LUCIANO MIRONE – Lo scrittore\giornalista visto da Cettina Giallombardo
Babylon, Cultura, Fotonotizie, In evidenza

LUCIANO MIRONE – Lo scrittore\giornalista visto da Cettina Giallombardo

Lo scrittore giornalista, recentemente a Brolo per la presentazione del suo libro sui set cinematografici che hanno visto “protagonista” la Sicilia, –  “Il set delle meraviglie. I film celebri girati in Sicilia” – visto nelle considerazioni di Cettina Giallombardo che dal palco ha seguito l’evento voluto dal gruppo culturale “Ali di carta”

Mi piace iniziare a parlare di Luciano Mirone ( e del suo lavoro di giornalista e scrittore impegnato a trattare argomenti molto delicati e scottanti), con una breve frase che io ho tratto da quella più ampia posta all’inizio del suo libro su Attilio Manca “ Un suicidio di mafia”.  La frase è di Bertrand Russell un grande filosofo inglese del secolo scorso, un attivista politico che ha pagato con il carcere questo suo atteggiamento ma che , nel 1950 ha ricevuto il Premio Nobel per la letteratura.

“ Gli uomini temono il pensiero più di ogni altra cosa al mondo perché il pensiero é sovversivo e rivoluzionario”.

Sovversivo non perché sia necessario attuare una rivoluzione armata o un’insurrezione per affermare i propri principi, ma rivoluzionario perché, attraverso la cultura, la conoscenza, attraverso i libri, attraverso incontri come quello di stasera in cui le idee, le parole, le immagini sono protagoniste assolute, attraverso tutto questo si é in grado di attuare una rivoluzione ,di smuovere gli animi umani, naturalmente gli animi sensibili a determinate tematiche.

Al contrario, là dove il pensiero e lo spirito critico sono assenti, tutto tace e qualsiasi cosa può andare bene purché non intacchi il quieto vivere.

Un giornalista quindi ha il dovere di capire cosa si nasconde dietro l’apparenza e da qui partire alla ricerca di documenti, di testimonianza, di prove per raccontare poi il tutto, certamente nel modo più naturale possibile, ai lettori interessati.

Per ritornare sempre al filosofo inglese Russell, possiamo dire che in un determinato fatto , in una storia accaduta, “…il dubbio è stato lo stimolo che l’ha alimentata e la certezza è stato lo scopo”.

Tutto questo si evince proprio in “Un “suicidio ”di mafia” la storia di Attilio Manca , un urologo barcellonese trovato morto a Viterbo nel febbraio 2004, ufficialmente per un’overdose di eroina e un mix  di alcool e tranquillanti. Ma la lotta che la famiglia Manca porta avanti da tantissimi anni è che il figlio sia stato ucciso dalla mafia perché ha operato alla prostata, con la tecnica laparoscopica, uno dei capi di Cosa nostra, Bernardo Provenzano, a Marsiglia. Sono molti gli interrogativi in questa vicenda ( a partire dalla scomparsa di alcuni indumenti di Attilio, per continuare sempre con la scomparsa , nei tabulati, di alcune telefonate) ;l’inspiegabile uso di due siringhe per iniettarsi la droga, le numerose tumefazioni presenti in varie parti del corpo e infine, l’episodio più eclatante, cioè il fatto che i buchi siano stati trovati nel braccio sinistro quando Attilio era un mancino puro.

In questo libro troviamo il lavoro certosino dell’autore nel riportare interviste, documenti, verbali, corrispondenze e quant’altro  per cercare appunto di dimostrare da un lato, la tesi della famiglia Manca che Attilio è stato ucciso dall’altro, per smuovere le coscienze di chi, invece, è convinto del contrario.

Noi siamo molto vicini ai genitori di Attilio e al fratello Gianluca proprio in questo momento in quanto la settimana scorsa la Procura di Roma , dopo quella  di Viterbo, ha archiviato il “ caso Manca” come morte per overdose. Siamo certi che la Verità, prima o poi, restituirà ad Attilio i suoi Meriti e il suo Onore!

