ciò che sta accadendo a Gaza – con migliaia di civili, in gran parte bambini, uccisi sotto i bombardamenti, con ospedali distrutti, campi profughi spianati e la popolazione ridotta alla fame – non può più essere taciuto o normalizzato. E ancor più inquietante è il fatto che tutto ciò avvenga 80 anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, quando l’umanità giurò che non avrebbe più permesso l’orrore.

«Ho scelto un’immagine estrema per scuotere stampa e opinione pubblica», ha dichiarato Laika in una nota. «Il governo israeliano, con il sostegno di Stati Uniti e Unione Europea – Italia e Germania in testa – sta portando avanti una sistematica operazione di annientamento del popolo palestinese. Gaza è oggi una prigione a cielo aperto, ridotta in macerie. E la fase successiva sarà la deportazione dei sopravvissuti».

L’opera è un atto d’accusa verso l’ipocrisia occidentale, che da una parte sanziona l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, e dall’altra tace (e finanzia) la distruzione di Gaza, dove – secondo dati confermati da diverse ONG – più di 20.000 bambini sono già morti. Laika non risparmia neppure il governo italiano: «Si definiscono pro-vita, ma non hanno detto una parola davanti alla morte di migliaia di bambini, come nel caso della pediatra palestinese Alaa al-Najjar, che ha perso nove dei suoi dieci figli sotto una bomba».

E poi l’appello finale, rivolto anche alle comunità ebraiche: «Chi ha vissuto il dolore dell’Olocausto non può accettare le atrocità di Gaza. La fine di Gaza coinciderà con la fine della nostra idea di democrazia e umanità».

Il valore simbolico di quest’opera diventa ancora più dirompente in un anno come questo, il 2025, che segna l’80° anniversario dalla liberazione dei campi di concentramento e dalla sconfitta del nazifascismo. In un mondo che sembra non aver imparato nulla, dove il dolore altrui viene selezionato e raccontato a seconda delle alleanze geopolitiche, l’arte torna a fare ciò che da sempre le compete: provocare, scuotere, far riflettere.

Il murale di Laika è destinato a far discutere, forse verrà rimosso, censurato, criticato. Ma la sua forza resterà impressa nella memoria di chi lo ha visto. Perché, 80 anni dopo, chiedere “mai più” non è più abbastanza. Ora bisogna chiedere: cosa stiamo diventando?

Il segno di Laika

27 Maggio 2025

Autore:

redazione


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