Per Franco De Domenico – eletto con voti 11.287 di preferenza su 31.510 di lista (35,82%), resta deputato regionale del Pd – rimane comunque la spada di Damocle della problematica sull’ineleggibilità dei direttori generali d’Ateneo originata da divergenze tra la legge regionale e la Costituzione che è stata rimessa ieri dal Tribunale di palermo alla Corte Costituzionale che dovrà decidere sull’incostituzionalità della norma siciliana (che prevede l’eleggibilità per i DG degli Atenei)e solo dopo l’eventuale decisione negativa per lui di quest’organismo sarebbe dichiarato decaduto.
Questioni di lana caprina. Perchè il contrasto tra i ruoli c’è e la norma va cancellata a priori.
De Domenico nelle passate elezioni, inaspettatamente per molti, una sorpresa per lo stesso apparato del Pd che lo aveva candidato e frutto di una serie di convergenze che solo chi conosce bene le stanze della politica messinese può decifrare, (lui all’epoca era direttore generale dell’Università di Messina) risultò primo dei votati e divenne deputato regionale, quindi si mise in aspettativa – ma dopo essere stato eletto -.
Ineleggibilità prima e incompatibilità poi di De Domenico furono argomenti di scontro interno, affioranti sulla stampa, e di ricorso se ne parlò subito perchè i bene informati dissero subito che il neo onorevole si sarebbe dovuto dimettere dal ruolo che ricopriva all’Università sei mesi prima delle elezioni.
Di fatto, dissero i cattivi pensanti, venne messo in lista solo per portar voti, arginare il crollo elettorale del partito, mica per essere eletto.
Ma sul punto la legge regionale diverge da quella nazionale e De Domenico lo sapeva, in quanto prima di candidarsi aveva chiesto un parere legale in tal senso e non certamente il primo arrivato. Quindi arrivò la sua richiesta di aspettativa dal ruolo ricoperto all’Ateneo, che bandì un concorso a tempo che ha suscitato anche qualche polemica, poiché è apparso come un modo per “conservare” il posto al deputato in attesa dell’esito del ricorso. Di fatto nominando un supplente con la valigia in mano.
Ordini del giorno), perché eleggibile ma lo stesso Tribunale solleva la problematica sulla questione di legittimità costituzionale della norma. E’qui che la causa finisce a Roma ptendo ora scrive che quanto deciso non è ” definitivamente pronunziando”
Tecnicamente infatti viene dichiarato inammissibile la vocatio in lus dell’Ufficio centrale circoscrizionale di Messina, dell’Ufficio Centrale Regionale, dell’Assemblea regionale siciliana, della Presidenza della Regione siciliana, dell’Assessorato regionale alle autonomie, della Prefettura – Ufficio territoriale del governo di Messina, operata da Catanese Giuseppe Pietro, Iacopino Paola e Ruffino Giuseppe; Rigetta la domanda di accertamento della causa di ineleggibilità di cui dell’art. 8 comma I lett. d) della legge regionale n. 29/1951, esperita da Catanese Giuseppe Pietro. Iacopino Paola e Ruffino Giuseppe nei confronti di De Domenico Francesco; Rigetta la domanda di accertamento della causa di incompatibilitàcon il mandato parlamentare nei confronti di De Domenico Francesco” “Ritiene dunque questo collegio rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 comma 1 bis della legge regionale 20 marzo 1951 n. 29, in relazione agli articoli 3 c 51 della Costituzione, nella parte in cui annovera fra gli ineleggibili il Direttore generale d’ateneo quale dirigente di ente non territoriale che gode di contributi da parte della Regione Siciliana, o comunque il Direttore generale dell’Università degli studi di Messina per la particolare conformazione statutaria dei suoi poteri”. Facendo quindi riferimento agli articoli 1 della legge costituzionale n. 1/1948 e 23 della legge costituzionale n. 87/1953, dispone la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Detto questo De Domenico mantiene lo scranno all’Ars e nella previsione dei tempi la decisione a Roma potrebbe essere presa ad inizio della prossima estate… mentre a Brolo già incombe la campagna elettorale e c’è già chi lo vuole – senza remore e senza farne mistero – candidato.
Di certo la presenza di Laccoto, raffredderebbe molte fughe in avanti e la creazione di gruppetti candidabili proveniente da quel contesto.
E poi lui è bravissimo a far reti e stringere patti.
Dall’altro lato la candidata in campo è il sindaco uscente, Irene Ricciardello, ed anche qui la sua presenza eviterebbe diaspore e candidature “a prescindere”, ma anche in questo blocco monolitico sembra, dai rumors, che sia in corso una vera e propria campagna di allargamenti dei consensi e di verifiche su chi ha condiviso quest’esperienza amministrativa.
Ma restano altri dubbi sui collocamenti di chi nel tempo si è dichiarato, a priori, contro questi e quello, che però hanno nel dna la voglia di far politica e le ambizioni di emergere.
Diventano incognite che potrebbero mettere in gioco tutto.
Perchè in uno scontro a due ci vogliono tanti voti… ma se i contendenti divenissero quattro si potrebbe vincere con molto meno – e poter vincere tutti – e le liste diventerebbero determinanti.
E su tutto resta anche la domanda, considerando quasi certo il disimpegno diretto di Ettore Salpietro, ma che comunque vorrà dir la sua ugualmente, di cosa faranno “i cinque stelle”.
Hanno avuto un bel successo elettorale nelle ultime elezioni e certamente non resteranno all’angolo.
Certamente tutti in due liste non potranno convivere…
Si vedrà.