CASO MAZZEO – Non sparate sulla Croce Rossa
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CASO MAZZEO – Non sparate sulla Croce Rossa

C’era da giurarci. Su Antonio Mazzeo, in qualche modo, sarebbero passate delle nuvole. E così è stato. La nota di Enzo Caputo

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Si possono o meno condividere le sue posizioni sul militarismo che, in parte, per il particolare momento storico “indotto, targato “Otto settembre”, appaiono, giocoforza, non condivisibili.

Ma questo è il mio pensiero e poco conta nella “singolar tenzone” cui è chiamato a “duellar” Mazzeo.

Non si vuole qui giudicare o, peggio condannare nessuno, tocca ad altri prendere posizione, ma… un richiamo al giornalismo e alle sue regole, che essendo costituzionalmente garantite, passano sopra a lacci lacciuoli, contratti e vincoli fiduciari vari o presunti tali.

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La società contemporanea, non a caso, viene definita società dell’informazione. il giornalista, in questo contesto è da considerarsi un mediatore sociale, un filtro tra gli accadimenti e il cittadino giocando così un ruolo sociale di estrema rilevanza per la sua possibilità di influire (positivamente o meno) nella formazione dell’opinione pubblica.

Un ruolo “pesante” ed è proprio per questo il giornalismo ha avuto un riconoscimento altrettanto “pesante” proprio dalla Costituzione e, in particolare dall’articolo 21, che non ci stanchiamo di richiamare per la sua sempre attualità.

Diritto alla libertà di stampa e di espressione del proprio pensiero, ma anche, indirettamente, il diritto dei cittadini ad essere informati. E allora è tutto possibile in nome di questa “licenza”?

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Certo che no. Ogni licenza ha un limite che nello specifico vuole il rispetto di tre elementi: verità, continenza e pertinenza.

Tutto qui, maledettamente chiaro e straordinariamente semplice.

E’ vero che i militari sono stati nella scuola dove prestano servizio (l’Istituto appartiene allo Stato) sia pure con ruoli diversi la dirigente Giovanna Egle Candida Cacciola e Antonio Mazzeo?

Se si la prima condizione, quella della verità si è verificata.

E’ vero che Mazzeo si è limitato a raccontare i fatti dando il risalto che, in piena autonomia giornalistica, si è sentito di dare esercitando il diritto di critica?

Se si si è verificata la seconda condizione.

E’ vero che la notizia data era pertinente anche con il diritto dei cittadini ad essere informati?

Se si, si è verificata la terza condizione. Punto.

Ma chi sono io per pontificare e sputar sentenze?

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Nessuno ovviamente.

E allora? Non mi resta che citare con molta umiltà la Cassazione in materia di diffamazione a mezzo stampa e precisamente la sentenza 8 maggio 2012, n. 6902 con la quale la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare, ancora una volta, quali sono le condizioni necessarie per poter invocare la scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca.

Si legge nella sentenza: Come è noto, il diritto di manifestare il proprio pensiero ex art. 21 Cost. non può essere garantito in maniera indiscriminata e assoluta ma è necessario porre dei limiti al fine di poter contemperare tale diritto con quelli dell’onore e della dignità, proteggendo ciascuno da aggressioni morali ingiustificate. La decisione si trova in completa armonia con altre numerose pronunce della Corte.

La Cassazione, infatti, ha costantemente ribadito che il diritto di cronaca possa essere esercitato anche quando ne derivi una lesione dell’altrui reputazione, costituendo così causa di giustificazione della condotta a condizione che vengano rispettati i limiti della verità, della continenza e della pertinenza della notizia.

Orbene, è fondamentale che la notizia pubblicata sia vera e che sussista un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti.

Il diritto di cronaca, infatti, giustifica intromissioni nella sfera privata laddove la notizia riportata possa contribuire alla formazione di una pubblica opinione su fatti oggettivamente rilevanti. Il principio di continenza, infine, richiede la correttezza dell’esposizione dei fatti e che l’informazione venga mantenuta nei giusti limiti della più serena obiettività.

Che forse Mazzeo non è iscritto all’Albo dei giornalisti?

Una difesa di “casta” la mia?

No. Semplicemente è dare un’etica alla professione di giornalista che non si improvvisa e non si acquisisce con l’avere il semplice tesserino ma si impara e fortifica anche nella Via Crucis che, ogni giorno, i giornalisti con la schiena dritta percorrono.

Con chi sto, con Mazzeo, con la scuola o con le forze armate?

Con tutti e con nessuno.

Sto con ciò che è giusto e, se non erro, in questo caso sto con Antonio Mazzeo.

Cosa meglio della Canzone del Piave può rendere l’idea. “Tra le schiere furon visti risorgere Oberdan, Sauro e Battisti”.

E il paragone calza anche se in “abiti civili” . E poi uno dei pilastri dell’esercito non è forse l’Onore Militare, tanto ben coniugato dal generalissimo Rommel in Africa.

Riconosciamolo A Mazzeo.

Enzo Caputo

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Autore:

redazione


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