In un altro suo importante lavoro, “Gli insabbiati”, Mirone ricostruisce le vicende di otto giornalisti siciliani assassinati, che hanno pagato con la vita la loro sfida alla mafia. Anche questa un’indagine scrupolosa e avvincente, condotta attraverso le cronache del tempo, gli atti processuali e le testimonianze dirette. Anche qui, come per il caso di A. Manca, emergono dimenticanze, omissioni, depistaggi che hanno insabbiato tutti questi casi giudiziari e occultato quindi la ricerca della verità.

Cosimo Cristina, Giovanni Spampinato, Giuseppe Impastato, Mauro de Mauro, il barcellonese Beppe Alfano, Mauro Rostagno, Mario Francese, Giuseppe Fava fondatore e direttore de “I Siciliani”, sono i cronisti siciliani uccisi sì, ma le cui idee di giustizia e verità continuano a guidare non solo chi fa il mestiere di giornalista, ma anche tutti coloro che hanno a cuore la nostra terra, la sua libertà, il suo cambiamento; “cambiamento che può essere attuato”, come dice Rita Borsellino nella prefazione della II ediz. del libro, “solo da chi, il mestiere del giornalista lo svolge bene”.

E tra tutti questi giornalisti, i cui meriti sono enormi, ho scelto di ricordare Cosimo Cristina, il cronista ragazzino che all’età di venticinque anni, tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60, è stato il primo giornalista ucciso dalla mafia perché con la sua penna e la macchina da scrivere , aveva dichiarato guerra a Cosa nostra, ed è stato ucciso attraverso il “suicidio” (somiglianza con il caso Manca ).

“ In Sicilia c’è bisogno di lei…” Con questa frase il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, il 2 aprile 1982 viene inviato in Sicilia per contrastare la violenza mafiosa. Un prefetto mandato nella città più mafiosa del mondo a cui vengono promessi dei poteri di coordinamento straordinari che poi, invece, non gli vengono dati.

Per cento giorni il Generale, uomo-simbolo della vittoria al terrorismo, lotta inutilmente contro un esercito invisibile, un fenomeno, appunto, la mafia che lo stato non ha mai voluto combattere seriamente. Il lieve risveglio dell’opinione pubblica dopo l’uccisione di Pio La Torre, aveva fatto presagire un cambiamento. Ma anche all’interno di Cosa nostra stavano cambiando tante cose e proprio in quel periodo i Corleonesi, capeggiati da Totò Riina e Bernardo Provenzano diventano i padroni del campo.

Il Generale dalla Chiesa era cosciente di essere stato “catapultato” – come dice lui stesso – in un ambiente infido, senza nessuno intorno, senza l’aiuto di una persona amica…

La sua vicenda diventa allora la cronaca di una morte annunciata e nel libro “ A Palermo per morire”, è possibile cogliere la grande passione dell’autore nel descrivere dettagliatamente e minuziosamente i fatti, nel riportare in maniera puntuale tutte le interviste, le dichiarazioni, ecc.

Scorrendo la pagine del libro è evidente anche qui una profonda ricerca della verità.

Vorrei fare solo una breve considerazione a proposito dell’ultimo libro di Luciano Mirone che sembrerebbe discostarsi dalla sua letteratura ma in effetti non è così perché anche ne “Il set delle meraviglie” parlando di alcuni film si parla obbligatoriamente di mafia. Cito soltanto “In nome della legge”, il primo film sulla mafia girato in Sicilia , precisamente a Sciacca, nell’estate del  1948 e diretto da Pietro Germi.

Mirone apre il suo lavoro con questa frase emblematica : “Raccontare la Sicilia attraverso il cinema e il cinema attraverso la Sicilia”. Un modo questo suggestivo, emozionante, originale per descrivere le bellezze nascoste di una terra perennemente illuminata dal sole.

 

L’evento:

LIBRI IN RIVA AL MARE – A Brolo, Luciano Mirone presenta “Il set delle meraviglie”

PARLANDO DI CINEMA, SET E SICILIA – Luciano Mirone, a Brolo, regala sogni ed emozioni

 

13 Agosto 2018

Autore:

redazione


Ti preghiamo di disattivare AdBlock o aggiungere il sito in whitelist